giovedì 5 marzo 2015

Scola: «Senza la Croce non siamo veri cristiani»

via crucis 2015
La «strana, potente fecondità della Croce» senza la quale, come disse papa Francesco all’indomani della sua elezione, «non siamo veri cristiani». È la Croce, quel “palo ignominioso” simbolo di ogni morte innocente - di ogni dolore vissuto nella vita, nelle personali sofferenze quotidiane o nelle grandi tragedie dell’umanità - ad annodare, come il filo d’oro, la riflessione del cardinale Scola nella prima delle quattro Viae Crucis da lui guidate in Duomo per il Cammino catechetico della Quaresima 2015, «Innalzato da terra, attirerò tutti a me».
sussidio Via Crucis 2015

Catechesi di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano


Introduzione

«Innalzato da terra attirerò tutti a me» (Gv 12,32).
E qualche attimo prima, in una sorta di testamento spirituale, con quel tono struggente intimo e doloroso di chi sa che ormai la sua ora è giunta, Gesù aveva detto ai suoi: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).
La croce ha una strana, potente fecondità. Chi subisce lo scandalo della croce è umanamente comprensibile ma, ci ha ammonito Papa Francesco con severità, non è cristiano: «… senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papi ma non discepoli del Signore» (Omelia al Collegio cardinalizio, Cappella Sistina, 14 marzo 2013).
Solo la Croce, o meglio il Crocifisso, rende accessibile il dono della salvezza a tutta l’umanità.
L’attrattiva di Gesù Crocifisso, di cui parla San Giovanni, non è ovviamente un’attitudine masochistica a soffrire come aveva sostenuto Nietzsche quando, esprimendo tutto il suo disprezzo, aveva definito la Croce “l’albero più velenoso di tutti gli alberi”, “una maledizione per la Vita” (in Ecce homo, Dioniso contro il Crocifisso).
La forza attrattiva di Cristo sulla Croce è la forza del dono totale di sé per amore. «Forse che fine della vita è vivere? – dice il vecchio Anna Vercors, portando tra le braccia il corpo morto della figlia Violaine, uccisa per gelosia dalla sorella – Non vivere ma morire e dare in letizia quel che abbiamo. … non digrossar la croce ma salirvi, e dare in letizia ciò che abbiamo. … Che vale il mondo rispetto alla vita? E che vale la vita se non per essere data?» (P. Claudel, L’annuncio a Maria).
Se è stato così per il Maestro e Signore, così sarà per i discepoli, come ha scritto nel suo testamento spirituale un martire del nostro tempo, Shahbaz Bhatti, qualche mese prima di morire, il 2 marzo 2011. [«Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora… Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita»].

I. stazione - Gesù è condannato a morte

«Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!”» (Gv 11,49-50).
È conveniente per voi: per l’insondabile abisso della misericordia divina la perfida condanna cambia di segno. Il castigo di un uomo diventa salvezza del popolo. In forza di questo mirabile scambio la Via Crucis del Redentore rende possibile la marcia inarrestabile dell’uomo salvato a dispetto del suo essere negativo. «Bestiali come sempre, egoisti come sempre [ogni giorno lo vediamo con i nostri occhi] … eppure … sempre a riprendere la loro marcia sulla via illuminata dalla luce» (Eliot). Questa capacità di ripresa dei cristiani che la fede in Gesù Cristo orto e risorto genera giunge fino all’edificazione di un società dal volto umano.

II. stazione - Gesù è caricato della Croce

Di fronte all’evidente ingiustizia perpetrata dai Giudei contro Gesù, Pilato vorrebbe rimetterlo in libertà e conta su un estremo sussulto di verità della loro coscienza – «“Metterò in croce il vostro re?”» – Non avendolo ottenuto – «“Non abbiamo altro re che Cesare”» (Gv 19,15) – se ne lava le mani. Non sopporta di stare davanti all’ingiusto dolore del condannato e scappa.
«Il dolore, specialmente quando è cosciente, quando è disonorato, quando è coperto di crudeltà, ci fa spavento» ci ha detto il Beato Paolo VI. Noi ci indigniamo facilmente, ma con altrettanta facilità tendiamo a battere la ritirata. Quante volte i nostri fratelli cristiani perseguitati ci hanno implorato di non dimenticarli..!! Eppure una dimenticanza colpevole, fosse solo per la nostra superficialità, ci fa in un certo senso complici della loro sofferenza, così come di quella di coloro che si trovano in situazione di miseria e di più svariato bisogno.
Gesù, davanti al nostro dolore non scappa, se lo addossa. Beve il calice della sofferenza dell’uomo fino all’ultima goccia.

III. stazione - Gesù cade la prima volta

Egli cade come noi, con noi. E «proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova» (Eb 2,18). Questo suo aiuto è la nostra forza, come ci ricorda San Tommaso: «Attirami se ti resisto, rialzami se cado». Infatti – ce lo ripetiamo spesso – la figura morale compiuta del cristiano non è l’impeccabilità, ma la ripresa.

Gesù Figlio di Dio,
Innocente Crocifisso,
attiraci a Te.
Liberaci dallo spavento
e dallo scandalo del dolore.
Quando cadiamo,
fa’ che il nostro sguardo
incroci il Tuo sguardo
velato dalla sofferenza e dall’umiliazione.
Donaci lacrime di autentica contrizione
e rialzaci,
Signore Gesù. 

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