sabato 7 marzo 2015

Il Papa a Comunione e liberazione: il carisma è fuoco vivo di Dio


Tenete vivo il fuoco del vostro incontro con la misericordia di Gesù e non pensate al carisma che condividete come a “un museo dei ricordi”. Sono due delle indicazioni che Papa Francesco ha dato ai membri di Comunione e Liberazione, incontrati in massa in Piazza San Pietro, a 60 anni dall’inizio del Movimento fondato da don Luigi Giussani. 

Un fuoco scoppiettante e non uno strato di nobile cenere, da conservare con cura. Papa Francesco usa questa e un’altra mezza dozzina di immagini per spiegare che un carisma – in quanto dono di Dio – è e sarà sempre un dono che produce vita, anche a distanza di anni, e mai un polveroso monumento alla memoria, sbiadito e inerte. 

Il carisma in questione è quello che condividono le almeno 80 mila persone, aderenti al Movimento Comunione e Liberazione, che riempiono Piazza San Pietro e danno calore a una mattina che della primavera ha ancora solo la luce. Francesco fa un lungo giro in papamobile tra la Piazza e Via della Conciliazione prima di mettersi in piedi davanti alla folla e confidare subito il “bene” che don Giussani ha fatto alla sua persona e al suo sacerdozio. In particolare, per quel suo insistere sull’esperienza dell’“incontro”, “non con un’idea, ma con una Persona”, con la “carezza della misericordia di Gesù”: “La morale cristiana non è lo sforzo titanico, volontaristico, di chi decide di essere coerente e ci riesce, una sorta di sfida solitaria di fronte al mondo. No. Questa non è la morale cristiana, è un’altra cosa questa. La morale cristiana è risposta, è la risposta commossa di fronte a una misericordia sorprendente, imprevedibile, addirittura 'ingiusta' secondo i criteri umani, di Uno che mi conosce, conosce i miei tradimenti e mi vuole bene lo stesso, mi stima, mi abbraccia, mi chiama di nuovo, spera in me, attende da me”.

Francesco batte a lungo sull’essenza di un carisma che 60 anni fa accese in don Giussani “l’urgenza” di “ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo”, creando così un corpo ecclesiale innervato dal Vangelo: “Dopo sessant’anni, il carisma originario non ha perso la sua freschezza e vitalità. Però, ricordate che il centro non è il carisma, il centro è uno solo, è Gesù: Gesù Cristo! Quando metto al centro il mio metodo spirituale, il mio cammino spirituale, il mio modo di attuarlo, io esco di strada. Tutta la spiritualità, tutti i carismi nella Chiesa devono essere ‘decentrati’: al centro c’è solo il Signore!”. 

E poi, osserva il Papa, “il carisma non si conserva in una bottiglia di acqua distillata” e fedeltà al carisma “non vuol dire ‘pietrificarlo’”, giacché – ribadisce – è solo “il diavolo quello che ‘pietrifica’”: “Il riferimento all’eredità che vi ha lasciato Don Giussani non può ridursi a un museo di ricordi, di decisioni prese, di norme di condotta. Comporta certamente fedeltà alla tradizione ma fedeltà alla tradizione – diceva Mahler – ‘significa tenere vivo il fuoco, e non adorare le ceneri’. Don Giussani non vi perdonerebbe mai che perdeste la libertà e vi trasformaste in guide da museo o adoratori di ceneri. Tenete vivo il fuoco della memoria di quel primo incontro e siate liberi!”. 
E da questa libertà, conclude Francesco, nascono “braccia, mani, piedi”, mente e cuori a servizio “di una Chiesa ‘in uscita’: “‘Uscire’ significa anche respingere l’autoreferenzialità, in tutte le sue forme, significa saper ascoltare chi non è come noi, imparando da tutti, con umiltà sincera. Quando siamo schiavi dell’autoreferenzialità finiamo per coltivare una ‘spiritualità di etichetta’: ‘Io sono CL’ questa è l’etichetta; e poi cadiamo nelle mille trappole che ci offre il compiacimento autoreferenziale, quel guardarci allo specchio che ci porta a disorientarci e a trasformarci in meri impresari di una Ong”.

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