mercoledì 18 marzo 2015

È la bellezza che attrae e risveglia il desiderio dei ragazzi delle favelas

aldo-trento-fattoria-padre-pio3
Amare è immedesimarsi con il destino dell’altro e il destino coincide con quella sete di infinito che ogni uomo porta scritta nel cuore. In questi giorni abbiamo iniziato il nuovo anno scolastico sia alle elementari sia al politecnico, che si divide in differenti specialità: scuola alberghiera; per tecnici della salute; elettricisti; ragionieri; taglio e cucito. I nuovi arrivati sono settanta, quasi tutti delle favelas che circondano Asunción. Normalmente il fiume Paraguay in alcuni periodi dell’anno si impadronisce di quelle misere abitazioni fatte di compensato e cartone. Così la gente è costretta a scappare cercando rifugio nella parte alta della città.
Molte volte mi ero chiesto cosa potevo fare, sostenuto dalla Divina Provvidenza, per questi figli e fratelli spogliati di tutto. Vedere i bambini mezzi nudi giocare nell’acqua sporca mi rompeva il cuore. Che cosa potevo fare per loro? Una impresa difficile perché, come mi ripete sempre Cleuza, la favela per questa gente è una mentalità, è parte della loro cultura. Così, dieci anni fa è nata la scuola elementare e media, mentre tre anni fa il politecnico che ha come obiettivo quello di educare quei figli di Dio a una vita degna. Era una scelta che esige una grande umanità e una grande passione per il destino di quei giovani. Una vera sfida educativa. Non è possibile che quei ragazzi non avessero il desiderio di uscire dall’inferno della miseria per incamminarsi verso il paradiso di una vita piena di senso.
Per questa ragione ho mosso mari e monti: sono andato a vedere di persona le condizioni in cui vivevano. Poi con l’aiuto di un padre gesuita e di un domenicano, abbiamo scelto quei ragazzi che avevano una grande sete di essere qualcuno nella vita. Il primo giorno di scuola lo abbiamo passato assieme a ragazzi e professori nella fattoria dove vivono coloro che, recuperati dall’Aids, sono emarginati dagli stessi familiari. Il mio desiderio è quello che i giovani possano vedere qualcosa di bello dopo anni vissuti nelle discariche di Asunción. La fattoria è un gioiello. Tutti erano sorpresi. Non avevano mai visto una cosa così bella. Prima di passare a giocare ci siamo riuniti per conoscerci e ascoltare la testimonianza dei malati. Un fatto che da subito ha lasciato un segno nel cuore dei nuovi studenti.
Ancora una volta il bello ha vinto. Sono sempre più convinto che la bellezza è il vertice della carità. Questi ragazzi non avevano mai visto un bagno moderno e d’improvviso si incontrano con una struttura come questa: bella e pulita. Il bello è il frutto dell’amore per cui già da subito si sono sentiti abbracciati anche nelle cose apparentemente banali. Tanto le aule che i bagni profumano di pulito e di ordine perché don Giussani mi ha educato a vivere ogni dettaglio della realtà nella sua relazione con l’infinito.
Il nostro segretoMolti studenti sono evangelici di sette differenti. All’inizio erano timorosi di una scuola gestita da cattolici, ma la paura è passata quando abbiamo detto ai ragazzi che ognuno deve prendere sul serio l’ipotesi educativa in cui è nato, paragonando tutto con il proprio cuore che ci permette di decifrare ciò che gli corrisponde o meno. È davvero commovente vedere come il bello attrae e come è l’unico metodo per educare. Un esempio apparentemente banale: se un ragazzo entra in un’aula bella, pulita, con i banchi integri, le pareti ben dipinte, è inevitabile che sia aiutato a rispettare quel luogo. Lo stesso vale per i bagni. È un fatto che provoca anche i professori che si domandano quale sia l’origine di questa bellezza.
È un modo di vivere che nasce dall’esperienza educativa di don Giussani. È lui che mi ha educato a vivere ogni dettaglio della realtà come relazione con l’infinito e come cammino per riconoscere la grande presenza di Cristo. Se un ragazzo della favela non incontra la bellezza e la positività della realtà è impossibile che in lui si risvegli il desiderio di essere protagonista della propria vita. Lo dicono loro: «Quando ho visitato per la prima volta il Politecnico sono rimasto affascinato, meravigliato per la pulizia, l’ordine, sentivo dentro di me una bellezza che mi spingeva ad inscrivermi subito». E un altro: «La scuola è così bella che ha risvegliato in me la voglia di studiare, capire e migliorare il mio stile di vita».
paldo.trento@gmail.com

Nessun commento: