mercoledì 1 ottobre 2014

Se la nostra fede fosse davvero una vita, il Paraguay non sarebbe il paese miserabile che è

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Recentemente un amico sacerdote mi ha detto che il giorno della festa della Divina Misericordia nella sua parrocchia 9.000 persone hanno partecipato alla santa Messa. Un altro che durante la Settimana Santa quasi tutto il Paraguay si è fermato e una grande folla ha partecipato alla liturgia del Triduo pasquale.
Notizie splendide, una grazia unica! Ma mi sorge una domanda: com’è possibile che il paese rimanga in una situazione tanto difficile se noi cattolici (che ancora riempiamo le chiese) siamo l’80 per cento della popolazione e abbiamo sempre fatto parte del governo e dei centri di potere? Com’è possibile che diciamo di avere fede ma non succede nulla nella vita quotidiana? Da vent’anni continuo a sentire che il nostro popolo ha una grande religiosità, ma nel concreto non influenza la vita di tutti i giorni. Perché?

Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est ci ricorda che il cristianesimo non è un’idea, un’ispirazione, ma un Avvenimento che quando è incontrato da un uomo cambia la sua vita: da disumana diventa umana. Questo è ciò che è accaduto duemila anni fa con gli apostoli, la Maddalena, la samaritana, Zaccheo, Levi; e questo è quello che continua a succedere da duemila anni con i santi peccatori. Questo cambiamento, che l’incontro con Cristo procura, trasforma tutto ciò che è intorno, perché dove vive un uomo cambiato da Cristo fiorisce la primavera.
Allora, dov’è il problema nel nostro paese? Nel fatto che la nostra fede è una religiosità, ma non una certezza. La nostra fede è una fonte d’ispirazione, un sentimento, un punto di partenza, un insieme di valori, una devozione, ma non un Avvenimento. Un Avvenimento è un dato di fatto, è una presenza, è un imprevisto che entra nella vita e che eccezionalmente corrisponde a ciò che il cuore desidera. È come innamorarsi davvero. Si tratta di un istante che, come un flash, cambia la prospettiva di vita. L’innamorato è ancora il ragazzo di prima, ma il criterio con cui vive diventa diverso, tutto cambia radicalmente e tutti se ne accorgono.
aldo-trentoSe non è così, significa che non è Cristo quello che abbiamo incontrato, ma un totem. E qual è il segno che è un totem, un’idea, una superstizione? Che la vita continua a essere la stessa, non cambia nulla. Uno continua a guardarsi come sempre, vive sporco, disordinato come sempre, non si pettina mai, non si allaccia i bottoni, non si pulisce le scarpe, non ama il suo lavoro, arriva quando vuole e fa il minimo indispensabile.
Non si tratta di un problema di fragilità, ma di come concepiamo la vita. Un ragazzo quando è innamorato si vede, perché cambia non solo la coscienza con cui vive, ma anche il suo modo di vestire, di pettinarsi, di arrivare puntuale. In una parola, guardando il suo viso sembra di intravedere un raggio di sole che indica che qualcuno è entrato nella sua vita. È quello che succede quando si è afferrati da Cristo; quando lo si incontra tutto cambia. E l’incontro con Cristo è l’incontro con una certezza ed è la certezza che permette alla vita di muoversi.


Una passione per i dettagli
Perché i giovani dicono che sono solo annoiati del cristianesimo? Perché sono intelligenti e percepiscono che il cristianesimo che gli trasmettiamo non ha nulla a che fare con la vita, con la libertà, con la loro umanità. È un cristianesimo che ha paura della vita. E un uomo è stupido se dà la vita per un’idea. L’offerta ragionevole della propria vita, fino al martirio, si fa solo per un grande amore, per una grande presenza.
I martiri cristiani hanno dato la vita per un uomo, non per un’idea. «Incontrando Cristo mi sono scoperto uomo», disse l’ultimo grande oratore e senatore dell’Impero Romano, Vittorino. Cioè incontrando Cristo ognuno scopre il valore di se stesso, la bellezza della sua umanità, la “positività” dei suoi peccati che non sono più motivo di disperazione ma il cammino per trovare la grazia di Cristo, i cui frutti sono la scoperta del senso ultimo della vita, una grande passione per tutti i dettagli.
Se noi pastori educassimo veramente a vivere il cristianesimo come un incontro con una presenza eccezionale, anche le pietre della strada brillerebbero e non ci sarebbe più sporcizia, disordine, disinteresse che offende la gloria di Dio e la nostra dignità umana. Quindi il problema del paese non è né politico né economico né sociale. È che ci siano pastori o laici che non testimoniano un’unità tra la fede e la vita.
paldo.trento@gmail.com

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