venerdì 15 febbraio 2013
Scola: dal Papa un esempio di libertà e fede
Migliaia di ragazzi hanno seguito a Malpensa e collegati via web il secondo incontro del Dialogo della fede
B enedetto XVI, con le sue dimissioni, ha offerto una «testimonianza di libertà che viene da una fede solida, dall’umiltà », dal «dono di una profondissima intelligenza della fede». Joseph Ratzinger «è un uomo al quale sono chiare l’origine e la meta della vita». Perciò «ha il coraggio della libertà per fare una scelta epocale», spiega il cardinale Angelo Scola al migliaio di ragazzi giunti da diverse zone pastorali della diocesi e raccolti al terminal 1 dell’aeroporto di Malpensa per partecipare al secondo Dialogo della fede promosso dalla Pastorale giovanile. E annuncia di aver scritto una lettera, rivolta ai fedeli ambrosiani, da leggere alle Messe di domani e di domenica. Ieri sera lo scalo di Malpensa. A gennaio l’aula magna dell’Università statale, a Milano. Luoghi insoliti per un evento ecclesiale. Scelti «per dire che tutto ha a che fare con Cristo», scandisce l’arcivescovo. Ed è un luogo ulteriore, e fecondo, lo scenario 'crossmediale' che nell’intreccio di social media e media tradizionali permette a tanti ragazzi di partecipare al dialogo di Malpensa, di mandare domande e provocazioni. Come quella dei seminaristi di Venegono: che interrogano il loro vescovo sulle dimissioni del Papa, «per noi qualcosa di mai udito», scrivono, «un mistero di libertà enorme. Come illumina la fede questo evento epocale?». Un evento che alcuni giovani di Besana Brianza chiedono all’arcivescovo di leggere nell’orizzonte dell’Anno della fede. La scelta di Ratzinger «mi sta mettendo alla prova», confessa Scola. «Ma col passare dei giorni questo pugno allo stomaco invece di farmi abbassare la testa, me l’ha fatta tirare su, aiuta a rompere il mio 'io narciso'». Quell’«io» che impedisce di mettere al centro della propria vita «la relazione costitutiva con Gesù», sola via affidabile alla felicità, all’amore, alla libertà vera, aveva detto l’arcivescovo in fasi precedenti del dialogo. Solo partendo da quella «relazione costitutiva, originaria» con Cristo, capace di illuminare «l’origine e la meta della nostra esistenza», solo vivendo «la vita come vocazione », e scoprire così che c’è «un Dio che ci ama e che dà a ciascuno un destino irripetibile », è possibile abitare il tempo e la storia non da vagabondi in balia delle circostanze, ma da pellegrini che sanno il senso della vita. Chi poggia la propria esistenza sulla roccia di Cristo «non teme il dinamismo della vita e laliquidità della nostra società». Mai soli, in questo: ma nella compagnia dellacomunità cristiana, in parrocchia, in oratorio, nei gruppi, nei movimenti. «Troppo spesso dimentichiamo la relazione costitutiva con Cristo – insiste Scola –. Diventiamo distratti. Ma quale è il contrario di distrazione ?
È attenzione ? No: l’antidoto alla distrazione è l’ attrazione . Ecco la forza del testimone! Ed ecco – scandisce l’arcivescovo – ciò che siamo chiamati ad essere come cristiani nel mondo, in questo tempo pieno di apertura al futuro, dove dobbiamo mostrare come il cristianesimo è l’umanesimo umano». Nella casistica degli antropologi della postmodernità, l’aeroporto è non luogo per antonomasia. Così non è stato, ieri sera a Malpensa. Al terminal 1, area check-in numero 1, si è svolto un incontro autentico. Che la «rete» ha dilatato. A moderare, com’era stato a gennaio alla Statale, don Bortolo Uberti, cappellano dell’ateneo di via Festa del Perdono. Monsignor Pierantonio Tremolada, vicario episcopale per l’evangelizzazione, in un 'tempio' della mobilità come è un hub internazionale, ha parlato del viaggio secondo la Bibbia. Gli interventi di Ernesto da Ferrandina (Matera) e di Miriam da Magenta, di Giacomo da Concorezzo, di Maurizio da Arcisate, di Alice da Gavirate, assieme alle mail, ai tweet, agli sms, hanno offerto a Scola le tessere per comporre un mosaico dove parlare di male e di peccato (anche quello che «si incrosta in tante strutture della vita sociale, e anche in tanti uomini di Chiesa», ha sottolineato Scola), di dolore, morte, ingiustizia, ma anche di amore, famiglia, lavoro. «Non crediamo in Gesù perché abbiamo paura di morire, ma perché vogliamo vivere », dice Scola. E vivere da pellegrini, non da vagabondi, prendendo sul serio la domanda chiave del romanzo Sulla strada di Kerouac, che l’arcivescovo consegna ai giovani: «Andate da qualche parte di preciso, voi ragazzi, o viaggiate senza meta?».
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento