venerdì 22 febbraio 2013

HA GUIDATO LE PERSONE NON A SÉ MA A CRISTO

Giussani-Ratzinger, trent’anni di amicizia
 L’allora cardinale Ratzinger durante l’omelia ai funerali di mons. Luigi Giussani la folla che gremiva il Duomo di Milano il 24 febbraio 2005 "don Giussani realmente voleva non avere per sé la vita, ma ha dato la vita, e proprio così ha trovato la vita non solo per sé, ma per tanti altri. (...) Servendo così, dando la vita, questa sua vita ha portato un frutto ricco, è divenuto realmente padre di molti e, avendo guidato le persone non a sé, ma a Cristo, proprio ha guadagnato i cuori, ha aiutato a migliorare il mondo, ad aprire le porte del mondo per il cielo" 
 Omelia del cardinale Joseph Ratzinger ai funerali di Luigi Giussani, Duomo di Milano, 24 febbraio 2005              don Giussani
  
Otto anni fa, il 22 febbraio del 2005, moriva don Luigi Giussani. Due giorni dopo, nel Duomo di Milano gremito di folla, il cardinale Ratzinger – che Giovanni Paolo II, gravemente malato, aveva in­viato come suo delegato personale – lo ricordava in un’omelia pronunciata a braccio dalla quale traspare l’amicizia che li legava e la stima per il fondato­re di Comunione e liberazione. «Don Giussani era cresciuto in una casa - co­me disse lui stesso - povera di pane, ma ricca di musica; e così, sin dall’ini­zio era toccato, anzi ferito, dal deside­rio della bellezza; non si accontenta­va di una bellezza qualunque, di una bellezza banale; cercava la Bellezza stessa, la Bellezza infinita; così ha tro­vato Cristo, in Cristo la vera bellezza, la strada della vita, la vera gioia». Non sono frasi di circostanza, quelle pro­nunciate dal decano del collegio car­dinalizio, ma parole che denotano la stima e la profonda conoscenza del carisma del sacerdote lombardo: «Sempre ha tenuto fermo lo sguardo della sua vita e del suo cuore verso Cri­sto. Ha capito in questo modo che il cristianesimo non è un sistema intel­lettuale, un pacchetto di dogmi, un moralismo, ma che il cristianesimo è un incontro, una storia d’amore; è un avvenimento».
  È stato un rapporto intenso, quello tra Ratzinger e Giussani, un’amicizia u­mana e intellettuale che si è dipanata per più di trent’anni. Gli inizi risalgo­no agli anni Settanta. Il loro incontro è tra i fattori che portano a un’inizia­tiva che lascerà un segno importante nel dibattito teologico post-conciliare: la rivista internazionale
 Communio ,alla fondazione della quale partecipa­no tra gli altri Von Balthasar e De Lu­bac. Negli anni Ottanta sono numero­si gli incontri che si tengono a Roma, come ha raccontato in più di un’occa­sione monsignor Massimo Camisasca, oggi vescovo di Reggio Emilia e all’e­poca uno dei più stretti collaboratori di Giussani: «Per iniziativa di don An­gelo Scola e in mia presenza, Giussa­ni veniva una o due volte all’anno a Roma per cenare con il cardinale Rat­zinger. L’appuntamento era alle Cap­pellette di San Luigi, vicino alla basili­ca di Santa Maria Maggiore, si svolge­va sempre allo stesso modo: Giussani chiedeva a Ratzinger conferma del­l’ortodossia delle proprie posizioni e riceveva da lui sempre nuove ragioni, che ne sostenevano la verità e la fe­condità ». Di questi incontri rimane traccia anche nel libro Dal tempera­mento un metodo , che raccoglie le conversazioni del sacerdote con alcu­ni gruppi di Memores Domini, i laici consacrati di Cl. In una di queste, Gius­sani ricorda: «Il cardinale Ratzinger, tre sere fa, a cena con don Massimo , ci diceva che ciò che lo fa sentire più legato a noi è la concezione del cri­stianesimo come avvenimento hic et nunc, come avvenimento qui ed ora».
  Nel 1986 il cardinale, su invito del fon­datore di Cl, predica gli esercizi spiri­tuali per i sacerdoti del movimento a Collevalenza, successivamente rac­colti e pubblicati dall’editrice Jaca Book nel libro
 Guardare Cristo. Eser­cizi 
 di fede, speranza e carità .

 Nel 1993 Ratzinger firma la prefazio­ne del volume
 Un avvenimento di vi­ta, cioè una storia, che raccoglie con­versazioni e interviste rilasciate nel corso di 15 anni, e sottolinea la neces­sità indicata da Giussani di passare dall’utopia post-sessantottina a un’al­tra parola-guida: presenza. «Il cristia­nesimo è presenza, il qui ed ora del Si­gnore,
  che ci sospinge nel
 qui ed ora della fede. E così diventa chiara la ve­ra alternativa: il cristianesimo non è teoria né moralismo, né ritualismo, bensì avvenimento, incontro con una presenza, con un Dio che è entrato nella storia e che continuamente vi entra».
  Nel 1994 viene pubblicato un testo fondamentale di Giussani,
 Il senso di Dio e l’uomo moderno (che la Rizzoli ha rimandato in libreria il mese scor­so). Nella prefazione, il cardinale lo de­finisce un libro «che dovrebbe essere letto anche da coloro che accolgono con scetticismo l’annuncio della fede cristiana. (…) Giussani ci mostra come nelle semplici esperienze fondamen­tali di ogni uomo sia contenuta la ri­cerca di Dio, che continua a rimanere presente anche nell’ateismo. (…) Con questo piccolo libro ho capito ancora una volta e in modo nuovo perché monsignor Giussani è potuto diven­tare maestro di un’intera generazione e padre di un vivace movimento».
  Due anni dopo la morte del 'Gius', il 24 marzo 2007 – davanti a 100mila ciel­lini convenuti in piazza San Pietro da 53 Paesi per il venticinquesimo anni­versario del riconoscimento pontifi­cio della Fraternità di Cl – Benedetto XVI comincia così il suo discorso: «Il mio primo pensiero va al vostro fon­datore, Luigi Giussani, al quale mi le­gano tanti ricordi, e che mi era diven­tato
 un vero amico». La testimonianza più recente risale a pochi giorni fa, quando il Papa rice­ve in udienza i partecipanti all’as­semblea generale della Fraternità San Carlo, accompagnati dal nuovo su­periore don Paolo Sottopietra, dal predecessore monsignor Camisasca, neo-vescovo di Reggio Emilia, e dal presidente della Fraternità di Cl, don Julian Carron. Parlando a braccio, rie­voca gli incontri avvenuti lungo gli anni: «Mi ricordo bene delle mie vi­site accanto a Santa Maria Maggiore, dove ho conosciuto personalmente don Giussani, ho conosciuto la sua fede, la sua gioia, la sua forze e la ric­chezza delle sue idee, la creatività del­la fede. È cresciuta una vera amicizia, così, tramite lui, ho conosciuto an­che meglio la comunità di Comunio­ne e liberazione». GIORGIO PAOLUCCI 

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