giovedì 8 novembre 2012

«Se la fede non diventa novità di vita, rimane opinione». Il vescovo Negri racconta il sinodo



Novembre 8, 2012 Matteo Rigamonti
Monsignor Luigi Negri, arcivescovo di San Marino e Montefeltro, in un incontro a Monza ha spiegato i contenuti del sinodo, cui ha partecipato su invito del Papa
PERCHE’ LA CHIESA. «Se si vuole parlare della Chiesa oggi – ha esordito Negri – non si può che partire dalla nostra esperienza di uomini». Ma proprio la sua esperienza di uomo, prima che di prete e di vescovo, gli ha insegnato che oggi ad essere in crisi non è tanto la nozione di Chiesa, quanto piuttosto l’idea di “mistero”; e «quando si parla di Chiesa, in primo piano c’è sempre la parola “mistero”», perché «è il mistero di Cristo che si dà nella sua Chiesa». Gesù Cristo, infatti, «non è finito in un libro o in un’impostazione morale; è finito nel Suo popolo». Per questo, «per capire Cristo e la Chiesa oggi bisogna capire prima il mistero». Altrimenti è inevitabile scadere in una «riduzione intimistica» del fenomeno religioso. Del resto, anche Reinhold Neibuhr già aveva compreso che «non esiste risposta più assurda di quella a una domanda che non si pone». E questo vale anche per l’uomo contemporaneo che «crede solo nella sua istintività» e «per risolvere i suoi problemi, non sa fare altro che affidarsi alla tecnica e alla tecnologia che è l’ultima delle tecniche» in una società ormai in preda a un «individualismo teso solo al raggiungimento del benessere».
MISTERO E MODERNITA’. È «la modernità che ha provato a eliminare il mistero», ha provato a ricacciare l’uomo nella totale «separazione tra ragione e mistero», respingendo l’idea stessa di “mistero”. «Nulla di misterioso ci sarebbe dunque nell’esperienza umana». Peccato che questo «filo conduttore imponente della modernità, che con i totalitarismi del Novecento è divenuto ideologia dominante, fino a portare gravi conseguenze nella vita della società», non è riuscito a «cancellare dal cuore stesso dell’uomo il bisogno di altro, del mistero». Nemmeno ora che è rimasto vittima degli innumerevoli “ismi” della storia. Nel cuore di questo uomo che, come diceva Giovanni Paolo II al Meeting di Rimini nel 1982, ricordato da Negri, «è annichilito ma non distrutto», il mistero, infatti, «anche se in negativo, è ancora presente». L’uomo, diceva Pascal, supera infinitamente l’uomo. E l’uomo, anche oggi, «vuole veder Dio, anche quando non gli sembra più possibile».
LA SAMARITANA E UN FATTO. È a questo punto che Negri entra nel vivo dei contenuti del sinodo di Roma. Perché non c’è uomo o donna che non abbia provato a sentirsi, almeno una volta nella vita, come la donna di Samaria che, «come genialmente l’ha descritta il Papa ai padri sinodali, si trova accanto a un pozzo con un’anfora vuota, nella speranza di trovare l’esaudimento del desiderio più profondo del cuore, quello che solo può dare significato pieno all’esistenza, ma senza risorse reali per colmare la sete della vita. È una donna – continua Negri – che si trova nella stasi di una vita puramente reattiva». Ebbene, è a questa donna, che è ciascuno di noi, che «si presenta un uomo che si propone di camminare con lei». Una «proposta incredibile».
UN UOMO, NON UN’IDEA. «Il cristianesimo – spiega Negri – è questo fatto: il Mistero che si fa presente, si dice in una presenza: quello che voi non potete conoscere, io ve l’annuncio». Una presenza carnale, irriducibile, che «accetta la sfida della storia, dicendo: “io sono Dio”». È sorprendente per la sua concretezza il passaggio del Catechismo della Chiesa Cattolica che monsignor Negri cita per rendere evidente la storicità di questo fatto: «Noi crediamo e professiamo che Gesù di Nazareth, nato ebreo da una figlia d’Israele, a Betlemme, al tempo del re Erode il Grande e dell’imperatore Cesare Augusto, di mestiere carpentiere, morto crocifisso a Gerusalemme, sotto il procuratore Ponzio Pilato, mentre regnava l’imperatore Tiberio, è il Figlio eterno di Dio fatto uomo, il quale è “venuto da Dio” (Gv 13,3), “disceso dal cielo” (Gv 3,13; 6,33), venuto nella carne; infatti “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. [...] Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia”».
E OGGI? «Il Cristo nella Sua totalità, spiegava già Sant’Agostino, è il Cristo nella Chiesa – incalza il vescovo di San Marino – è qui che permane la Sua potenza di Crocifisso e Risorto». La Sua presenza, infatti, continua nella «struttura sacramentale della Chiesa». La potenza di Dio viene così «racchiusa nella materialità del pane e del vino», di una carnalità. Per questo anche noi oggi «Cristo lo incontriamo nel Suo popolo, nelle circostanze obiettive e concrete della vita», attraverso «l’assunzione critica delle questioni in cui ci imbattiamo». Ed è proprio «il mistero di Cristo alla base del mistero della Chiesa». Qui sta anche il compito dei cristiani oggi, spiega Negri, approfondendo il contenuto del sinodo sulla Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana: «Indirizzare lo sguardo degli uomini al mistero di Cristo».
LA BATTAGLIA DELL’EDUCAZIONE. Il tema dell’educazione è stato al centro dell’intervento di monsignor  Negri nell’aula sinodale. «È soltanto nell’educazione che la fede diviene esperienza reale» e offre quella «forza morale che serve per camminare dietro al Signore». Infatti, solo verificando la pertinenza della fede alle esigenze della vita, proprio quelle che attanagliano la Samaritana seduta con l’animo vuoto sopra il pozzo, la fede «diviene esperienza di una presenza che ci cambia e dilata il cuore e la ragione». Se così non fosse la fede non diventerà mai «la novità della vita». Anzi, nel tempo, diventerà «opinabile». Ma c’è un test per verificare la fede per un cristiano? Sì. È «il primo richiamo che Gesù fa nel Vangelo: “metanoeite”, letteralmente “convertitevi”, convertite l’intelligenza, cambiate mentalità». È questo il «punto sintomatico di un modo nuovo di ragionare». Perché «la Chiesa ti educa nella misura in cui ti fa capire che la fede diventa cultura». Se no «rimane astratta». Qui «si gioca la maturità cristiana: in noi e nel mondo che desidera vedere questa mentalità nuova in noi». La fede che, come diceva anche San Carlo Borromeo, è «forma del cuore, della nostra umanità»; la fede che «abilita i credenti a comprendere meglio l’uomo», la fede di don Carlo Gnocchi che «formava un carattere nuovo e diverso». E questa è la «proposta che noi portiamo alla libertà di ciascuno». Ma ciò «non sarà possibile senza la certezza» sul mistero di Cristo.
E SE SBAGLIAMO? «Il tradimento – conclude Negri rispondendo alle domande del pubblico – non è altro che la conseguenza della miseria degli uomini. Certo, l’incoerenza svuota la vita della persona che fa esperienza dell’umiliazione. Ma il tradimento, prima di essere un tradimento morale è ideale. Noi dobbiamo essere responsabili, e chiedere di essere aiutati, in questa coerenza ideale. Allora uno matura. E diventa puro, cammina verso la purezza, come Egli è puro». Questo ha ricordato monsignor Luigi Negri, arcivescovo di San Marino e Montefeltro, ieri sera a Monza in un’aula gremita e attenta. Proseguendo con certezza sulla strada di quel pellegrinaggio che la Chiesa, come dice il De Civitate Dei di Sant’Agostino, conduce «tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio».


Matteo Rigamonti - 
http://www.tempi.it 

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