Lettera a Tempi di Peppino Zola, tra i primi aderenti del movimento di Comunione e Liberazione, «contro cui in questi giorni è in atto una vera e propria campagna di calunniosa disinformazione»
anche se non sono più iscritto all’albo degli avvocati, vorrei, per un’altra volta, fare il difensore di una “cosa” che, peraltro, non ha bisogno di essere difesa, perché non è mia, essendo nelle mani di un Altro.
Si tratta di “Comunione e Liberazione”, contro cui in questi giorni è in atto una vera e propria campagna di calunniosa disinformazione e di oltraggiose falsità. Vorrei subito dire che Cl è la cosa più cara che ho nella vita; cara, perché mi ha aperto ad una vita nuova, nella direzione giusta. Tramite Cl, Dio ha avuto pietà del mio nulla e mi ha immesso in un cammino entusiasmante.
Ero, oramai, lontano dalla Chiesa quando, nell’autunno del 1955, don Luigi Giussani entrò per la prima volta nella classe IE del liceo classico Berchet di Milano. Entrò un uomo quasi di corsa, deciso, certo, combattivo, affascinante nel ragionare e nel farci ragionare. Non immaginavo certo che l’incontro con quella persona avrebbe cambiato la direzione della mia intera esistenza.
A dire il vero, ci vollero tutti e tre gli anni del liceo per farmi entrare pienamente nell’esperienza cristiana. All’inizio ero affascinato da don Giussani, ma anche molto prevenuto nei confronti dei ragazzi che cominciavano a seguirlo: li sentivo molto “diversi” da me e, per questo, mi mettevano a disagio. Il Signore ha avuto molta pazienza con me e mi ha, per così dire, spinto dolcemente verso la comunità cristiana, attraverso alcuni episodi che mi costrinsero liberamente a prendere posizione a suo favore. La comunità cristiana al Berchet (si chiamava G.S.) era ancora piccola, ma era già avversata. Durante una assemblea studentesca, venne presentata una mozione (primo firmatario Antonio Del Pennino) con cui si chiedeva che GS fosse espulsa dalla scuola: io votai contro di essa, anche se la mozione passò: il giorno dopo quel grande preside che era Joseph Colombo la annullò. Quando ero in terza, GS organizzò un convegno sulla libertà di educazione, il che provocò grandi polemiche: poiché io avevo apertamente aderito all’iniziativa, ricevetti in classe un pesante rimbrotto dal professore di Lettere, che si tramutò anche in un cattivo voto per la maturità.
Fin dall’estremo inizio, la presenza di GS, cioè di cattolici che avevano il coraggio di presentarsi come tali di fronte a tutti, provocò molte adesioni, ma anche molti contrasti, apparentemente inspiegabili. O meglio, sono spiegabili perché l’attuale cultura relativista, che in teoria dovrebbe essere sommamente tollerante, in effetti non sopporta che vengano espresse identità forti e decise, anche se pacifiche. Entrai definitivamente in GS nell’autunno del 1958: in estate don Giussani mi aveva consigliato di leggere un libretto di Raoul Follereau, che letteralmente mi sconvolse e, posso dire, mi convertì. Quando raccontai la cosa a don Giussani, gli dissi anche che, però, che non me la sentivo di entrare in GS, perchè c’erano ancora tante cose che non capivo. Egli mi disse: «È facendo che si capisce». Ed io mi impegnai concretamente. E da allora è iniziata una vita molto intensa, durante la quale ho cominciato a capire che cosa volesse dire Gesù, quando parlava di “centuplo” quaggiù. Posso dire di aver vissuto, grazie alla sequela a Gesù ed alla Sua Chiesa, attraverso lo sguardo a don Giussani e l’appartenenza fedele al movimento di Comunione e Liberazione, una vita piena di gusto e di senso. Una vita che mi ha suggerito tanti impegni, dalla scuola alla famiglia, dalla società alla politica, dalla vita personale a quella comunitaria. Una vita con qualche errore, ma, grazie a Dio, sempre nella stessa direzione e ciò anche se l’appartenenza a CL non è mai stata né comoda né facile, perchè il movimento ha sempre tenuta dritta la barra verso un’unica preoccupazione, che è stata, è e sarà sempre quella di testimoniare che solo Gesù può integralmente salvare l’uomo e che Gesù non è una cosa astratta, ma vive tra di noi là dove «due o tre sono uniti nel Suo nome».
Il delirio di onnipotenza dell’uomo moderno non può accettare che sia un Altro a tirarci fuori dai guai. Proclamare che è Cristo a salvarci fa arrabbiare il potere , soprattutto quello culturale. CL ha subito anche gravi attacchi fisici, perché il pensiero unico imperante non ne accettava la presenza. Oltre agli attacchi fisici è dilagata da sempre la campagna calunniosa e denigratoria nei nostri confronti. Il culmine della falsità è stato raggiunto quando la Stampa di Torino (FIAT) pubblicò in prima pagina la “notizia” che CL era finanziata dalla CIA. In meno 48 ore un centinaio di sedi di CL vennero assaltate ed alcune bruciate. Qualche anno dopo il Tribunale riconobbe che quella notizia era una pura fandonia, ma intanto il danno era stato fatto. Soprattutto, rimase in tanti una immagine sbagliata del nostro movimento, il quale, però, continuò a crescere non solo in Italia ma anche in tutto il mondo (oggi è presente in 80 Paesi).
Ma perchè CL, al contrario di ciò che è successo a molti movimenti rumorosi e guardati sempre con rispetto dalla cosiddetta grande stampa, è andata avanti ed, anzi, si è ingrandita? A parte la più seria considerazione di S. Paolo secondo cui l’avventura di Cristo nel mondo è invincibile, penso che CL non sia stata schiacciata dal peso degli attacchi di quello che il vangelo chiama “il mondo”, perchè il carisma passato attraverso don Giussani è così pieno di ragioni e di fascino che ha potuto attraversare vittoriosamente sia i nostri errori (per i quali don Carron ha avuto il coraggio di chiedere scusa) sia l’incomprensione dei nemici della presenza di Cristo nel mondo.
Non posso non difendere CL, perché, attraverso la guida possente e tenera di don Giussani (ed ora di don Carron), il movimento mi ha fatto incontrare Gesù e la Sua Chiesa in modo credibile, affascinante e ragionevole, mi ha reso facile ciò che per molti è difficile, se non impossibile; mi ha reso familiare il mistero della incarnazione di Dio, dando un senso a tutta la mia vita; mi ha fatto sperimentare la presenza di Cristo nella unità di coloro che gli dicono di sì; mi ha sorretto instancabilmente nelle ragioni persuasive che rendono bella e buona la vita cristiana; mi ha sempre spinto “oltre” le mie visioni e le mie aspettative; mi ha sostenuto nei momenti non facili con affetto e comprensione; mi ha corretto quando occorreva; mi ha fatto percepire la poesia della vita, ma anche la lotta dura che occorre affrontare perchè la verità non venga affossata; mi ha sempre testimoniato la speranza di Cristo, anche di fronte alle prove ed ai lutti.
Quindi, difenderò sempre CL fino alla morte e difenderò sempre tutti i fratelli che ne fanno parte: anche quelli che avessero sbagliato, perché Gesù è venuto per gli ammalati e non per i sani. E mi dispiace per tutti coloro che, per pregiudizi conformistici e ideologici, non riescono neppure a percepire la bellezza che si perdono.
Con affetto
Peppino Zola
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