lunedì 22 aprile 2013

Don Giussani non va cercato solo nei suoi scritti, ma nella vita che da lui è nata


Nella semplicità
del mio cuore
lietamente
Ti ho dato tutto
don Luigi Giussani 
15 ottobre 1922
22 febbraio 2005

Cari amici,

don Giussani è stata la persona decisiva che ha aperto la mia mente e il mio cuore agli orizzonti del

mondo e della Chiesa. Se dovessi dire in estrema sintesi la ragione di maggior gratitudine che ho verso 

di lui, direi proprio questo: egli mi ha fatto innamorare di Cristo e della Chiesa. Non mi ha presentato un

Dio rinchiuso in un passato irraggiungibile. Mi ha indicato Cristo presente nella comunione di chi

oggi si lascia raggiungere da lui. Ha spalancato la mia umanità di ragazzo silenzioso e riservato alla

conoscenza dell’uomo, dell’arte, della musica, della poesia. Mi ha insegnato cosa vuol dire

accompagnare le persone, aiutarle a crescere e a fiorire, senza mai sostituirsi a loro. In lui ho visto la

possibilità di valorizzare tutto e tutti nelle loro diversità. Mi ha riempito di curiosità per tutto, perché mi


ha riempito di curiosità per Cristo. Egli, che era un grande comunicatore, mi ha trasmesso la passione


per il rapporto personale con gli uomini e l’urgenza di far conoscere a tutti Gesù, l’unica risposta a


 quella sete di infinito che abita il cuore di ognuno e che don Giussani non smetteva di alimentare in chi


gli stava vicino.


Per tutto questo, oggi, non solo da parte mia, ma a nome della Chiesa intera, desidero ringraziare don 

Giussani. La sua luminosa testimonianza, il suo infaticabile lavoro di educatore di generazioni e 

generazioni di uomini e donne al cristianesimo, la sua fede rocciosa che diventava, in modo naturale,

luce per comprendere la realtà sono un faro importante all’interno della Chiesa. Egli è una miniera

profondissima da cui si possono attingere tanti tesori. Le parole di stima che pochi giorni fa Benedetto

XVI ha avuto ricordando don Giussani sono la testimonianza più grande e più autorevole di tutto ciò:

«Ho conosciuto personalmente don Giussani – ha detto il papa –. Ho conosciuto la sua fede, la sua

gioia, la sua forza e la ricchezza delle sue idee, la creatività della fede. È cresciuta una vera amicizia;

così, tramite lui, ho conosciuto anche meglio la comunità di Comunione e Liberazione» (Saluto 

all’Assemblea generale della Fraternità San Carlo, 6 febbraio 2013).

Se uno volesse conoscere chi è stato don Giussani, dovrebbe sì leggere i suoi scritti, dovrebbe

certamente studiarne la vita, ma, assieme a tutto questo, deve guardare a ciò che di lui vive tra

noi

La vostra presenza qui, ci dice che don Giussani è vivo, perché vive ciò che da lui è nato. Ciò che da 

lui è nato muove anche la vita di persone che non lo hanno conosciuto direttamente. Come è possibile

questo? Anche di altri personaggi storici possiamo conservare un grande ricordo, ma essi non muovono

la nostra vita oggi. Che cosa, dunque, permette a don Giussani di vivere ancora? Rispondere a questa

domanda è di capitale importanza, non solo per coloro che appartengono al movimento da lui fondato,

ma per ogni uomo. Rispondere a questa domanda, infatti, significa addentrarsi nel segreto della vita,

capire che cosa di noi non muore. Don Giussani si è affidato allo Spirito di Dio: ciò che è nato da lui è

nato dalla sua obbedienza allo Spirito di Dio. Solo obbedendo a Dio, solo entrando nella sua volontà, le

nostre opere e la nostra stessa vita possono portare frutto. Un frutto che rimane e può continuare a

fecondare altre vite.

Entrare in ciò che Dio vuole è fondamentale per ogni esistenza. Dio parla innanzitutto attraverso i fatti.

Entrare in questi fatti, che sono più grandi dei sentimenti, ci permette di entrare in una visione vera di


noi stessi e del mondo. Stando accanto a don Giussani ci si accorgeva di iniziare a considerare in modo

nuovo, realistico e positivo, i fatti, la realtà e, pian piano, si conosceva il Padre che attraverso quei fatti

interpellava la nostra vita. Si imparava ad obbedire a Dio, ad entrare nella vita di colui che vive. Ecco

allora la ragione più profonda per cui possiamo affermare che don Giussani vive ancora: perché si è

lasciato prendere da Cristo che è il vivente.

Qualche giorno fa ho incontrato una grande scrittrice cristiana, Elena Bono. Ha ormai più di novanta

anni, ma si ricordava ancora con grande lucidità il suo incontro con don Giussani. L’aveva conosciuto

negli anni Settanta a Chiavari ed era stata così impressionata dalla sua personalità che ha sentito il

desiderio di fissare per sempre quel momento in una poesia. «Il sorridente illuminato»: così in quei 

versi definisce don Giussani. Mi ha molto colpito il fatto che, seppur in un incontro abbastanza fugace,

ella sia riuscita a cogliere un aspetto importante, direi centrale, della personalità di don Giussani: 

poiché non c’è nulla che sia perfetto – scrive la Bono – l’uomo può amarsi e amare solo quando si

scopre amato gratuitamente da Dio. La suprema imitazione di Dio è dunque il perdono. Nessuno si 

ama veramente,[] / Di qui nasce il deserto / dentro e fuori di voi. / Ma tu imita Iddio / nella

misericordia / che è la suprema Perfezione. / Va’ e perdona te stesso, – / sorrise a lui l’Illuminato

 (Elena Bono, Il magrissimo  asceta fece un interminabile cammino, in Poesie. Opera omnia

Le Mani, Genova 2007, 408).

Amen.




 L'omelia di monsignore  Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia, nella messa di suffragio per don Luigi Giussani. Reggio Emilia, 22 febbraio 2013

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