sabato 13 ottobre 2012

Il Papa: il cristianesimo «è sempre nuovo»

Il messaggio cristiano «non deve essere ab­bassato » a ciò «che piace all’opinione pub­blica ». Immutabile nel tempo, esso, piut­tosto, deve fecondare la quotidianità dell’uo­mo. Per questo, «esattamente come fecero i padri conciliari, dobbiamo portare l’oggi che viviamo alla misura dell’evento cristiano, dob­biamo portare l’oggi del nostro tempo nell’oggi di Dio». È al piccolo gruppo dei sessantanove parteci­panti al Concilio Vaticano II arrivati a Roma per l’apertura dell’Anno della Fede, convoca­to nei 50 anni dall’apertura di quell’assise che, ieri mattina, Benedetto XVI s’è rivolto, rice­vendoli in udienza e, più tardi, a pranzo. In­contrandoli nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, pre­senti anche patriarchi e arcivescovi delle Chiese o­rientali cattoliche, nume­rosi presidenti delle Con­ferenze episcopali del mondo, il patriarca ecu­menico di Costantinopo­li Bartolomeo I e il prima­te anglicano Rowan Wi­liams, il Papa ha sottoli­neato come sia l’attualità che vive l’uomo a dover essere ricondotta ogni volta all’eternità di Dio. «Sono tanti i ricordi – ha detto il Pontefice rivolgendosi ai presenti – che affiorano alla nostra mente e che ognuno ha ben impressi nel cuore di quel periodo così vi­vace, ricco e fecondo che è stato il Concilio; non voglio, però, dilungarmi troppo, ma vor­rei ricordare solamente come una parola, lan­ciata dal beato Giovanni XXIII quasi in modo programmatico, ritornava continuamente nei lavori conciliari: la parola 'aggiornamento'». Mezzo secolo dopo dall’apertura di quella so­lenne assise, ha proseguito il Papa, «qualcuno si domanderà se quell’espressione non sia sta­ta, forse fin dall’inizio, non del tutto felice. Pen­so che sulla scelta delle parole si potrebbe di­scutere per ore e si troverebbero pareri conti­nuamente discordanti, ma sono convinto – ha affermato – che l’intuizione che il beato Gio­vanni XXIII compendiò con questa parola sia stata e sia tuttora esatta». Il cristianesimo infatti, per Benedetto XVI, «non deve essere considerato come 'qualcosa del passato', né deve essere vissuto con lo sguar­do perennemente rivolto 'all’indietro', per- ché Gesù Cristo è ieri, oggi e per l’eternità». Ciò perché il cristianesimo, ha continuato a spie­gare, «è segnato dalla presenza del Dio eterno, che è entrato nel tempo ed è presente a ogni tempo, perché ogni tempo sgorga dalla sua po­tenza creatrice, dal suo eterno 'oggi'». Ed è al­lora per questo, ha aggiunto papa Ratzinger, che «il cristianesimo è sempre nuovo. Non lo dobbiamo mai vedere come un albero piena­mente sviluppatosi dal granellino di senape e­vangelico: è un albero in perenne aurora, sem­pre giovane». Da qui sgorga un’ulteriore riflessione, e cioè che «questa attualità, questo aggiornamento non significa rottura con la tradizione, ma ne esprime la continua vitalità; non significa – ha insistito il papa – ridurre la fede, abbassando­la alla moda dei tempi, al metro di ciò che ci piace, a ciò che piace all’opinione pubblica, ma è il contrario: esattamente come fecero i pa­dri conciliari, dobbiamo portare l’oggi che vi­viamo alla misura dell’evento cristiano, dob­biamo portare l’oggi del nostro tempo nell’oggi di Dio». «Il Concilio – ha concluso – è stato un tempo di grazia in cui lo Spirito Santo ci ha insegna­to che la Chiesa, nel suo cammino nella storia, deve sempre parlare all’uomo contempora­neo, ma questo può avvenire solo per la forza di coloro che hanno radici profonde in Dio, si lasciano guidare da Lui e vivono con purezza la propria fede; non viene da chi si adegua al momento che passa, da chi sceglie il cammi­no più comodo. Santità è far entrare l’oggi e­terno di Dio nell’oggi della nostra vita». SALVATORE MAZZA

Nessun commento: