martedì 5 aprile 2011

Cristo non è un punto di arrivo, ma di partenza

L'incontro conclusivo di Encuentromadrid 2011

Marta Cartabia e Julián de la Morena hanno chiuso l’Encuentromadrid 2011 con due testimonianze che illustrano come l’“Intelligenza della fede, intelligenza della realtà” non sia un programma culturale ma il riconoscimento di un’esperienza che avviene in questo modo.

«Il problema della riduzione, del calo della fede si ha perché non parte dal fatto fondamentale, la risurrezione di Cristo, ma perché molti cattolici partono da ciò che manca, ed è come provare a cambiare il mondo solo facendo degli sforzi». Con queste parole Julián de la Morena, sacerdote missionario della Fraternità di San Carlo Borromeo in Brasile, ha descritto nell’incontro di chiusura dell’Encuentromadrid 2011 il consueto crollo della fede che constata durante i suoi frequenti viaggi in America Latina. Al tavolo con lui c'era Marta Cartabia, docente di Diritto Costituzionale all’Università Bicocca di Milano, che ha descritto come questa «riduzione della fede a moralismo» avviene in tutta Europa. «Ci dedichiamo ad analizzare per settori le circostanze che viviamo o le persone con cui ci incontriamo, e così scopriamo sempre qualcosa che non funziona, qualcosa che manca. Ma così perdiamo anche la grandezza che c’è in quello che vediamo e viviamo, e questo vuol dire usare la ragione non in modo profondo, ma parziale». Riduzione della fede, riduzione della ragione. Insieme, come l’“Intelligenza della fede, intelligenza della realtà” che cita il motto di questa ottava edizione di Encuentromadrid.? «Quando ho letto questa frase, ho pensato che si trattava di qualcosa che dovevo propormi, un proponimento da mantenere, ma quando improvvisamente cominci a riconoscere veramente le tracce di una Presenza come quella che incontrarono Giovanni e Andrea, che ti viene incontro in tutte le cose, un volto che ti si avvicina ogni giorno, tutto comincia a cambiare. E allora l’intelligenza della fede si trasforma in intelligenza della realtà non per un proposito, ma come un frutto insperato, come una sorpresa - spiega Marta Cartabia -. È stata come una rivoluzione per la mia persona rendermi conto che non devo creare niente, ma che il mio compito consiste soltanto nel condividere la sorpresa per quello che vedo succedere».
«Un’altra riduzione assai diffusa è quello che chiamo cristianesimo borghese, - ha sottolineato De la Morena -. La fuga da tutto, la ricerca di oasi isolate dal mondo, separate, come se la fede non bastasse per guardare negli occhi il mondo e la realtà». Julián ha fatto notare che spesso «la comunicazione del cristianesimo si lascia nelle mani di esperti, non di testimoni, e il risultato è un cristianesimo sforzato ma triste». Che differenza c’è tra un esperto e un testimone? «L’esperto è uno che dice all’altro dove deve andare, come se spingesse un cieco da dietro. Il testimone invece cammina davanti e ti invita a seguirlo». Dopo aver passato quasi dieci anni in America Latina, Julián afferma che ciò che lo ha sempre commosso è la carità. «Tutto cambia quando qualcuno ti guarda e ti abbraccia in modo disinteressato, senza nessun tornaconto. Ho incontrato uomini che non temono gli altri uomini perché partono dalla necessità che condividono. La necessità del cuore è il grande alleato, e ci permette di incontrare chiunque». Un gesto caritatevole che abbraccia la mia necessità è ciò che esalta l’umanità, ciò che risveglia il senso religioso. «Tutti portiamo in noi il desiderio di infinito, e questo desidero si esalta nell’incontro con Cristo. Per questo, l’incontro con Cristo non è un punto di arrivo, ma di partenza. In questo consiste il rapporto tra fede e senso religioso: la vita è più vita dopo l’incontro con Cristo», dichiara Julián, e aggiunge: «Cristo non è un a priori, è una presenza che si manifesta tutti i giorni, perché, se ciò non avviene, la gioia non dura. Le certezze di ieri risultano ormai vecchie».

(Yolanda Menéndez)

1 commento:

yinxue ha detto...
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