mercoledì 30 marzo 2011

LO SCANDALO DEGLI SBARCHI E QUELLO CHE È GIÀ QUI - Perché questa miseria non diventi paura -

Rudolf è morto di freddo, in uno scantinato. Era di colore, ma nato in Italia.

Non è successo nei meandri di una grande metropoli, Roma o Milano, dove l’anonimato della disperanza miete vittime con i suoi precisi missili, invisibili e fatali. È successo a Meldola, dolcissimo paese a dieci chilometri da Forlì in piena Romagna. È successo nella periferia.

Nella parte migliore d’Italia, si dice, almeno per quel che riguarda la tenuta del cosiddetto Welfare.

Delle relazioni di sostegno. Mentre gli occhi di tutti si puntano su Lampedusa, e sembra che quella ondata di corpi ci metta in difficoltà, rischiamo di non vedere la difficoltà che già è sbarcata.

Nessun posto è un’isola. Alcuni dicono che stiamo andando verso un medioevo della necessità. Sia a causa di fenomeni macroscopici che muovono da fuori dei nostri confini, sia per implosioni, per crisi interne. E interiori. Il Welfare non tiene, dicono. Problemi di tagli. Di nuove emergenze.

Problemi legati alla bassa natalità, allo smembrarsi di quel Welfare naturale che sono le famiglie. E cresce un’aria di insicurezza. Come se ci aspettasse un’età più dura. Un’età dove saremo costretti a convivere con micidiali impotenze.

Dove lo spettacolo della miseria, dell’accattonaggio, della vita precaria occuperà altro spazio sulle scene visibili e meno visibili della nostra società. Dove vedremo cose che non immaginavamo. Il povero ragazzo morto di freddo a Meldola, qualche tempo fa la morte di stenti, assurda, di un piccolo di pochi mesi, in piazza Maggiore a Bologna, città ex-vetrina della 'buona' amministrazione.

Cose che non immaginavamo. E ci prepariamo a vedere quel che non ci lascerà tranquilli. Per niente tranquilli. A Lampedusa, a Meldola.

Ovunque. Un medioevo che torna, dice qualcuno usando a vanvera parole e categorie. Perché il medioevo fu un tempo più duro di questo. Per certe cose. Francesco baciò il lebbroso. I mendicanti erano molti per città e campagne. Un tempo duro. Ma altrettanto dura della indigenza era la speranza tra gli uomini. E forte, all’ombra delle cattedrali che si ergevano per testimoniare il legame con il cielo e tra gli uomini, era l’azione della carità. Forte era in quel medioevo che abbiamo alle spalle (e davanti) la difficoltà alla sopravvivenza. E nelle vie delle nostre città era – e sarà – avvilente lo spettacolo dell’arte di arrangiarsi, l’arroganza dei malvissuti, la fastidiosa presenza del povero. Ma grande era anche lo spettacolo di una civiltà impegnata, con sodalizi, confraternite, iniziative di gente di ogni censo tese a rispondere con lo slancio di una carità operosa, ad abbracciare lo sventurato. Sarà ancora così?

Nei più domina un timore attonito. Ci si guarda attorno con sgomento. Si dice: che mondo lasciamo ai nostri figli. Si dice: qualcuno si muova.

E si chiede che lo Stato, la politica, la polizia o chi... si attivi per sgombrare il campo dal nostro disagio. Da questa umanità ferita, non romantica, lacera, sperduta. E invece il campo si ingombra di più. E quel che non vediamo direttamente ce lo danno i media. Le istituzioni possono arrivare fino a un certo punto, la coperta è stretta e a volte cucita o tagliata male, E così il futuro sembra un assedio. Il Vangelo ammoniva l’uomo presuntuoso che ritiene di poter eliminare lo scandalo della miseria dal mondo. Ma è lo stesso Vangelo che in molte epoche ha educato il cuore del popolo facendo sorgere miriadi di iniziative di carità e di sollecitudine. Ora, di fronte alle emergenze note come Lampedusa, sia a quelle ignote come Meldola abbiamo bisogno di istituzioni responsabili. Ma abbiamo soprattutto bisogno del Vangelo.

Senza l’annuncio del Dio che si fa carne per tutti avremo solo lo scandalo duro della miseria che diventa paura e non lo spettacolo della speranza che diviene carità mai domabile.

D.R.

Nessun commento: