sabato 18 settembre 2010

Il Papa: la religione non sia ai margini - Richiamo perché abbia «ruolo legittimo nella sfera pubblica»


Si sono trovati i soldi necessari per salvare banche che erano «troppo grandi per fallire». Ma non meno è importante può essere considerato l’uomo, il cui sviluppo integrale a sua volta «è impresa trop­po grande per fallire». Bisogna, allo­ra, ricuperare un’etica capace di i­spirare la finanza e la politica, perché «se i principi morali che sostengono il processo democratico non si fon­dano, a loro volta, su nient’altro di più solido che sul consenso sociale, allora la fragilità del processo si mo­stra in tutta la sua evidenza».

Per la Chiesa, «le norme obiettive che governano il retto agire sono acces­sibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della rivelazione», e il ruo­lo della religione «nel dibattito poli­tico non è tanto quello di fornire ta­li norme, come se esse non potesse­ro esser conosciute dai non creden­ti », né «di proporre soluzioni politi­che concrete», quanto «piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nel­la scoperta dei principi morali og­gettivi ». E per questo non può non preoccupare «la crescente margina­lizzazione della religione, in parti­colare del Cristianesimo», spesso o­perata in nome della tolleranza.

Questo venerdì londinese è una gior­nata densa di appuntamenti impor­tanti. E destinata a restare. Una gior­nata in cui Benedetto XVI è tornato a ribadire l’impor­tanza fondamenta­le dell’educazione, l’ineludibile neces­sità di un dialogo in­terreligioso fondato sul principio della reciprocità, sulla ur­genza di un comune impegno dei disce­poli di Gesù, di tutte le denominazioni, per testimoniare la speranza cristiana.

Ma è a Westminster Hall, 'tempio' della storia britanni­ca, che papa Ratzinger pronuncia il 'major speech', come è indicato nel programma ufficiale, il 'discorso più importante'. E davvero, il suo, è un discorso impressionante. In cui, co­gliendo questa occasione che egli stesso definisce «senza precedenti», svolge il suo ragionamento sul valo­re dell’etica, sulla necessità di tene­re alto il dialogo tra fede e ragione, sull’errore intrinseco che la pretesa di escludere la religione dalla sfera pubblica comporta, sulle sfide che ci attendono.
È un ragionamento stringente. Che, con semplicità, ma in maniera pres­sante, pone gli interrogativi che la contemporaneità non può eludere: «Dove può essere trovato il fonda­mento etico per le scelte politiche?... Quali sono le esigenze che i governi possono ragionevolmente imporre ai propri cittadini, e fin dove esse possono estendersi? A quale auto­rità ci si può appellare per risolvere i dilemmi morali?». Questioni al cen­tro del pensiero di Tommaso Moro, che in questa Westminster Hall ven­ne processato e che il Papa ricorda. Ma questioni sempre attuali, in quanto «ci portano direttamente ai fondamenti etici del discorso civile. Se i principi morali che sostengono il pro­cesso democratico non si fondano, a loro volta, su nient’altro di più solido che sul consenso sociale, allora la fra­gilità del processo si mostra in tutta la sua evidenza». «Qui – scandisce – si trova la reale sfida per la democrazia». Davanti a una platea che vede in pri­ma fila gli ex premier degli ultimi trent’anni, dalla Thatcher a Major, da Blair a Brown – l’attuale primo mini­stro David Cameron era assente per i funerali del padre – e poi politici, in­dustriali, leader religiosi, Benedetto XVI incalza i suoi interlocutori. La re­cente crisi mondiale, sottolinea, ha posto «in tutta evidenza» la «inade­guatezza di soluzioni pragmatiche, di breve termine, ai complessi problemi sociali ed etici», e oggi è ampiamen­te riconosciuto che «che la mancan­za di un solido fondamento etico del­­l’attività economica abbia contribui­to a creare la situazione di grave dif­ficoltà nella quale si trovano ora mi­lioni di persone nel mondo». E come «ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale – in­siste il Papa citando la Caritas in ve­ritate –

analogamente, nel campo po­litico, la dimensione morale delle po­litiche attuate ha conseguenze di va­sto raggio, che nessun governo può permettersi di ignorare».

«Quando è in gioco la vita umana – dice Benedetto XVI nel passaggio più drammatico del suo discorso – il tempo si fa sempre breve: in verità, il mondo è stato testimone delle va­ste risorse che i governi sono in gra­do di raccogliere per salvare istitu­zioni finanziarie ritenute 'troppo grandi per fallire'. Certamente lo svi­luppo integrale dei popoli della Ter­ra non è meno importante: è un’im­presa degna dell’attenzione del mondo, veramente 'troppo grande per fallire'».
Nella ricerca di queste risposte, sug­gerisce il Papa, «mondo della ragio­ne » e «mondo della fede» hanno «bi­sogno l’uno dell’altro». Perché per i legislatori la religione «non è un pro­blema da risolvere, ma un fattore che contribuisce in modo vitale al di­battito pubblico nella nazione». Per questo preoccupa «la crescente marginalizzazione della religione, in particolare del cristianesimo», il vo­lerla ridurre alla sfera pri­vata, o «scoraggiare» la «celebrazione pubblica di festività come il Nata­le », tutti «segni preoccu­panti dell’incapacità di tenere nel giusto conto non solo i diritti dei cre­denti alla libertà di co­scienza e di religione, ma anche il ruolo legittimo della religione nella sfe­ra pubblica». Per questo, dice Bene­detto XVI, «vorrei invitare tutti voi, ciascuno nelle rispettive sfere di in­fluenza, a cercare vie per promuove­re ed incoraggiare il dialogo tra fede e ragione ad ogni livello della vita na­zionale ». SALVATORE MAZZA

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