giovedì 7 ottobre 2010

MADRID Una posizione che dà le vertigini


06/10/2010 - Il 2 ottobre si è svolta la Giornata di inizio anno in Spagna. A tenerla, quest'anno, don Julián Carrón. Che ha così ricordato i 25 anni dell'unione tra il movimento di Nueva Tierra e Cl

Sono trascorsi 25 anni, ma il mese è lo stesso: ottobre. Era la fine di ottobre del 1985 quando don Giussani presentò pubblicamente Comunione e Liberazione dopo che vi aveva aderito la maggioranza dei giovani di Nueva Tierra. Ed era l’inizio di ottobre anche quando il suo successore alla guida del movimento, Julián Carrón, si è recato a Madrid per commemorare la ricorrenza. Questo sabato, in un Palazzo delle Esposizioni e dei Congressi strapieno, c’è stato poco tempo per dilungarsi nelle rievocazioni. Dopo un video che richiamava i momenti principali, Carrón ha voluto entrare in pieno nella provocazione delle circostanze. È il marchio di fabbrica: storia e vocazione non vanno mai separate.
La Spagna della metà degli anni Ottanta ribolliva confusa in un minestrone ideologico, nel quale tuttavia non si era ancora dissolta del tutto una tradizione che pur andava perdendo per molti il suo significato esistenziale. Nella Spagna del 2010 le ideologie non sono morte. O per meglio dire, è il regno di un’unica ideologia: il relativismo. Carrón non distingue fra dentro e fuori, tra cristiani e non. La malattia colpisce coloro che negano la verità come coloro che desiderano affermarla. Sono proprio questi i due poli della Spagna che, da ormai otto anni, si è trasformata agli occhi dell’intero Occidente nel simbolo di cosa significhi restare in balìa delle interpretazioni negando i fatti. Carrón fa riferimento al recente viaggio di Benedetto XVI nel Regno Unito, forse uno dei luoghi più secolarizzati del mondo. Non a caso il Papa ha dichiarato che nei suoi interventi ha «tenuto presente tutto l’Occidente».
Ma in cosa consiste questo relativismo? Il responsabile di Cl prende le distanze dagli abituali approcci etici o pietistici. E anche da questo oggettivismo acritico che non tiene conto delle aspirazioni e della considerazione dell’uomo moderno per la sua soggettività. «Il relativismo è il venir meno della capacità dell’uomo di conoscere la verità..., di trovare risposta esauriente alle sue esigenze», afferma. Il relativismo è la conseguenza del fatto che l’uomo non trova risposta alle aspirazioni del suo cuore. Se non c’è risposta «niente riesce ad afferrare tutto il suo io». Questa è una buona chiave per comprendere l’inflazione di diritti di cui abbiamo sofferto in quest’ultimo periodo.
Carrón si pone sul piano della conoscenza. Ma non si accontenta di affermare l’esistenza della verità. Da questo, che per molti è il punto di arrivo, il successore di don Giussani inizia il suo cammino. A lui interessa descrivere che tipo di ragione, che tipo di esperienza permette di conoscere non un’arida dottrina, ma quella verità «che dona ancor più vita e ancor più amore».
Il cristianesimo non è al sicuro dal rischio dell’ideologizzazione; in effetti - mette in guardia Carrón - esiste una ideologia tipicamente cristiana che ripete i discorsi imparati, senza lasciarsi toccare dalla realtà: «Questa ideologia è più diffusa di quanto pensiamo. Invece il cristianesimo è un avvenimento».
Carrón mette le vertigini. La risposta all’imporsi di un potere che si erge contro la persona dipende da qualcosa che può accadere o meno. Non esiste altra certezza possibile, ci suggerisce. La grande rigenerazione di cui la ragione ha bisogno per non fermarsi all’apparenza, per restituire all’uomo questa intuizione poetica e familiare del fatto che il Mistero è dietro ogni cosa, è possibile unicamente grazie a qualcosa che non si può costruire né attraverso il consenso, né con una moralità irreprensibile. Né tantomeno con la ripetizione del dogma. Ed è allora che il successore di don Giussani pare quasi camminare in equilibrio su una fune sospesa nel vuoto.
Non servono le analisi né il ricordo del passato. Per sconfiggere il relativismo è necessario poter pensare a Gesù di Nazaret con la stessa ragione, con la stessa intensità, con lo stesso affetto con cui Lo pensavano Giovanni e Andrea. Bisogna essere afferrati dallo stesso rapporto che avevano quei due primi discepoli che duemila anni fa lo sentirono parlare sulle sponde del Giordano. È necessario... e, questa è la cosa più sorprendente - continua Carrón - è possibile. «La vittoria sul relativismo avrà sempre come criterio quell’attaccamento unico a Cristo presente che Giovanni e Andrea documentano per sempre e che non potrà essere mai ridotto a una nostra analisi e tantomeno a un commento o a una pura emozione», conclude.
Ascoltando Carrón e le testimonianze degli amici di Cl che accompagnano il suo intervento, si comprende facilmente che, in effetti, è possibile. Si capisce perché chi lo ascolta si rende conto di essere stato immerso in una circostanza misteriosa e umanissima nella quale riaccade ciò che un tempo era accaduto presso il Giordano.
di Fernando de Haro

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