giovedì 21 ottobre 2010

HAITI Così ho visto fiorire le macerie


di Chiara Mezzalira
21/10/2010 - Chiara, medico per Avsi, è tornata sull'isola devastata dal terremoto. Dopo aver incontrato persone che «ti chiedono tutto», racconta i miracoli che ha visto. Come quel giovane che ha inciso l'Angelus su una baracca...






Sono tornata ad Haiti, a settembre, dopo sette mesi dal mio rientro, la prima volta dopo il terremoto. Voglio raccontare alcuni episodi che mi hanno colpito ed accompagnato.
Ero stata a distribuire del cibo a febbraio in una zona povera vicina a Bas Fontain, dove c’e una discarica, ed avevamo trovato una mamma che aveva appena partorito, con la sua piccola ed altri quattro bambini. Le avevo fatto una foto, che poi ha fatto il giro di Buone notizie e dei poster presenti al Meeting. Così ho deciso di andare a ritrovare questa famiglia. Emmanuella ha ora sette mesi. I nostri amici di Avsi dicevano: «Stai attenta ad andare dalla gente, perché poi ti chiede tutto». La settimana successiva, nel giorno dell’ambulatorio quella mamma è venuta con i suoi bambini e m’ha detto che il marito mi voleva parlare. Prima mia reazione: «Avevano ragione gli amici di Avsi, adesso chissà cosa mi chiede...». M’ha raccontato che il marito non aveva lavoro. Allora abbiamo deciso di aiutare i bambini ad andare a scuola, inserendo bimba e mamma nel programma nutrizione. La settimana successiva sono tornati. Gli infermieri le facevano festa, dicendo: «C’è l’amica del Docteur». Ma, quando la mamma mi s’è avvicinata, m’ha chiesti: «Puoi battezzare la mia bambina?». Lei non era cattolica, ma il marito sì, così lei voleva battezzare “cattolica” Emmanuella. Ecco, quella donna ha visto di più del solo bisogno immediato.
Un altro giorno, ho insegnato alle mamme come preparare la pappina per lo svezzamento. Ero stata al mercato a comprare un po’ di “campioni” di farine, mais, manioca, patata, banana, vari legumi, uova, e ho spiegato con una certa “passione” come preparare la pappa per evitare la malnutrizione. Alla fine, una donna mi ha chiesto: «Tu quanti bambini hai?». Mi ha colto di sorpresa, così ho detto che tutte loro erano mie figlie ed i loro bimbi i miei «grand enfantes».
Suor Marcella a Wharf Jeremie, il porto in cui arrivano le barche con carbone e verdure, da Jeremie, ha fatto miracoli. A maggio non c’era nulla ed ora è finito l’ambulatorio, costruito da una ong italiana, Terres des Hommes. Sono quasi finite 110 case per la gente, realizzate con i soldi da lei raccolti: saranno inaugurate il 7 novembre. La gente aspetta per entrare insieme, e sta proseguendo la costruzione di una scuola offerta da un gruppo americano.
Andiamo con lei a vedere questo miracolo. Era da un po’ che non girava, per una frattura ad un piede. Al vederla con le stampelle, la gente ed i bambini le correvano incontro ed il suo nome era su tutte le bocche. Da una parte c’erano le case di lamiera e, dall’altra, le sue “villette a schiera”. Quando ci ha portati tra le case di lamiera, ci siamo fermati davanti ad una. Sulla porta c’era scritto: Verbum caro factum es. C’era una donna con un bimbo piccolo, nudo, altri sbucavano dalle baracche vicine. Abbiamo recitato l’Angelus. Suor Marcella ci ha detto che la prima volta che ha visto quella scritta, dopo il terremoto, ha chiesto chi l’avesse fatta. Una sera ha incontrato un giovane, che le ha detto che si ricordava di una preghiera che suo papà diceva sempre. Lui non sapeva cosa volesse dire e non se la ricordava bene, ma suo papà gli aveva detto: «Qualunque cosa succeda, devi sempre ripartire da qui». Così, dopo il terremoto ha scritto sulla sua porta quello che si ricordava di questa preghiera.
Non so come, quando e quanto verrà ricostruito di Port au Prince, ma è chiaro che si deve ripartire da lì. Da quell’Uomo presente anche tra le macerie. Umane, oltre che delle case.

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