mercoledì 20 ottobre 2010

MEDIO ORIENTE Una presenza che costruisce la pace


20/10/2010 - Sulla situazione dei cristiani in una delle regioni più delicate, si sono confrontati ieri in Campidoglio politici e padri sinodali. Evidenziando la forza di questa minoranza. Che, come ha detto Julián Carrón, sta «in una fede vissuta senza riduzioni»





I cristiani in Terra Santa «ricordano il legame concreto, visibile e tangibile con quanto avvenuto 2000 anni fa». Questa affermazione di padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, ben sintetizza il contenuto del convegno “La testimonianza cristiana al servizio della pace”, che si è svolto in Campidoglio. Una iniziativa congiunta in occasione del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, che ha visto la collaborazione di Comune, Radio Vaticana, il ministero degli Esteri e del Centro internazionale di Comunione e Liberazione.
È uno strano percorso quello del cristianesimo. Nato in Medio Oriente, è a Roma che trova la sua vera dimensione, e da qui può tornare di nuovo in Medio Oriente. È il percorso proposto da padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana: «Questa vocazione storica vissuta da Roma», nel cui seno i cristiani hanno avuto per la prima volta la libertà di vivere la loro fede, ci fa volgere di nuovo verso Oriente per capire il «vero significato dell’esercizio pieno della libertà religiosa, di coscienza, e della vera cittadinanza».
Al tavolo un applaudito Franco Frattini, di cui sono stati apprezzati i passaggi sulla libertà religiosa, che, ha detto, non è una «questione collettiva, ma della persona». Al cospetto dei patriarchi orientali, schierati in prima fila, il ministro ha denunciato la “cristianofobia” e ha esortato i cristiani a «essere consapevoli del valore essenziale della loro presenza in Medio Oriente». Un “valore” che può essere riscoperto solo nella fede vissuta “senza riduzioni”. È stato questo il punto centrale dell’intervento di don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione. La platea è variopinta: ci sono tanti amici, diversi giornalisti, qualche curioso. Al tavolo, con la moderazione di Roberto Fontolan, anche il padrone di casa Gianni Alemanno, che ha invitato la città di Roma a «non ignorare il messaggio del Sinodo», poi illustrato brevemente dal segretario generale, monsignor Nikola Eterovic.
«È sempre più urgente», ha detto Carrón, «una educazione alla fede che dimostri la pertinenza della fede stessa alle esigenze della vita, affinché sia in grado di resistere alle sfide del tempo». Sfide che per il ministro Frattini sono «ateismo, materialismo e relativismo» che «al pari dell’estremismo minacciano la società». E che per i patriarchi che hanno preso la parola nel finale del convegno, raccontando dei loro Paesi, sono anche di carattere economico, politico, culturale, di libertà religiosa. È proprio in questa situazione, con tutti i suoi risvolti, che «il cristianesimo deve mostrare la sua verità» ha esortato Carrón, «cioè la sua capacità di ridestare l’io e di salvare l’umano. La sfida che dobbiamo affrontare nell’annuncio consiste nel vivere il contenuto della fede in modo da mostrare la sua rilevanza antropologica». «Non lasciateci soli», ha chiesto il patriarca di Gerusalemme Fouad Twal. Da dove ripartire? «La persona ritrova se stessa in un incontro vivo», in cui riscopre «i motivi che rendono ragionevole l’adesione a Cristo oggi, la sua convenienza umana».
È questo che permette di avere anche «le ragioni adeguate per restare a vivere in mezzo a enormi difficoltà e a dare un contributo decisivo alla causa della pace». È questo, come ha raccontato il Custode, a rendere «vitale e creativa» la minoranza cristiana che abita questa terra, e che è protagonista di tante opere al servizio dell’intera società. È questo che fa dei cristiani non tanto una forza in vista di una pace “politica”, ma una «presenza» che già ora «testimonia che si può vivere in pace anche in Medio Oriente».
di Marinella Bandini - tracce.it -

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