sabato 21 febbraio 2015

Se non stiamo davanti a Gesù, come possiamo stare davanti a una persona che muore?

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Mi sembra così lontano il tempo in cui le mie giornate erano definite dall’alternarsi tra adorazione del Santissimo e lavoro. Ultimamente non è così. La realtà, che sempre è stata la mia unica regola, mi chiede di stare seduto in un piccolo sofà al centro della cappella rivestita con “pan di oro”, guardando il Santissimo Sacramento. Passo ore fissando Lui ed è qualcosa di straordinario che mi abbaglia impedendomi di leggere il breviario. Ho negli occhi la bellezza di quella tenerezza divina che contemplo. Finalmente vedo compiersi l’affermazione del filosofo Blondel che tanto mi aveva colpito da giovane: «Il massimo dell’azione è la contemplazione».
Il servo di Dio Luigi Giussani ci parlava spesso della passività che caratterizza l’uomo innamorato di Gesù. Grazie alla mia condizione fisica, godo della tenerezza di questo sguardo così divino e così umano. La gente sa dove trovarmi e così impara a guardare il volto di Gesù nell’Eucarestia e quindi negli ammalati.
Oggi, mentre ero davanti a Gesù, mi hanno regalato le parole del Papa pronunciate per la festa di Lourdes, giorno dedicato agli ammalati: «Servire le persone ammalate è un cammino privilegiato per incontrare Gesù, perché curare e servire un ammalato è servire Gesù. L’ammalato è la carne di Gesù. Inviando in missione i suoi discepoli, Gesù consegna loro un duplice mandato: “Annunciate il Vangelo della salvezza e curate gli ammalati…”. Gesù salva, Gesù custodisce, Gesù sana gli ammalati».
Che conforto per le infermiere che quando cambiano turno vengono a pregare con queste parole: «Signore, hai trattato i malati con amore, hai dedicato loro il tuo tempo, hai guarito i loro corpi e le loro anime, hai consolato i loro famigliari. Signore, nel tuo esempio voglio trovare luce nei miei pensieri, orientamento nelle mie azioni; voglio trovare le modalità efficaci per calmare il dolore dei malati. Concedimi pazienza per accompagnare quelli che soffrono. Forza e valore per consolare gli incurabili. Concedimi la tua grazia per riconoscere il Tuo volto in ognuno di loro. Signore, desidero averti vicino sempre, soprattutto nelle notti che passo vicino agli ammalati. Veglia con me, Signore. Benedicimi e benedici i malati, non permettere che mi allontani da Te. Amen».
Pregare davanti al Santissimo cambia lo sguardo verso il malato, verso noi stessi e il nostro lavoro. Per andare al capezzale di Cristo hanno bisogno di partire dall’Eucarestia. È uno sguardo che lentamente trasforma il lavoro in preghiera. Guardare l’ammalato con gli occhi di Cristo è guardare Cristo crocefisso.
La clinica è sempre al completo, muore uno ed entra il successivo. Oggi abbiamo ricoverato una bimba di 3 anni con un cancro alla testa. La mamma è una umile contadina di vent’anni. È giunta da noi con Ignazia e un’altra figlia di otto mesi. Guardando la mamma negli occhi ho visto tanta paura. Una paura che è durata poco tempo, perché si è sentita amata. Com’è vero che Gesù ha cura dei suoi poveri. Sapeste quanto conforto e gioie mi danno le parole del Papa quando parla di poveri e ammalati.
L’educazione degli infermieri
Per favorire una vera educazione degli infermieri ho proposto che ognuno di loro passi mezz’ora ad adorare Gesù e un’altra mezz’ora al capezzale di un paziente, il nostro Gesù sofferente. Se non stiamo davanti a Gesù come possiamo stare davanti ai malati? Non è facile vedere morire ogni giorno una o più persone: se uno non è veramente consegnato a Gesù non ce la può fare. A volte nella vita ci chiediamo: ma se toccasse a me quella malattia come reagirei? Una domanda che mi faceva paura ma ora non più, perché Dio non ci dà mai una prova superiore alle nostre forze. È una verità che i miei figli testimoniano sempre. «Padre, lotto finché Dio dirà basta». Tutto è consegnato al Padre.
In queste settimane Gesù mi sta mettendo a dura prova. Il primo piano della clinica è completamente occupato da bambini denutriti e ammalati. La maggioranza sono solo figli di Dio. Vederli nel lettino avvolti dal silenzio rotto ogni tanto dal pianto di qualcuno mi strazia. Nessuno ha tempo per loro. Quando chiedo aiuto ai fedeli della parrocchia mi rispondono che non sono in grado di stare davanti a quel dolore. Tutti parlano di Gesù, tutti cantano, tutti fanno riunioni… ma per Gesù bambino che soffre non c’è tempo.
paldo.trento@gmail.com

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