lunedì 14 novembre 2011

OMELIA DI S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA, ARCIVESCOVO DI MILANO


L’Arcivescovo Angelo Scola ha celebrato la messa alle ore 17.30 in Cattedrale dove ha pronunciato l’omelia: «Vedranno il Figlio dell’uomo venire»
La vicinanza del Mistero


1. «Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria» (Vangelo, Mc 13,26). Le “nubi” esprimono la sovranità (la potenza e la gloria) conferita al Figlio dell’uomo. L’espressione “Figlio dell’uomo” riprende alcune profezie dell’Antico Testamento. E in particolare, alla lettera, le parole di Daniele (Dn 7,13).
Gesù «stava sul monte degli Ulivi seduto di fronte al tempio» (Vangelo, Mc 13,3). Ancora oggi, contemplando dal monte degli Ulivi la spianata del tempio, si è presi da struggente commozione. Da quel preciso luogo, a partire dal quale si svolgerà, secondo una tradizione ebraica vivissima, il grande giorno finale (cf Zc 14,4), Gesù parla ai Suoi più intimi amici - il Vangelo li nomina ad uno ad uno: Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea - della distruzione del tempio delineando un disegno tragico della fine dei tempi. Al termine del Suo discorso però Egli annuncia una sorprendente, positiva novità. «Allora vedranno il Figlio dell’Uomo venire nella gloria». Presentandosi come il glorioso “Figlio dell’uomo”, Gesù offre la chiave per comprendere la Sua Persona: Egli è Dio. Lo ripeterà qualche giorno dopo davanti a Caifa e questo gli costerà la condanna a morte (cf Mc 24,61-62).

2. La Chiesa, nostra madre, ci prepara a celebrare il Santo Natale, il mistero della venuta nella carne del nostro Salvatore, richiamandoci il mistero della Sua venuta nella gloria. La venuta finale del Signore, che tutti vedranno, sarà il fatto che ricapitola tutte le vicende della storia e del cosmo.
Il tempo di Avvento che oggi inizia illumina così ogni istante della nostra vita a partire dalla pienezza dei tempi. Essa già si è compiuta in Gesù Cristo, ma si manifesterà a tutti alla fine e tutti dovranno riconoscerLo.

L’inizio del cammino del nuovo anno liturgico ci richiama quindi la fine. La parola fine ha un duplice significato. Indica nello stesso tempo il termine di un processo ed il suo scopo. In questo caso, parlando della fine dei tempi, Gesù fa allusione al termine e allo scopo di tutto il cammino dell’uomo e della famiglia umana. Possiamo dire che la Chiesa, mettendoci oggi davanti alla fine (termine di ogni cosa), ne svela il fine (scopo).
Ce lo insegna con particolare efficacia il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1040). Al momento del ritorno glorioso di Cristo, il Padre «per mezzo del suo Figlio Gesù pronunzierà la sua parola definitiva su tutta la storia. Conosceremo il senso ultimo di tutta l’opera della creazione e di tutta l’Economia della salvezza e comprenderemo le mirabili vie attraverso le quali la Provvidenza divina avrà condotto ogni cosa verso il suo fine ultimo».

3. Indipendentemente da come le scienze riescono e riusciranno a pensare la fine di questo mondo, la fede cristiana ci insegna che sarà la venuta gloriosa del Signore a mettere fine al mondo. La storia non è abbandonata al caso né consegnata al caos, ma è retta dal disegno di Dio. Un disegno che a volte può assumere un carattere contrastato e doloroso perché deve fare i conti con il male dovuto alla ribellione di Satana e al nostro peccato.
Nel Vangelo di Marco il discorso sulla fine dei tempi precede immediatamente il racconto della passione e della morte di Gesù. Diventa in tal modo una sorta di testamento per i Suoi di allora e quindi anche per noi che siamo i Suoi di ora. Gesù non nasconde ai primi la prospettiva del martirio fino all’effusione del sangue («Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe e comparirete davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza…», Vangelo, Mc 13,9). Purtroppo ogni giorno tocchiamo con mano il realismo di questa prospettiva (il pakistano Batthi, Padre Fausto Tentorio e tanti altri…). Eppure il disegno del Padre sulla storia è un disegno inarrestabile di salvezza. Non si fermerà ma continuerà fino alla fine dei tempi a proporsi alla libertà di ogni uomo: «Prima è necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni» (Vangelo, Mc 13,10).
Visto in questa prospettiva, il tempo liturgico dell’Avvento rivela il senso del tempo in quanto tale. Ed il cristiano cammina sicuro lungo la storia (spe erectus) perché certo della meta e della compagnia di «Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente» (cf Ap 1,8).

4. Il tempio per un ebreo era il luogo del rapporto con Dio per eccellenza. Possiamo immaginare lo sgomento con cui i quattro discepoli più familiari Lo abbiano interrogato: «Quando accadranno queste cose e quale sarà il segno?» (Vangelo, Mc 13,4). Il Maestro risponde in modo ampio e dettagliato. Il brano evangelico alterna i verbi al futuro (vi consegneranno, sarete odiati, sorgeranno, vedranno, manderà) a quelli all’imperativo (badate, fate attenzione, non preoccupatevi, dite, pregate). La certezza presente che Cristo compirà, nel futuro, la storia esige da noi, fin da ora, atteggiamenti virtuosi: attenzione, vigilanza, perseveranza e preghiera. La tradizione li riassume in un’unica parola che caratterizza la posizione del cristiano, soprattutto nel tempo di Avvento: attesa.
Ad essa ci invita il Canto dopo il Vangelo eseguito nel tradizionale “canto fermo” del Coro della Cattedrale. Il poeta milanese Clemente Rebora ha scolpito con versi memorabili la profondità piena di gioiosa speranza dell’umana attesa: «Dall’immagine tesa/vigilo l’istante/con imminenza di attesa… Non aspetto nessuno:/ma deve venire… Verrà, se resisto… verrà quasi perdono…».
Le tre Letture della Liturgia di oggi - il passaggio di Isaia, tratto da quella che gli studiosi definiscono “la grande apocalisse”, i versetti del capitolo 15° della Prima ai Corinti di San Paolo sulla risurrezione e il discorso escatologico di San Marco - hanno questo comune denominatore: il presente acquista significato dal suo compimento, dal futuro cui tende. Un compimento certo perché possiamo incominciare a farne esperienza fin da ora. In forza dell’Incarnazione che giunge fino alla Pasqua di Gesù - alla Sua morte, alla risurrezione e al dono dello Spirito Santo - il futuro di Dio è già in atto, qui ed ora, in attesa della sua piena manifestazione.
La vita eterna è l’al di là che è già cominciato quaggiù: l’Eucaristia che stiamo celebrando è infatti il germe della Risurrezione.


5. Il tempo liturgico dell’avvento ci dona la certezza gioiosa della venuta del Signore e la certezza è la forza propulsiva della persona.
Ne facciamo quotidiana esperienza in famiglia. La cura premurosa con cui i genitori accompagnano giorno dopo giorno i figli, permette loro di crescere senza paura di rischiare la propria libertà. Nessuno è in grado di affrontare il futuro se non è certo del presente. Sostenere le famiglie e aiutarle a vivere in pienezza la loro responsabilità ecclesiale e sociale rappresenta la modalità più realista per assicurare il futuro delle nuove generazioni.
Si sente spesso parlare dell’inarrestabile tramonto dell’Occidente, ma se non si promuove e non si ama la vita fin dal suo concepimento si ruba il futuro a un uomo e si impoverisce la comunità. Il VII Incontro Mondiale delle Famiglie, che vedrà la presenza fra noi di Benedetto XVI e a cui ci stiamo preparando, rappresenta un’occasione privilegiata per rinnovare, nei milanesi e non solo, la consapevolezza dell’insostituibile ruolo della famiglia, intesa come unione fedele, pubblica e aperta alla vita tra un uomo e una donna, per uno sviluppo organico ed equilibrato della persona e della società.

6. Con la Sua prima venuta, il Santo Natale, Gesù ci ha aperto «il passaggio all’eterna salvezza» (Prefazio). Verrà a noi nella gloria alla fine dei tempi, ma Egli viene a noi anche ogni giorno nella Santa Eucaristia, in cui si proclama la Parola di Dio e che fa di noi il Suo Corpo, così come ci raggiunge attraverso le circostanze ed i rapporti quotidiani.
Se accoglierete i sacerdoti che busseranno alla vostra porta per la benedizione natalizia potrete rinnovare la gioia benefica della venuta del Signore.
Per l’intercessione della Vergine Assunta in cielo facciamo nostra la supplica al Padre del Salmo responsoriale: «Dio degli eserciti, ritorna! Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna ... Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo. Fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi» (Salmo 79). Solo per il Suo fedele, incessante tornare a noi, noi possiamo tornare a Lui. Amen

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