Un momento dell'incontro.
06/10/2011 - Davanti a duemila persone, alla Fiera di Verona don Julián Carrón ha parlato di famiglia, amore e verginità. Un punto fermo, in un momento di crisi. Ma dove «occorre un nuovo inizio»
«Occorre un nuovo inizio. L’orizzonte di un amore più grande. Perché senza amare Cristo più della persona amata, questo rapporto avvizzisce». Duemila persone ad ascoltare don Julián Carrón, in un padiglione della Fiera di Verona che una settimana fa ospitava macchinari per i marmi e tra pochi giorni le novità dell’arredamento. Il salone ascolta in silenzio il presidente della Fraternità di Cl che parla di famiglia, amore, matrimonio, verginità. Che cita Goethe e il Papa, Rilke e Pavese, Leopardi e don Giussani, Eliot e Shakespeare nella città di Giulietta e Romeo. Dove il balcone degli innamorati è un richiamo per i turisti, non più il segno di un amore pieno e senza pretese.
C’era grande attesa a Verona. In fiera sono accorsi banchieri, politici, imprenditori, parroci, il sindaco, il prefetto e le autorità militari, mescolati tra le migliaia di persone. Attesa di che cosa? L’ha spiegato Carlo Fratta Pasini, il presidente del Banco popolare che - sulla scia del Family Happening di un mese fa - ha invitato don Carrón assieme ai presidenti di Cattolica Assicurazioni e Fondazione Cariverona: «Parliamo della famiglia non perché vogliamo rifugiarci nel privato in un momento di crisi generale, ma perché la famiglia è un elemento di forza espansiva, che si fa carico dei problemi, è orientata al futuro, alla vita, a immaginare qualcosa di migliore. Questo atteggiamento non può restare confinato nella vita domestica ma dovrebbe animare le comunità locali e la società civile, che oggi sembra rinunciare al proprio futuro, preoccupata di comporre interessi ed egoismi, di difendere ciò che abbiamo senza costruire ciò che potremo essere. Per questo siamo venuti non soltanto ad ascoltare don Carrón, ma proprio per vederlo, per incontrarlo».
Vedere, incontrare, toccare con mano. È questo che Carrón ha riproposto: «Gesù non si è fermato ad annunciare la verità del matrimonio ma ha introdotto una novità nella vita degli apostoli che ha reso possibile viverlo secondo questa verità». Un’esperienza presente, che è possibile vivere ora. Tanti si scandalizzano della quantità di famiglie sfasciate. Carrón no. Anche i discepoli, quando sentirono per la prima volta Gesù parlare del matrimonio, conclusero che «non conviene sposarsi», ma non si sono fermati lì. Davanti agli occhi si materializzano nomi e facce di persone che lo ripetono tutti i giorni: gente pentita, e gente che un domani non vuole pentirsi. Prende forma la delusione che tutti sperimentiamo, la pretesa a volte violenta che l’altro nel suo limite possa rispondere alla domanda infinita che nulla desta come la persona amata.
C’è un altro scandalo serpeggiante che blocca, perché fa sognare l’impossibile ritorno del bel tempo che fu: com’è possibile che quel «tesoro morale» consolidato nei secoli sul senso del matrimonio si sia dissipato così profondamente e in così breve tempo? Carrón cita Benedetto XVI: «La libertà presuppone che nelle decisioni fondamentali ogni uomo, ogni generazione sia un nuovo inizio». Quello che era trasmesso pacificamente da una generazione all’altra non c’è più. «È un nuovo inizio», ripete Carrón: «Perché non si può dare per scontato niente di quello che fino a poco tempo fa era ritenuto chiaro per tutti».
Occorre ricominciare daccapo. Domandarsi chi è l’uomo, chi sono io, e rendersi conto che ciò che siamo ci viene rivelato nella relazione con la persona amata. Anche qui, nomi e facce. La moglie, il marito. I figli. I genitori. Certi amici. Una bellezza irresistibile, il «raggio divino» che Aspasia era per Leopardi. Che però non sono che «un promemoria», per dirla con Lewis: «Guarda! Che cosa ti ricordo?». Un segno. E occorre incontrare ciò cui il segno rimanda, altrimenti «l’uomo cade nell’errore di fermarsi alla realtà che ha suscitato il desiderio, di ridurlo a ciò che appare ai nostri occhi, e prima o poi si manifesta l’incapacità di rispondere al desiderio suscitato». Ecco «l’inaudita proposta di Gesù affinché l’esperienza più bella della vita, innamorarsi, non decada». Il matrimonio, l’occasione più attraente per arrivare a dire «tu» a Cristo.
C’è «un modo assolutamente gratuito che Cristo ha introdotto nella storia» da cui si vede che «la sua persona è un bene talmente grande e prezioso da essere l’unico che corrisponde pienamente alla sete di felicità dell’uomo». Un parroco, a fine serata, diceva che da tempo non si sentiva così aiutato ad approfondire la sua vocazione. La verginità, il celibato, «l’autentica speranza per gli sposati». Comunità cristiane «capaci di accompagnare e sostenere gli sposi nella loro avventura». La famiglia ha bisogno di un luogo per vivere. «E della testimonianza di chi sperimenta la pienezza umana che Cristo rende possibile».
di Stefano Filippi
giovedì 6 ottobre 2011
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