sabato 1 ottobre 2011

Evangelizzare in rete: IL DECALOGO DEL COMUNICATORE CATTOLICO



Personalmente sono in rete da quando i modem gracchiavano spernacchiavano e fischiavano e le pagine si caricavano nel tempo di farsi un caffè (vero Paolo Pugni?). In questi 15 anni mi sono costantemente interrogato sulla possibilità di usare internet come strumento di evangelizzazione. Visto che bene o male il vangelo rimane il mio grande amore e il portarlo a più gente possibile il mio assillo quotidiano perché non associarlo ad un hobby così appassionante e coinvolgente come la comunicazione in rete?

L'esperienza mi ha fatto fare un sacco di sbagli da cui ho imparato molto, quindi se permettete, dall'alto dei miei 50 anni, come un vecchio orso saggio, ve li somministro a mo' di decalogo.

1. - Nulla può sostituire l'amicizia. L'annuncio del Vangelo è cosa dell'anima, passa da un'anima all'altra e questo richiede necessariamente il contatto personale. Finché non riusciamo a “bucare” il virtuale e trasformare le amicizie elettroniche in amicizie vere non passerà nulla. Questo non è impossibile, ma richiede tempo e pazienza, tanto tempo e tanta pazienza, non i contatti “mordi e fuggi” tipici di FB e dei social network.

2. - È vietato esibirsi. Il narcisismo è una deformazione tipica della rete, il 99% di quelli che la frequentano ci sono fondamentalmente per questa inconfessata ragione: per avere la possibilità di esibirsi davanti ad una sterminata platea. Va da sé che la cosa è puramente illusoria. Proprio perché sterminata, la platea presterà pochissima attenzione a noi, da qui la tentazione di forzare i toni, di “gridare”, di assumere posizioni estreme che magari ci faranno apprezzare nella nostra nicchia, ma renderanno sempre più difficile una reale comunicazione con chi la pena diversamente da noi.

3. - Nessuno ti conosce davvero. Nella comunicazione interpersonale diamo per scontate un sacco di cose, dalla comunicazione non verbale alla conoscenza reciproca, che fanno sì che siamo ragionevolmente sicuri che il nostro interlocutore recepisca le nostre parole nel modo giusto. In rete tutto questo non c'è, in rete ci sono solo le parole, nella loro nuda essenzialità e d'altra parte in tutta la loro forza. Quindi non bisogna mai dare niente per presupposto né accampare diritti di posizione (tipo “io sono un docente universitario e tu chi sei che ti permetti di contraddirmi?”).

4. - Omnia quid recipitur admodum recipientis recipitur. Il vecchio adagio tomista (tutto ciò che viene ricevuto, viene ricevuto al modo di chi lo riceve) è una regola fondamentale di qualsiasi forma di comunicazione e vale doppio nella comunicazione in rete. Non basta dire qualcosa, devi dirlo in modo che sia comprensibile per chi ti legge, per essere certo che capisca la stessa cosa che tu intendi. Questo implica un continuo sforzo per mettersi nei panni dell'altro, per capire il suo punto di vista, per cercare un linguaggio comune.
5. - Prima di parlare pensa, prima di pensare ascolta, prima di ascoltare prega. Questa è una vecchia massima, credo di origine benedettina, che dovremmo scrivere tutti sopra i nostri desktop. L'ascolto è fondamentale, solo se si sentirà capito il nostro interlocutore non si sentirà aggredito. Gesù prima di parlare tre anni ha vissuto trent'anni in silenzio, credo che sia una regola generale, il rapporto tra ascolto e intervento dovrebbe essere sempre di dieci a uno.
6. - Usa il mezzo per le sue reali possibilità. La rete è uno straordinario veicolo di informazioni e un mediocre veicolo di emozioni, nel senso che le emozioni comunicate in rete sono estremamente volatili e generalmente assai poco profonde, è quindi poco produttivo fare appello ad esse nei nostri post. Naturalmente la ragione non è l'unica via di accesso alla fede e tuttavia è comunque una porta possibile, fondamentale in una necessaria pars destruens, sfatando cioè falsi miti sulla Chiesa e sul vangelo. Servono quindi a poco o nulla post unicamente devozionali (vi confesso che ne ricevo decine ogni giorno e immancabilmente li cestino senza leggerli) o in cui generalmente prevalga un contenuto emotivo, mentre sono utilissimi post in cui si argomenta in modo piano, chiaro ed intellegibile le proprie ragioni.

7. - Presentarsi disarmati. Dio ha voluto nascere bambino, non ha voluto apparire nel mondo come un uomo già adulto, questo naturalmente per una montagna di buone ragioni, ma, tra le altre io credo, anche perché nessuno potesse aver paura di Lui. Non può certo far paura un bebè in fasce. Molto spesso una delle maggiori difficoltà dell'evangelizzazione è che mentre noi siamo consapevoli di portare un dono e ci muoviamo di conseguenza gli altri percepiscono la nostra azione come una guerra di conquista ed hanno quindi paura di noi. Per togliere la paura e quindi poter dare il dono che ci è stato affidato è fondamentale mettersi in quella posizione “sottomessa” (nel senso etimologico: star sotto, cioè farsi bassi, umili, mettersi a sostegno, alla base) che nessuno può scambiare per aggressiva. La mia amica Costanza Miriano è un vero genio in questo, invito tutti ad imparare dal suo blog magistrale: http://costanzamiriano.wordpress.com/

8. - Il sale è buono, ma quando è troppo rovina la pietanza. Allo stesso modo la testimonianza personale è una cosa utilissima e necessaria, ma all'eccesso finisce con l'infastidire. È molto bello parlare di sé per stabilire veri canali di comunicazione e “bucare il virtuale”, bisogna però evitare il rischio di sovraesposizione, a parlare troppo di sé si rischia di presentarsi come modelli e questo è assolutamente negativo.

9. - Dall'altra parte dello schermo non c'è un fascio di bit. Il nostro interlocutore è una persona vera, dobbiamo sempre ricordarlo. A volte è difficile, specie se la persona in questione fa di tutto per irritarci, ma bisogna sempre cercare di raggiungere l'uomo o la donna che scrivono, al di là di ciò che scrivono.

10. - Non tutte le battaglie vanno combattute. Una vecchia massima (di cui non ricordo l'autore) recita: è inutile discutere con un cretino, prima ti porta sul suo livello e poi ti batte con l'esperienza. Allo stesso modo è inutile mettersi a discutere con chi non ha alcuna voglia di confrontarsi, inevitabilmente si finisce con il cominciare una gara a chi strilla più forte in cui tutti perdono e più di tutti perde il vangelo che vorremmo portare, che finisce con l'apparire odioso. Prima di applicare questa regola però bisogna aver applicato tutte le altre nove, dobbiamo cioè essere assolutamente certi di non essere NOI quelli che in realtà non hanno una vera volontà di comunicare, altrimenti è troppo grande la tentazione di affibbiare all'altro la patente di non-comunicatore quando in realtà siamo noi a non volerlo fare.

Se poi siete in rete solo perché volete divertirvi e non per annunciare il vangelo fate pure, ma se siete esplicitamente cristiani sappiate che gli altri vi guardano, quindi un po' di responsabilità l'avete pure voi

pubblicata da Fabio Bartoli Facebook

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