venerdì 9 agosto 2013

La fede è «sguardo»

   LUMEN FIDEI - LA PRIMA ENCICLICA DI PAPA FRANCESCO E BENEDETTO XVI SULLA FEDE
LA «LUMEN FIDEI» E QUELLA PAROLA CHE RICORRE BEN 16 VOLTE 


 Il secolo XX e il bra­no di anni che se­guono hanno co­nosciuto due sbanda­te culturali: la prima è la concezione dell’ag­gregarsi umano in senso massivo che ha avuto la reazione critica di tanti intellet­tuali, fra i quali Simone Weil, Hannah A­rendt, Edith Stein; la seconda è il pro­gressivo rattrappirsi dell’idea di uomo dentro le strettoie dell’individualismo, contro cui ha esercitato la sua severa a­nalisi Benedetto XVI. Il magistero catto­lico, da parte sua, ha invece coniugato comunione e singolarità. Anche la Lu­men fidei compie tale sintesi fra queste due genialità cristiane. Papa Bergoglio accentua il rapporto sin­golarità- fede (cfr. nn. 14, 22, 25, 34, 39), ricordando che la perdita della singola­rità è uno dei pericoli cristiani (cfr. Karl Rahner, Pericoli nel cattolicesimo d’oggi, Roma 1961). Francesco, in modo marca­to, mostra però il filo forte che lega fede e dimensione ecclesiale (cfr. nn. 12-14, 22, 37-49). La Lumen fidei afferma: «L’e­sistenza credente diventa esistenza ec­clesiale » (n. 22). I cristiani non possono dire 'io credo' e finirla qui. Veramente, nulla può dirsi solo al singolare nel cri­stianesimo, neppure 'io spero' e 'io a­mo'. Il Papa sottolinea: «I cristiani sono 'uno' (Gal 3,28), senza perdere la loro individualità, e nel servizio agli altri o­gnuno guadagna fino in fondo il proprio essere» (n. 22). L’ecclesialità la si vede spesso come un alcunché di aggiunto, quasi una forma decorativa sia rispetto al cristianesimo (si ricordi la pretesa più volte avanzata di un cristianesimo a-ec­clesiale, contro cui papa Bergoglio ha fatto sentire il suo disappunto), sia ri­spetto alla fede. E ora ribadisce: «La fe­de ha una forma necessariamente ec­clesiale » (n. 22). La fede si diffonde da comunità a comu­nità cristiana. Si tratta di una traditio lampadis, per usare una parola di Come­nio. «La luce di Gesù brilla, come in uno specchio, sul volto dei cristiani e così si diffonde, così arriva fino a noi» (n. 37).
  Un pedagogista, Carl Rogers, insegnava che i valori si trasmettono per 'con­gruenza', per contagio, proprio come di­ce Bergoglio per la fede: «La fede si tra­smette, per così dire, nella forma del contatto, da persona a persona, come u­na fiamma si accende da un’altra fiam­ma » (n. 37). In concreto, s’espande con i sacramenti, specie col battesimo (cfr. nn. 41-43), con la preghiera e la vita morale (cfr. n. 40).
  Originale è la
 Lumen fidei quando, in contesto di fede, parla di 'sguardo', pa­rola che vi ricorre sedici volte. Fra l’altro, il Papa parla di fede e amore che permet­tono lo «sguardo del futuro» (n. 4), del fatto che all’interno dell’esperienza di fe­de, «nell’incontro con gli altri lo sguardo si apre verso una verità più grande di noi stessi» (n. 14). Inoltre afferma che «nel­l’ora della Croce [è situato] il momento culminante dello sguardo di fede» (n.
  16); definisce «la fede [...] come un cam­mino dello sguardo» (n. 30) e, infine, as­serisce: «Confessando la stessa fede pog­giamo sulla stessa roccia, […] irradiamo un’unica luce e abbiamo un unico sguar­do per penetrare la realtà» (n. 47).
  Uno dei bei lasciti della
 Lumen fidei è proprio il modo con cui Francesco vi modula il tema dello sguardo di fede. È una sua vera prospettiva pastorale.
  Nell’Omelia nel Santuario di Aparecida ha esortato: «Abbiamo uno sguardo po­sitivo sulla realtà» (Mercoledì, 24 luglio 2013). Egli chiede di avere uno
 sguardo prospettico nei confronti dell’uomo con­temporaneo: si tratta d’imparare l’arte di vederlo nel suo mondo aggiungendo alle due dimensioni piatte (l’orizzontale e la verticale) una terza, quella della 'profondità'. La prospettiva è una rivo­luzione che è avvenuta nella pittura da oltre cinque secoli, ma la Lumen fidei ci chiede di adottarla oggi nella missione e nella pastorale. MICHELE GIULIO MASCIARELLI

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