martedì 13 agosto 2013

Il vero 'volere bene' non è ondivago ma viene guidato dalla verità .

LUMEN FIDEI - LA PRIMA ENCICLICA DI PAPA FRANCESCO E BENEDETTO XVI SULLA FEDE
UN INSEGNAMENTO DELLA «LUMEN FIDEI»
 

 «
A mo­derno sembra […] che la questione ll’uo­mo dell’amore non abbia a che fare con il vero. L’amore risulta oggi un’esperienza legata al mondo dei sentimenti incostanti e non più alla verità»: lo mette in luce un intero paragrafo della Lumen fidei
 di Papa Francesco, scritta 'a quattro mani' con Benedetto XVI, dal quale recepisce una questione diverse volte sottolineata dal predecessore, perché, in realtà, l’amore «non si può ridurre a un sentimento che va e viene». In effetti, in primo luogo, l’amore ha bisogno di stabilità per costruire rapporti interpersonali profondi, per «perdurare nel tempo, per superare l’istante effimero». Oggi,
 per contro, vige la logica del 
 consumo

  delle persone e della rinuncia a progettare per il futuro; nella coppia, in particolare, si cerca una vivibilità fondata solo o quasi solo sull’empatia e/o sull’intensità del sentire, col risultato di fare prove su prove con persone diverse, sfasciando famiglie e provocando enormi sofferenze (quantomeno nei figli), invece che impegnarsi nella costruzione di una vera reciprocità, di una vera comunione profonda. In secondo luogo, l’enciclica richiama il fatto che l’amore non è principalmente un caleidoscopio di emozioni, ancorché possa esserne sovente innervato, non consiste soprattutto nello 'stare bene insieme', nel trasporto emotivo. Come rilevava già Aristotele, esso consiste principalmente nella bene-volenza. Del resto, dire a qualcuno 'ti voglio bene' equivale a dirgli 'io voglio il tuo bene', 'il tuo bene è la mia premura', desidero realizzarlo e favorirlo. Anche se mio figlio mi disgusta per ciò che ha fatto (per esempio perché ha assassinato qualcuno), anche se provo repulsione verso di lui, nondimeno
 io lo amo se voglio, desidero e cerco il suo bene, il suo riscatto, la sua redenzione... Se nell’amore non cerco come obiettivo prioritario di accendermi e ri-accendermi di emozioni, se con la volontà mi prefiggo piuttosto il bene dell’altro, posso essere in grado di spostare il mio baricentro vitale da me all’amata\o: allora l’amore stesso è foriero di conoscenza e di verità sull’altro. Invece di focalizzarmi sulle mie emozioni, posso comunionalmente realizzare l’immedesimazione con l’altra persona: così mi è possibile l’ intus  legere, il conoscere dal di dentro.
  L’enciclica al riguardo cita Gregorio Magno che diceva che «
 amor ipse notitia est
 », l’amore stesso è una conoscenza. Riconnettere l’amore alla verità e alla conoscenza vuol dire, allora, andar oltre l’emozionalismo delle odierne fragilissime relazioni interpersonali, non ridurlo ad emozione – che pur è assai preziosa nella vita –, non seguire la mera regola del 'va dove ti porta il cuore'. Vuol dire, ancora, guardarsi da certe forme di falso amore: per esempio, l’uccisione eutanasica viene non di rado presentata in questi termini, e viene da qualcuno, anche in buona fede, realizzata per questo motivo.
  Bisogna perciò che la verità dell’incommensurabile preziosità dell’essere umano indirizzi l’amore verso la protezione, l’accudimento, la com-passione per l’umano, in qualsiasi condizione si trovi. D’altra parte, come dice l’enciclica, «anche la verità ha bisogno dell’amore», altrimenti diventa fredda, impersonale, asettica, e l’uomo che la professa si rende insensibile e talvolta perfino arrogante. Del resto, alla radice di tutto, amore e conoscenza sono sinergicamente uniti in Colui che è insieme Amore e Ragione: l’uomo deve prefiggersi la
 caritas in veritate (per dirla col titolo dell’ultima enciclica di Benedetto XVI) se vuol essere fedele alla sua natura di imago Dei. 

 GIACOMO SAMEK LODOVICI
 

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