martedì 18 settembre 2012

Hai perso il lavoro? Non attardarti nel lamento, cerca il volto del Mistero

Caro padre, ti do del tu perché anche se non ci conosciamo per me sei un amico. Ogni giovedì quando torno dal lavoro la prima cosa che faccio è vedere se è arrivato Tempi per leggere le tue testimonianze che per me sono un aiuto continuo. Ti scrivo per raccontarti la mia storia. Ho 28 anni e da quando sono nato prematuro di 5 mesi e mezzo e pesavo 7 etti ho capito che la vita è una cosa seria. Gli ultimi 2 anni e mezzo sono stati molto intensi. Ho perso il lavoro. Dal 2007 a metà 2009 lavoravo in una piccola azienda, eravamo io e il titolare, e causa crisi l’azienda ha chiuso. Il rapporto costruito in 2 anni e mezzo tra noi è stato qualcosa di straordinario. Per me è stato come un secondo padre, ho trovato in lui un punto di riferimento importante per la mia persona, che porterò per sempre con me. Dopo la botta iniziale, ho dovuto rimboccarmi le maniche. Pur di trovare un nuovo posto di lavoro ho portato a mano nelle zone industriali 1.782 curriculum, vivendo la ricerca come una sfida con me stesso e ottenendo solamente 19 risposte. Tutto questo a livello psicologico mi ha toccato profondamente, così tanto che mi è venuta la depressione. È come se fossi finito in un tunnel buio, tanto che non avevo voglia di far niente, mi sembrava tutto inutile. Nel periodo in cui ero disoccupato ho comunque trovato tre posti di lavoro, ma nessuno dei tre mi soddisfaceva, e questo mi faceva fare molta più fatica, non avevo stimoli e addirittura timbrare il badge diventava un problema. In quel momento ho capito che se non mi fossi affidato a qualcuno di più grande e con più esperienza di me da solo non ce l’avrei fatta. Sono stato in cura da una persona straordinaria. Anche ora molte volte sento il bisogno di “andare a trovarlo” perché mi fa star bene e mi giudica per quello che sono e non per quello che faccio, mettendo la persona al primo posto. Anche mia mamma in questo periodo ha perso il lavoro. Insegnava in una scuola cattolica, i suoi colleghi erano tutti amici d’infanzia. I miei facevano anche parte di una fraternità, ma nessuno di quei confratelli le è stato accanto nel momento del bisogno. Com’è possibile che a 55 anni venga lasciata a casa e l’unica risposta che le hanno saputo dare è che il rapporto di lavoro è terminato solo per motivi amministrativi, cosa per altro non vera? È proprio vero che il potere non guarda in faccia a nessuno. Dopo essere uscito da questo periodo duro, un giorno mi chiama un’agenzia interinale per andare a fare un colloquio per un’azienda in provincia di Milano, dove tutt’ora lavoro. Nella mia vita sono stato molto legato al papà di mio cognato che il 21 ottobre 2006 è venuto a mancare. Pochi giorni dopo, il 25 ottobre, si è svolto il funerale. Ebbene, il giorno del colloquio era il 21 ottobre e il primo giorno di lavoro era il 25. Credo sia segno di qualcosa di più grande. Ora lavoro in questa azienda che fa macchine per il gelato a livello industriale. Prima di Natale mi hanno rinnovato il contratto per un altro anno e l’anno prossimo diventerà un contratto a tempo indeterminato. Però in tutto questo c’è anche il rovescio della medaglia. È stato triste il fatto che molti “amici” sapevano che mi scadeva il contratto ma nessuno mi ha chiesto se mi è stato rinnovato o meno. Mi sembra di vivere in un mondo troppo difficile. Conosco anche gente che magari fa l’università e ci mette più del doppio a laurearsi e sembra che sia la persona più felice del mondo. Come si fa a vivere così? Questa settimana sono andato a lavorare e a fare l’inventario. Nessuno voleva farlo, così mi sono proposto. È successa una cosa bellissima: mi sono scoperto felice anche contando i pezzi in magazzino. Nel periodo in cui ero disoccupato, a parte la mia famiglia, il mio ex titolare e la persona da cui sono stato in cura, quasi nessuno mi è stato vicino. Credo che essere amici veri significhi esserci nel momento del bisogno. Stare insieme per uscire a bere una birra non mi basta più. Il mio cuore desidera qualcosa di più grande, perché noi siamo fatti per qualcosa di più grande. In questi due anni e mezzo oltre a mia mamma anche mio papà ha perso il lavoro. È dura vedere una persona di 57 anni rimettersi in discussione e ripartire da zero. Com’è possibile vivere serenamente una situazione del genere? Un altro desiderio che ho è quello di crearmi una famiglia unita nel nome di Dio. A volte mi faccio domande troppo grandi a cui non so darmi una risposta. Come posso fare per vivere serenamente tutto questo? Lettera firmata Perché manipolare la realtà fino a ridurla a un lamento quando sarebbe più facile obbedirle e con pazienza capire ciò che ci indica? L’urgenza per te e per me è quella di partire sempre da un’ipotesi positiva nel vivere qualsiasi circostanza. Mi spiego con un esempio. Da molto tempo soffro di insonnia e in più in questi giorni la temperatura qui ha raggiunto i 47 gradi. Una cosa insopportabile, ancor più quando uno non riesce a riposare durante la notte. L’irritabilità, il fastidio, il malessere è terribile. Inoltre in una di queste notti si è verificato un blackout e con la scomparsa dell’elettricità si è spenta l’aria condizionata. Visto che non sopportavo più il calore del materasso, ho afferrato un cuscino, sono sceso nel corridoio della chiesa e mi sono sdraiato sul pavimento per assaporare il “fresco” delle piastrelle. Ovviamente non ho dormito per niente e la rabbia ha cominciato a entrare nella mia mente. Quanto più il nervoso sembrava vincere, tanto più la certezza del giudizio di vedere in queste condizioni una positività, che mi obbligava a tenere i miei occhi aperti davanti al Mistero, aumentava sempre più il grido: «Signore, perché? Signore aiutami non solo a sopportare, ma a offrire». Mentre avevo questa posizione, è tornata la luce e sono potuto tornare a dormire nel mio letto alcune ore, perché nell’orizzonte l’alba cominciava già a mostrare il suo bellissimo volto. La vita è così, come pure le relazioni umane, anche quelle per cui avremmo dato la vita e che improvvisamente cambiano, diventano moleste, rabbiose, o perfino nemiche. È l’umano che portiamo dentro ciascuno di noi, è l’esperienza quotidiana della nostra fragilità, con la quale siamo chiamati a fare i conti. Questo umano, questa fragilità, questo miscuglio di fango, di sterco e di bellezza, è l’unica strada verso Cristo. Non solo, ma senza questo fango, senza questa miserabile umanità è impossibile sperimentare la tenerezza di Cristo. Cosa importa se anche gli “amici”, perfino se compagni di Fraternità, che dovrebbero avere come unica ragione quella di aiutarsi nel cammino della fede, ci abbandonano? La nostra consistenza, la nostra ragione di vivere non è in Cristo? Tutti i giorni mi trovo in situazioni simili alla tua, ma quando ripenso a ciò che Gesù afferma nel Vangelo, riprendo con gioia il cammino: «Rallegratevi non per i miracoli, ma perché i vostri nomi sono scritti nel cielo». Vivere intensamente il reale è la responsabilità che ci è affidata. Solo in questo modo la perdita di un lavoro non ci annienta e non ci preoccupa la questione della morosa. Non si tratta di “pensare”, ma di vivere intensamente, perché se il pensiero non è la conseguenza del vivere con passione la realtà, è una fantasiosa elucubrazione mentale che nel tempo distrugge perfino la ragione, riducendola a immaginazione o stato d’animo. La serenità nella vita è sempre frutto di un guardare e prendere sul serio la realtà. Per questo mi commuovo ogni giorno quando visito i miei figli malati terminali e vedo nei loro volti una gioia sconcertante. Come nel caso di Pastora e Norma. Pastora, una donna di campagna che dava da mangiare ai suoi sette figli con il duro lavoro nella fattoria, malata di cancro con vari tumori nel viso, già anziana, vive affidandosi al Signore, con il sorriso sulle labbra, dicendo ogni giorno: «Sono contenta, qui so che mi salvo». Norma è una giovane mamma che è tornata in questi giorni nella Clinica, dopo essere stata dimessa dai medici dall’ospedale, a causa del suo sorprendente recupero. Quando è tornata ed è entrata qui, il suo volto si è trasfigurato, emanando una gioia che ci ha sorpresi tutti, perché sappiamo che solo un miracolo ha potuto salvarla. «Finalmente sono tornata a casa mia», e pensate che ha un marito e nove figli. Cosa permette questa posizione piena di positività? La certezza della scomparsa del cancro? Assolutamente no! È l’incontro con una realtà umana determinata dalla positività della realtà stessa, perché in questo luogo perfino le pietre gridano come Jacopone da Todi: «Amor, amore, grida tutto il mondo. Amor, amore, omne cosa conclama». La nostra consistenza o sta nella realtà, cioè in Cristo, o qualsiasi cosa diventa un lamento. Oggi sarà la mancanza della fidanzata o la perdita del lavoro, domani una malattia, la morte dolorosa di un amico o il licenziamento a 57 anni. Al contrario, «tutto posso in Colui che mi dà la forza». Lo affermo in un momento molto duro della mia vita, persino a livello di salute, non perché sia forte, anzi sono molto debole e invecchiato, ma perché la vita, la realtà vissuta senza sconti (la realtà non fa sconti a nessuno) mi ha educato e mi educa in ogni istante a riconoscere la verità che il mio cuore cerca. «Tu, o Cristo mio». Mi insegna a guardare in faccia Cristo, accompagnato e sostenuto dagli amici, in particolare i più vicini, Paolino, Alberto, Marcos e Cleuza. Non perdere tempo con i lamenti, anche se comprensibili, ma cerca quei volti nei quali la presenza del Mistero è evidente. In questi mesi sono stato in Brasile due volte e Marcos e Cleuza sono venuti due volte ad Asunción. Quando la lotta è grande, quando infuria la battaglia, quando i problemi sembrano soffocarti, il grido e l’affidarsi agli amici nei quali sono evidenti i tratti del Mistero è l’unica strada per vivere positivamente tutto. paldo.trento@gmail.com

Nessun commento: