giovedì 12 gennaio 2012

Niente nichilismo, siamo uomini

Un weekend con don Julián Carrón per le comunità anglofone. Dialoghi e testimonianze tra adulti e più giovani. Nella scoperta che la realtà è positiva sempre. Anche davanti alla morte di tuo padre...


Londra, il Millennium Bridge

Sunningdale, cittadina ai confini di Londra e casa del tour europeo di golf, anche quest’anno ha ospitato il weekend di vacanza dei Paesi europei di lingua inglese (Irlanda, Lussemburgo, Malta, Olanda, Scandinavia e Regno Unito) al quale ha partecipato don Julián Carrón. Un incontro molto sentito fin dalla vigilia, tanto che la segreteria si è trovata a dover gestire, a sorpresa, una lista di attesa di 30 persone. Ci sono anche nuovi amici incontrati da un giorno e vecchie conoscenze come Robert, che si era allontanato dal movimento nel 1996 ed è tornato. Indizio di quanto fosse pertinente il titolo dato alla due giorni di convivenza: “L'inesorabile positività della realtà”.
I cuori hanno sussultato quando il venerdì sera don Carrón ha ripreso l’omelia di Benedetto XVI per l’Epifania: «Il cuore inquieto è il cuore che, in fin dei conti, non si accontenta di niente che sia meno di Dio e, proprio così, diventa un cuore che ama. Il nostro cuore è inquieto verso Dio e rimane tale [...]. Ma non soltanto noi esseri umani siamo inquieti in relazione a Dio. Il cuore di Dio è inquieto in relazione all’uomo. Dio attende noi. È in ricerca di noi. Anche Lui non è tranquillo, finché non ci abbia trovato. E questo è il vostro compito sulle orme degli Apostoli: lasciatevi colpire dall’inquietudine di Dio, affinché il desiderio di Dio verso l’uomo possa essere soddisfatto».
Nelle parole del Papa c’è già molto di quanto emerso nella prima assemblea di sabato. Immediata, infatti, è la testimonianza dell’inquietudine dell’uomo che da una parte desidera raggiungere Dio, dall’altra è cosciente della propria piccolezza. Il rischio è che, confrontati con il proprio limite, ci si blocchi. Ma se è così, chiede Amos, «qual è il punto di partenza?». Qualcuno prova a rispondere, poi Aldo rilancia: «Io in realtà avrei risposto: io sono Tu che mi fai». Don Carrón quasi sobbalza sulla sedia e interviene: «Qual è il rapporto tra il ricevere la vita e lo scandalo per il proprio limite? Lui mi ama più del mio scandalo. E questo è un avvenimento che sta accadendo ora. Quando sono pieno della mia vergogna, Lui mi sta facendo. Ora. Questo è un giudizio sul valore della mia vita. Lui mi sta facendo ora perché mi ama».
Di fronte all’abbraccio di Cristo, non si ha più bisogno di aspettare nulla. Come Imma, che ringrazia Dio proprio nel momento in cui si accorge di aver ferito il marito e il figlio per una reazione spropositata. Si inizia a perdonare se stessi, perché si è certi che c’è Uno che ci ama, uno che ci perdona: questa è l’esperienza della confessione. Oppure Peter (padre di 7 bambini) che, di fronte alla perdita prematura di un figlio tre mesi fa, racconta di questa esperienza dolorosa, certo, ma anche gioiosa. La scoperta, cioè, di un amore più vero e più intenso per gli altri figli e di un amore che Cristo mostra in semplici gesti di amici e conoscenti: «Le nostre vite sono state riempite di un desiderio immenso. Il bambino che Alison ha portato in grembo per sole 7 settimane ha fatto sì che le nostre profondità più intime sussultassero di gioia. Ci siamo scoperti commossi nella speranza della salvezza eterna del nostro figlio Raphael e di Charis e Zoe (persi all’inizio del matrimonio). Noi vediamo che la speranza è una virtù e Dio ci fa esprimere questa speranza in fatti reali».
Ma non è sufficiente vedere in altri questa esperienza di positività perché diventi nostra. Deve entrare nella nostra carne. Marco ha 18 anni, negli ultimi tre mesi ha perso un amico in un incidente, è stato lasciato dalla ragazza e non è stato accettato all’Università di Oxford. Domanda: «Come si fa ad avere la certezza che tutto è per te?». Carrón: «Tu puoi forse mettere la mano sul fuoco che non c’è una positività in tutto questo? Sei sicuro al cento per cento?». Marco: «No». Carrón: «Questa è la ragione: apertura. Sta a te allora decidere se vuoi lasciare la possibilità a questa positività di entrare o no. E l’aprirti è ragionevole perché tu nella vita hai già avuto esperienza di situazioni in cui la realtà si è rivelata più grande di quella che ti appariva».
Silvia, invece, racconta della morte di suo padre avvenuta quando lei era ancora piccola. Non era ancora riuscita a guardare davvero questo fatto. Tentava di dimenticare suo padre vivendo come se non fosse mai esistito. Ma durante gli ultimi mesi, grazie al lavoro della Scuola di comunità, le cose sono cambiate. «Mi sono resa conto che, in realtà, in questo modo lo uccidevo di nuovo, diventando orfana due volte. Invece ora posso guardarlo in faccia e dire che la realtà è positiva perché lui è esistito ed è ancora presente nella mia vita». Qualsiasi sia il volto della realtà, essa esiste. E se esiste, è creata da un Altro. Ma non è possibile combattere la battaglia contro il nichilismo – si è detto – senza un lavoro tenace sulla Scuola di comunità. Senza, cioè, essere disponibili ad un cammino. Solo avendo una tenerezza verso se stessi, si ha la ragione per fare il cammino proposto da don Giussani.
Il weekend si è concluso con una serata di canti e la presentazione del nuovo libro All’origine della pretesa cristiana, che hanno inaspettatamente (perché preparati indipendentemente) delineato la medesima proposta di cammino per il nuovo anno: la verifica del fatto di Cristo oggi è la stessa di duemila anni fa. Il segno che Cristo entra nella nostra esperienza è il compimento della nostra vita, il compimento di ragione, affezione e libertà. Ed il test di questo è veder crescere in noi l’affezione e familiarità alla persona di Cristo. Ciò che si è iniziato a riscoprire nel miracolo di questi giorni a Sunningdale.
di Gianluca Marcato - http://www.tracce.it

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