domenica 26 dicembre 2010

Santo Natale di Gesù – 25/12/2010“andare a Betlemme per ritrovare se stessi”


E’ esperienza quotidiana brancolare nel buio, non sapere la direzione, non riuscire a usare il “satellitare”. Così anche Maria e Giuseppe per cercare un riparo, così i pastori, così i Magi che scrutano e interrogano, come il viandante raccontato da Trilussa (1871-1950). Il protagonista, persosi di notte in un bosco, racconta: «quella vecchietta cieca, che incontrai la notte che me spersi in mezzo ar bosco, me disse: se la strada nu’ la sai te ciaccompagno io che la conosco. Se ciai la forza de venimme appresso, de tanto in tanto te darò una voce, fin là in fondo, dove c’è un cipresso …
Io risposi: sarà … ma trovo strano che me possa guidà chi nun ce vede …
La cieca allora me pijò la mano e sospirò: cammina! Era la fede”.

A Giuseppe e a Maria capitò la stessa situazione. Tra dubbi e interrogativi giunsero a fidarsi dell’Angelo, di Dio. Si misero in viaggio. Giuseppe decise che il Sogno era realtà. Maria disse il suo “sì”. La strada era impervia, sconosciuta. L’imposizione dell’autorità era tassativa: andate nel paese d’origine. A Betlemme essi trovano il Bambino. La battaglia tra realtà e fede inclinò su quest’ultima.
Ritrovarono se stessi, capirono la missione, sperimentarono l’identità e la vocazione del Bambino/Salvatore del mondo. Nel Bambino a Betlemme compresero se stessi. Altri a Betlemme scoprirono il Bambino attraverso una visione, un bagliore, una musica, la Parola: trovano il Bambino. Altri si mossero dal lontano Oriente in cerca di senso, di orientamento, assetati di verità, stanchi di cercare a vuoto: vedono il segno. A Betlemme trovano le motivazioni del vivere. Ritornano per una strada nuova: la vita ora ha senso compiuto.
Altri ancora, avvolti da certezze del potere, ritengono di essere onnipotenti (Erode e il Palazzo, i sapienti e i cortigiani, i sacerdoti e i conoscitori di tutto). Rimangono nel Palazzo, forti delle loro certezze. Anzi, chi viene a turbarle va ucciso, perché intralcia il potere, l’assolutismo, la prepotenza, genera l’insubordinazione, sconvolge la vita.

Chi va a Betlemme liberamente, pur con tutti i dubbi, con tutte le crisi, tra insidie e insicurezze, scopre in che direzione incamminarsi, le decisioni da prendere, lo scopo dell’esistenza: dal Bambino. Attraverso i vari “segni” lasciarsi coinvolgere.

Andare a Betlemme significa anche vivere tradizioni, usi e costumi: musiche, canzoni, presepi. Dentro di essi, che possono essere come il sogno di Giuseppe, l’annuncio a Maria, l’apparizione di angeli ai pastori, la stella dei Magi, scoprire il significato e che cosa comporta la scoperta e il messaggio. Nessuno resta indifferente alla nascita di un bambino; essa richiama attenzione, tenerezza, sentimenti di bontà, possibilità di costruire la nuova umanità.

I testi delle letture sono segni/sogni: la presenza di Dio nella storia umana, la possibilità vera, concreta di vivere la dignità umana nostra e quella altrui.
Don Primo Mazzolari ha scoperto a Betlemme il Bambino, ne vive il messaggio affermando: “il mio Natale: dar da mangiare senza affamare nessuno, vestire senza denudare nessuno, far vivere senza uccidere nessuno …”.

Nella grotta è possibile intuire il percorso di ciascuno e come Chiesa.
a) L’umiltà, virtù dimenticata e disprezzata. Il segno offerto non è un miracolo emozionante; è un Bambino che si propone, e non si impone alla libertà umana
b) Da qui lo stupore. La nascita di Gesù non è una favola, ma la risposta di Dio al dramma dell’umanità. Dramma iniziato da Adamo ed Eva in poi, sempre minaccioso, nonostante la presenza del Bambino
c) E’ una forza prorompente. La nascita e confutazione della morte, la rivendicazione di dignità; la novità contiene in radice la capacità di essere costruttori e non demolitori.
Tra gli auguri scomodi, l’Arcivescovo Tonino Bello indicava la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e la capacità di inventare una carica di donazione e di preghiera, di silenzio e di coraggio. I frutti di tutto ciò: pace e speranza
d) E’ la vita nuova. La nostra storia quotidiana diventa luogo di rinascita. Se l’umanamente impossibile è avvenuto (Dio si fa uomo), allora ciascuno può e deve dire: Io oggi rinasco, ricomincio, perché l’incontro con il Bambino mi rigenera. Grazie al Bambino di Betlemme vi è la nuova rinascita dell’umanità con il mio contributo. Per cerchi concentrici irradio il nuovo, il bello, l’amabile, il giusto, il vero, il lodevole.

E’ la sfida che lanciò ai cristiani Nietzsche: “canti migliori dovrebbero cantarmi perché io impari a credere al loro redentore; più redenti dovrebbero sembrarmi i suoi discepoli. Se la buona novella della vostra Bibbia fosse anche scritta sul vostro volto, voi non avreste bisogno di insistere così ostinatamente perché si creda all’autorità di questo libro; le vostre opere, le vostre azioni dovrebbero rendere quasi superflua la Bibbia, perché voi stessi dovreste continuamente costituire la Bibbia nuova e viva”.


don Carlo
http://www.eremos.it

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