"Educare, cioè introdurre alla realtà e al suo significato, mettendo a frutto il patrimonio che viene dalla nostra tradizione culturale. Occorrono maestri, e ce ne sono, che consegnino questa tradizione alla libertà dei ragazzi, che li accompagnino in una verifica piena di ragioni, che insegnino loro a stimare ed amare se stessi e le cose. L’educazione comporta un rischio ed è sempre un rapporto tra due libertà."
« In termini laici si può dire che il nodo di fondo della questione educativa è la presenza, o l’assenza, di fiducia nella vita. In termini religiosi bisogna parlare della speranza cristiana, a cui Benedetto XVI ha dedicato non a caso la sua seconda enciclica. Quella speranza affidabile che, sola, può essere l’anima dell’educazione,come dell’intera vita». È questa, secondo il cardinale Ruini, la prima radice di quella “emergenza educativa” denunciata dal Papa due anni fa, ma già da molto prima percepita dai genitori e da chi lavori ad educare. Tema vivo e spesso dolente, e l’auditorium di Assolombarda, a due passi dal Duomo, è affollato nel convegno annuale dei Centri Culturali Cattolici della diocesi di Milano.
Cosa rende così difficile oggi educare? La lectio magistralis di Ruini parte da una analisi delle correnti che pervadono la cultura contemporanea. Primo, il relativismo per il quale, dice, «lo stesso parlare di “verità” viene considerato pericoloso e autoritario». Secondo, il nichilismo: la “morte di Dio” annunciata da Nietzsche, la sua scomparsa dall’orizzonte culturale, «che è alla radice della caduta di tutti i valori». Terzo, aggiunge il cardinale, il “naturalismo”, inteso come pensiero che tende a ridurre l’uomo al puro risultato di un’evoluzione biologica. Pensiero che «contrasta radicalmente con l’idea ebraico - cristiana dell’uomo come immagine di Dio», e nega una insormontabile differenza ontologica dell’essere umano. Andando a contestare quindi il primato assoluto della persona, ciò per cui, come disse Kant, l’uomo deve essere sempre un fine e mai un mezzo.
Ci troviamo dunque, è il senso della diagnosi di Ruini, a educare dentro una antropologia profondamente cambiata; dobbiamo formare uomini, mentre il concetto stesso di “uomo” è stato alterato. Poco prima Francesco Botturi, ordinario di Filosofia morale alla Università Cattolica di Milano, si era chiesto «che cosa ci rema oscuramente contro», nel tentativo di educare; e rimandando alla “Caritas in veritate” diceva del nostro vivere «dentro un orizzonte tecnocratico, incapaci di trovare un senso che non sia prodotto da noi stessi». Due analisi, dunque, da Botturi a Ruini, convergenti: i figli sono sempre gli stessi, ciò che vacilla è la idea stessa dell’uomo; chi sia, e se appartenga a un creatore, o solo a se stesso.
Ma dentro a questa metamorfosi che ci pervade e ci forma più di quanto non riconosciamo – Ruini parla di una “volgata” scientista nei media e nella scuola, che quotidianamente forma i suoi discepoli – bisogna comunque educare. Come? Il cardinale indica delle “piste” concrete. La prima base, dice, è sempre nella vicinanza e nell’amore; nel reciproco amore, anche, fra i genitori, che genera nei figli fiducia nella vita (la stabilità del matrimonio, aggiunge, non è quindi solo una questione privata). Poi, il rapporto fra libertà e disciplina va liberato dall’errore di marca sessantottina, per il quale ogni disciplina è autoritarismo. La disciplina è necessaria, è però educare è sempre “incontro fra due libertà”: «occorre dunque accettare il rischio della libertà, il “rischio educativo”, come diceva Giussani. Perché la libertà dell’uomo è sempre nuova, e anche i più grandi valori del passato non possono essere semplicemente ereditati, ma vanno fatti nostri un una spesso sofferta scelta personale». E ancora dobbiamo riscoprire il rapporto fra educazione e esperienza del dolore: «nella mentalità comune il dolore è quell’aspetto oscuro della vita da cui in ogni caso bisogna preservare i giovani. Così però cresciamo persone fragili e poco generose. Occorre invece non censurare la sofferenza, e non lasciare senza risposta le domande che essa pone». Ma, tornando alle radici della “emergenza educativa”, serve – e quanto, prima di tutto agli adulti – «un fondamento solido, su cui si possa costruire». Ruini individua questo fondamento appunto nella «fiducia nella vita», che per i credenti è la speranza nella salvezza di Cristo. Speranza, aggiunge, oggi insidiata da molte parti, tanto che un filosofo non credente come Habermas ha descritto la perdita collettiva della fiducia nella salvezza come il carattere nuovo dell’Occidente. E tuttavia, senza quella speranza siamo come i pagani descritti da Paolo: «senza speranza e senza Dio nel mondo ». E allora, conclude il cardinale, «un punto di partenza per rispondere alla sfida di oggi può essere nella verità contenuta nel nichilismo: è vero cioè che, senza Dio, tutto manca di fondamento».
Questioni poderose alla radice della fatica a educare. È il grande tema del Progetto culturale e dei prossimi orientamenti pastorali della Cei. Ma anche della “alleanza educativa” che la Chiesa italiana vuole proporre a tutto il Paese. Dentro una fiducia laica o dentro una cristiana speranza: comunque, insieme per educare e continuare la storia.
MARINA CORRADI
lunedì 17 maggio 2010
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