domenica 8 novembre 2015

Carrón: “Non rinunceremo al nostro impegno in politica e nella società”

CARRON/ Buccellati: così Abramo risponde al Nulla
Il leader di Comunione e Liberazione presenta il suo libro La bellezza disarmata e ricorda: “Non c’è rapporto con la verità, se non attraverso la libertà”.
La presentazione de ''La bellezza disarmata'' a Roma.

Un “nuovo inizio” per la civiltà occidentale e cristiana dopo il “crollo delle evidenze”, nel segno della madre di tutte le libertà: la libertà religiosa. Questi e molti altri i temi trattati da Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, nel suo ultimo libro La bellezza disarmata (Rizzoli). Il volume è stato presentato ieri in Vaticano, all’Auditorium della Conciliazione, dall’autore assieme al cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e al presidente emerito della Camera dei Deputati, Luciano Violante. A margine dell’evento, ZENIT ha incontrato Carrón che ha raccontato della sua ultima fatica editoriale, traendo un bilancio dei suoi dieci anni alla guida del movimento e della non facile eredità di don Luigi Giussani. Il 65enne sacerdote spagnolo ha poi chiarito: in Comunione e Liberazione non è in corso alcuna “svolta religiosa” a discapito dell’impegno politico e civile. In realtà, ha spiegato Carrón, il movimento sta vivendo un processo di “personalizzazione della fede” perché questa irrobustisca l’immersione dell’uomo nel reale e nella novità che Cristo introduce nella vita di ognuno.

Luca Marcolivio

Don Carrón, questo saggio può considerarsi una sorta di summa dei suoi dieci anni da presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione?
È così. È un tentativo di condividere la nostra esperienza con tante altre persone che stanno affrontando le stesse nostre sfide. E chissà che questo cammino che abbiamo fatto non possa essere utile per gli altri.
Cosa intende quando, nel primo capitolo, lei parla di “nuovo inizio”?
Intendo un nuovo inizio davanti al crollo di tante evidenze che stanno venendo meno davanti a noi: la crisi economica, l’emergenza educativa, ecc. Davanti alla stanchezza che autorevoli esponenti della cultura riconoscono, è possibile ripartire da questa situazione. Io sono convinto che questo nuovo inizio sia possibile, che sia possibile trovare quello che ci farà ripartire.
Altra espressione chiave del libro è proprio “crollo delle evidenze”…
Si tratta di un’espressione che ho ripreso da un testo di Benedetto XVI, in cui il papa emerito ricordava come nell’epoca dell’illuminismo, dopo le guerre di religione, la grande unità europea fosse andata in pezzi. Si pensava che quei valori condivisi da tutti gli europei, i valori della tradizione cristiana potessero rimanere come fondamento di quel “nuovo inizio” ma fuori dai conflitti religiosi. Si riteneva che così, separandoli dagli elementi religiosi, questi valori potessero durare. Dopo qualche secolo, vediamo che, come ha riconosciuto lo stesso papa Benedetto, questo tentativo di conservare per sempre dei valori condivisi da tutti, è fallito.
Cosa si intende, invece, per “verità nella libertà”?
È un notevole passo avanti nell’autocoscienza della Chiesa. In un suo celebre discorso alla Curia Romana del 2005, Benedetto XVI aveva affrontato alcuni dei nodi fondamentali del Concilio Vaticano II, tra cui quello della libertà religiosa. In quella sede la Chiesa aveva approfondito quale fosse il rapporto tra verità e libertà. La rivendicazione della libertà è una questione molto moderna e la Chiesa non è arrivata alla libertà religiosa semplicemente perché non è stata in grado di convincere le persone della verità del cristianesimo ma perché non c’è alcun rapporto con la verità, se non c’è libertà religiosa. Questo è un aspetto di come noi cristiani possiamo offrire la verità, che è cruciale. Per questo, il titolo del mio libro dà questo suggerimento per un’epoca come la nostra. Solo se l’uomo trova la verità disarmata, senz’altro potere esterno che non sia la verità stessa, l’attrattiva della verità potrà essere adeguata alla sensibilità moderna e all’unico rapporto autentico con la verità che è la libertà.
Che bilancio trae dai suoi dieci anni alla guida di Comunione e Liberazione?
Questi dieci anni sono stati per me un’avventura affascinante ed una grazia per tutti noi, per tutte le sfide che abbiamo dovuto affrontare, che poi sono le sfide di tutti. Per noi è stata la possibilità di verificare quanto quello che abbiamo ricevuto da don Giussani sia prezioso per affrontare queste situazioni e ci dà una capacità di capire i fenomeni che stiamo vivendo, senza soccombere alla confusione, suggerendoci come affrontarli, al punto che noi stessi rimaniamo stupiti.
Quella di don Giussani  è un’eredità pesante?
Per me don Giussani è sempre stato un padre, pur non avendo avuto un’assidua frequentazione con lui, poiché vivevo in Spagna. Tuttavia i suoi scritti sono stati per me decisivi per una modalità di stare nel reale che è stata segnata dal rapporto con lui e con tutto quello che lui ha proposto soprattutto come modo di concepire il cristianesimo, come proposta cristiana, come possibilità di verifica della fede. Tutti aspetti che in un momento come questo sono cruciali.
I media hanno spesso parlato di una presunta “svolta religiosa” del movimento sotto la sua guida, dopo molti anni di impegno politico e sociale. Quanto c’è di vero in questo?
Quando lo scorso 7 marzo siamo andati in udienza da papa Francesco, gli abbiamo posto questa domanda. E abbiamo ricevuto una risposta che è nella stessa linea di ciò che abbiamo sempre cercato di fare. Per la condizione che abbiamo ricevuto, non intendiamo rinunciare al nostro impegno. Il cristianesimo ha a che fare con tutti gli aspetti del reale: dal lavoro, alla famiglia, alla cultura, alla politica. Non abbiamo un’altra modalità di concepire la fede. Come dice San Paolo: “Sia che vegliamo, sia che dormiamo, viviamo insieme a Lui” (1Ts 5,10). Quindi, Dio ha a che vedere con qualsiasi cosa. Non vogliamo rinunciare al nostro impegno nella società. Ma per poterlo fare, ha detto il Papa, occorre essere certi di Cristo, ovvero – per dirlo con parole di don Giussani – occorre la “personalizzazione della fede”. CL, quindi, va verso questa personalizzazione della fede che le consente di stare nel reale con la novità che Cristo introduce nella vita.
In particolare le sfide della famiglia come andrebbero vissute dai cristiani di oggi?
Se la fede è vissuta veramente sul serio, è in grado di venire incontro a tutto il desiderio di pienezza che una persona desidera quando ne incontra un’altra. Se l’amore è in grado di essere qualcosa di più di un inizio esplosivo e brillante, allora quell’amore può durare per sempre. Questo è il contributo che il cristianesimo può dare alla famiglia come a tanti aspetti della vita.

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