sabato 17 marzo 2012
Per dirgli «caro»
Chi ci legge da un po’, lo sa. All’accostarsi della Pasqua - come del Natale -, la copertina di Tracce è dedicata a quello che Comunione e Liberazione chiama «il Volantone». Immagine e frasi che il movimento diffonde ovunque, per dire a chiunque in maniera sintetica e potente che cosa ci sta a cuore in questa circostanza storica, che significato hanno per noi e per la proposta che portiamo al mondo i momenti più forti dell’anno. Accade dal 1982, trent’anni esatti. E ogni anno c’è un’attesa profonda, acuta, di conoscere volti e parole destinate a farci compagnia nei prossimi giorni, nella quotidianità del lavoro, nei rapporti con i colleghi, tra le pareti di casa.
Bene: quest’anno, la sorpresa è doppia. Perché la frase del manifesto che avete visto in copertina è già uscita, esattamente nel 1988. E ha segnato a tal punto la nostra storia che don Giussani la volle nel “Volantone permanente” di Cl, quello che esprime in qualche modo la natura stessa del movimento. L’avete già letta, quindi. E quell’espressione, «ciò che abbiamo di più caro», è così incisiva ed efficace da essere stata usata, anche di recente, in alcuni passaggi cruciali della nostra vita: incontri, lezioni, documenti. Perché, allora, riproporla adesso?
Togliamo di mezzo un equivoco possibile: non si tratta di una ricorrenza. Certo, sono trent’anni dal riconoscimento pontificio della Fraternità di Cl. Ed è un momento storico, perché a sette anni dalla morte - come potrete leggere - ha preso il via la causa di beatificazione e canonizzazione di don Giussani. Ma non si tratta di rievocare né celebrare nulla. Il punto è che quel Volantone descrive l’oggi. Esprime l’urgenza di oggi.
È adesso che è urgente. Oggi che crisi e difficoltà mostrano ancora di più come sia arduo e arido vivere da uomini «dopo Gesù, senza Gesù», come scriveva Péguy. Oggi che Benedetto XVI ha proclamato un «anno della fede» per richiamare il suo popolo a non partire dalle conseguenze etiche, sociali, civili dando per scontata l’origine della fede stessa: Cristo. Oggi che la proposta educativa del movimento - quella Scuola di comunità che sta riprendendo in mano All’origine della pretesa cristiana, il testo in cui don Giussani va al cuore dell’avvenimento di Cristo - sta rimettendo tutti, noi e i nostri fratelli uomini, davanti alla drammatica domanda di Dostoevskij che campeggiava sulla copertina dell’ultimo Tracce: un uomo di oggi «può credere proprio» alla divinità di Gesù Cristo?
La nostra vita dipende da quella risposta (come si vede benissimo nell’intervista a Sandro Lombardi, uno dei maggiori attori italiani). Risposta non teorica, ma drammatica. Perché a sfidarci non è una formula astratta, un discorso ripetuto, ma un fatto. Qualcosa che la Pasqua rimette davanti a tutti: la Sua Resurrezione. Ovvero, la Sua Presenza qui e ora.
Se riproponiamo il “Volantone permanente” è perché è Cristo a permanere, «centro del cosmo e della storia», come diceva il beato Giovanni Paolo II. Con la Resurrezione ha conquistato la storia una volta per tutte. L’ha già fatta Sua, per sempre. Ha già cambiato i connotati di tempo e spazio. Eppure, proprio per l’affezione che ha per noi, per la tenerezza che ha per ogni istante di ogni giornata di ognuno di noi, ci sfida ora. Permette alla nostra libertà di poterLo riconoscere ora, in ogni istante di ogni giornata.
Permane, per sempre. E insieme accade, ora. Perché diventi nostro. Perché possiamo dirgli «caro».
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