domenica 18 aprile 2010

CINQUE ANNI CON BENEDETTO XVI - LA GRATITUDINE DI UN POPOLO CHE NESSUNO SAPRÀ MISURARE



Chi sono gli italiani che si riuniranno do­mani? Chi sono questi che si radune­ranno senza bandiere, senza invadere piaz­ze, niente comizi, senza battaglia di cifre con la questura ? Cosa è questo radunarsi in tan­ti luoghi? Gente che non si mobilita contro qualcuno. Nemmeno si tratta di gente che presume di fare il raduno dei migliori. Dei puri. Hanno una sola cosa da chiedere. Una cosa importante, per la quale non basta ri­vogersi – con tutto il rispetto – al Presidente. Né basta un Primo Ministro. Sono gli italiani che si troveranno a pregare per il Papa nel quinto anniversario della sua elezione. Pre­gheranno perché Dio che lo ha scelto conti­nui a sostenerlo. Accadrà qualcosa del gene­re in tutto il mondo. Un ritrovo di ringrazia­mento. Per quella elezione di un uomo cer­to e umile alla più alta responsabilità del mondo. Il Papa è il capo che ha meno pote­re, ma ha la più alta e vasta responsabilità. La più profonda e radicale responsabilità. Ri­cordare a tutti, con la sua presenza e testi­monianza, la più importante cosa della sto­ria. La più impressionante: l’uomo ha meri­tato che Dio si incarnasse. Ricordare che il mistero della vita, la gran misericordia del­­l’Essere si è fatta vicina a ciascuno. A noi men­tre amiamo, mentre siamo storditi di dolore, mentre si fatica o mentre si gode. Mentre ca­diamo e mentre desideriamo riscattarci dal peccato, mentre ne soffriamo.
Questa gente che domani si raduna e farà – vedrete – meno notizia di tanti altri raduni infinitamente meno numerosi, si troverà ad alzare una preghiera lieta e forte. Per ringra­ziare Dio e per chiedere di sostenere chi ci ri­corda che Lui è vicino al desiderio di ciascu­no d’esser raccolto in una vera giustizia. In un giusto abbraccio, cioè con la misura giusta della nostra natura, stupenda e fragile, come hanno sempre riconosciuto tutti i poeti e gli artisti.
Alta responsabilità del Papa, immenso servi­zio, nessun potere. Nemmeno d’esser ripa­rato dalla ferita del male, e dall’ingiuria. Dal­lo sputo. Sarà un ritrovo di gente normale. Il che non significa, come intendono di solito i pubblicitari o i politici, gente con i gusti e le idee che questa società mette in testa a tutti, omologandoli. Gente normale nel senso che sa d’aver aspirazioni e difetti, d’esser abitata dall’ideale e anche peccatrice. Ma gente che ha qualcosa per cui ringraziare. Questo ope­raio della vigna. L’operaio Joseph. Il mite e certo, il serio e lieto amante di Cristo.
Domani sarà un ritrovarsi di gente che in mezzo alla tante penombre del vivere ha un punto, un fuoco di gioia dura. Che ha un fa­ro da guardare tra le onde della vita, mare al­tissimo che conosce ogni tipo di tempesta e di pericolo di abissi. Chi sono dunque, que­sti italiani che domani si stringono intorno al loro Papa, nel giorno anniversario della sua elezione? I vip delle pagine culturali odierne, gli illuminati dai fari delle tv e dei media più in voga, vorrebbero farci credere che si trat­ta di gente strana. Un popolo di illusi o poco intelligenti, che si lascia manipolare da un gruppo di tizi poco raccomandabili. Ma que­sta gente che domani porterà il proprio cuo­re ferito e allegro, il proprio volto segnato e certo nelle Chiese del nostro Paese ha impa­rato a non dar troppo peso alle chiacchiere dei farisei, sempre uguali da duemila anni. Non ha tempo per cose noiose. La vità è un’avventura di ben altro spessore. È gente che ha qualcosa per cui ringraziare. L’ope­raio Joseph. Il mite e lieto compagno di cam­mino, più avanti di tutti. Il più esposto per tutti, in quella posizione senza riparo per cui mentre i suoi nemici lo colpiscono, i suoi fi­gli lo guardano, con gli occhi più commossi e grati. E questa gratitudine commossa è la difesa più forte.
D.Rondoni - avvenire -

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