martedì 1 dicembre 2009

POVERTÀ E TRADIZIONE Il vero possesso secondo Agostino

Tra le navate della basilica di Ippona, sant'Agostino commenta il vangelo del giovane ricco. Oggi quelle parole sono un contributo utile al lavoro appena cominciato con la Scuola di comunità


Sant'Agostino, ritratto da Sandro Botticelli (part.)

Agostino sta predicando al suo popolo riunito nella Basilica Pacis di Ippona. È verso la fine della sua vita. La gente ormai non si conta più. Anche le nove navate di cui è composta la chiesa non riesce più a contenerli. La fama ed insieme la paternità del Vescovo non hanno più limiti. E anche stavolta non li delude. A tema - a partire dal Vangelo appena proclamato che narra del giovane ricco (Mt 19,21) - è la povertà. Agostino vuole educare e non reprimere il desiderio dell’uomo. Per questo lo accompagna a scoprire la strada verso il vero possesso. Ciò che è in gioco è dunque il vero compimento di sé. L’alternativa è la schiavitù.

DISCORSO 86 1,1-7,7

1.1 Il Vangelo con il presente brano mi ha esortato a parlare del tesoro celeste alla Carità vostra. Il nostro Dio non vuole - come pensano gl’increduli avidi di denaro - che noi perdiamo le nostre sostanze; se è inteso nel giusto senso, se è creduto con spirito di fede e se viene interpretato con il senso di rispetto verso Dio ciò che ci viene comandato, non ci comanda di perderle, ma ci mostra il posto ove riporle. Ciascuno di noi può pensare solo al proprio tesoro e va facilmente dietro alle proprie ricchezze per la strada - diciamo così - tracciata dal suo cuore. Orbene, se vengono sepolte sulla terra, il cuore si dirige verso il basso; se invece vengono conservate in cielo il cuore sarà in alto. Se dunque i cristiani desiderano mettere in pratica ciò che sanno anche di dichiarare in pubblico (ma non tutti quelli che sentono lo sanno, e volesse il cielo che non lo sapessero inutilmente coloro che lo sanno); chi dunque vuole avere il cuore in alto riponga lì ciò che ama; pur vivendo con il corpo sulla terra, col cuore abiti insieme con Cristo; come la Chiesa fu preceduta dal proprio capo, così il cristiano si faccia precedere dal proprio cuore. Allo stesso modo che le membra son destinate ad andare là ove le ha precedute il loro capo, Cristo, così il cristiano risorgendo è destinato a tornare là ove lo avrà preceduto il cuore dell’uomo. Usciamo dunque da questa terra mediante la parte grazie alla quale possiamo farlo e tutto il nostro essere ci seguirà dove sarà già arrivata quella parte di noi. La nostra casa terrestre è destinata ad andare in rovina; eterna è invece quella celeste. Trasferiamoci prima là dove ci proponiamo di andare.

2.2 Abbiamo udito un ricco il quale chiedeva al Maestro buono si chiede il consiglio per ottenere la vita eterna. Era cosa di gran pregio quella ch’egli amava, spregevole invece quella che non voleva disprezzare. Perciò sentendo con cuore corrotto Colui ch’egli aveva già chiamato “Maestro buono”, a causa di un maggior attaccamento ai beni spregevoli, perse il possesso della carità. Se non avesse voluto ottenere la vita eterna, non avrebbe richiesto il consiglio per avere la vita eterna. Per qual motivo allora, o fratelli, respinse le parole di Colui ch’egli stesso aveva chiamato “Maestro buono”, dichiarate a lui dall’autentica verità? Forse quel Maestro è buono prima d’insegnare ed è cattivo dopo aver insegnato? Prima che insegnasse era stato chiamato buono! Il ricco non aveva udito ciò che desiderava udire, ma ciò che doveva fare; era andato desideroso, ma se ne andò afflitto. Che sarebbe accaduto, se gli fosse stato detto: «Devi perdere quel che hai»? dal momento che se ne andò triste, perché gli era stato detto: «Conserva bene quello che hai». Va’ a vendere ciò che hai - è detto - e dà il ricavato ai poveri. Hai forse paura di perderlo? Vedi quel che segue: e avrai un tesoro nel cielo. Forse avresti messo un tuo servo a custodire i tuoi tesori, mentre custode del tuo oro sarà il tuo Dio. Ciò che ha dato sulla terra lo conserva egli stesso in cielo. Quel tale non avrebbe forse esitato ad affidare a Cristo ciò che aveva e si rattristò perché gli era stato detto: Dallo ai poveri, come se dicesse tra sé: «Se tu mi avessi detto: “Dallo a me; te lo conserverò io in cielo”, non avrei esitato a darlo al mio Signore, al Maestro buono; adesso invece mi hai detto: “Dallo ai poveri”».

3.3 Nessuno sia esitante a dare l’elemosina ai poveri, nessuno creda che la riceva colui del quale vede la mano; la riceve Colui che ha comandato di darla. Non affermiamo ciò in base a un nostro sentimento o a una congettura umana; ascolta Colui che non solo ti esorta a farlo, ma ti firma anche la garanzia. Avevo fame - è detto - e mi avete dato da mangiare. Dopo l’enumerazione dei loro servizi [i giusti] chiederanno [al Signore]: Quando mai ti abbiamo visto affamato? ed egli risponderà: Tutto ciò che avete fatto a uno dei più piccoli dei miei fratelli, lo avete fatto a me (…)

4.4 (…) Dà a Cristo: sarà lui stesso che spontaneamente ti farà chiamare in giudizio per restituirti quanto gli hai prestato, mentre tu ti stupirai ch’egli abbia ricevuto qualcosa da te. In effetti ai giusti che si troveranno alla sua destra dirà lui stesso, di sua propria iniziativa: Venite, benedetti del Padre mio. Venite: dove? Entrate in possesso del regno, preparato per voi fin dall’origine del mondo. In premio di che cosa? Avevo fame e mi avete dato da mangiare; avevo sete e mi avete dato da bere; ero nudo e mi avete rivestito; ero forestiero e mi avete dato ospitalità; ero malato e in prigione e siete venuti a trovarmi. E quelli: Signore, ma quando mai ti abbiamo visto?. Che vuol dire questo modo di parlare? Il debitore concorda nel debito e i creditori rifiutano! Il debitore fedele non vuole ingannarli. Esitate a ricevere? Io ho ricevuto un prestito da voi e voi non lo sapete? Egli inoltre risponde in qual modo l’ha ricevuto: «Ogni volta che avete fatto un servigio a uno dei miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me 5. Non l’ho ricevuto io direttamente ma per mezzo dei miei. Ciò ch’è stato dato loro è arrivato a me: state sicuri, non l’avete perduto. Sulla terra vi guardavate da quanti non erano capaci di restituire; nel cielo avete uno ch’è in grado di farlo. Io ho ricevuto - dice - io vi restituirò».

4.5 Ma che cosa ho ricevuto e che cosa renderò? «Ho avuto fame - dice - e mi avete dato da mangiare, ecc. Ho ricevuto la terra, darò il cielo; ho ricevuto beni temporali, restituirò beni eterni; ho ricevuto il pane, darò la vita». Anzi diciamo pure così: «Ho ricevuto il pane, darò anch’io il pane; ho ricevuto da bere, darò da bere; ho avuto ospitalità in casa, ma io darò la casa; sono stato visitato quand’ero malato, ma io darò la salute; sono stato visitato in carcere, ma io darò la libertà. Il pane dato a voi ai miei poveri è stato consumato, mentre il pane che io darò, non solo vi ristorerà, ma non finirà giammai». Ci dia dunque il pane lui, il pane disceso dal cielo. Quando darà il pane, darà se stesso.

5.5 Che cosa infatti volevi quando prestavi a interesse? Dare soldi e riceverne altri, ma darne di meno e riceverne di più. «Io invece - dice Dio - tutto ciò che hai dato, lo contraccambierò in meglio». Ora, se tu dessi una libbra d’argento e ne ricevessi una d’oro, da quanta gioia saresti preso? Osserva e interroga l’avarizia. «Ho dato una libbra d’argento - direbbe - e ne ricevo una d’oro. Quale differenza tra l’oro e l’argento!». A maggior ragione dunque, quale differenza tra il cielo e la terra! Tu inoltre avresti dovuto lasciare quaggiù l’oro e l’argento, ma tu non dovevi rimanervi per sempre. Io invece vi darò un bene diverso, più abbondante e migliore, e ve lo darò per l’eternità. Spegniamo quindi, fratelli, la nostra brama di denaro in modo da lasciarci infiammare da un’altra brama ch’è santa. L’avarizia, che con ogni mezzo cerca d’impedirvi di fare il bene, vi seduce con un linguaggio nefasto; voi volete essere schiavi d’una padrona crudele perché non volete riconoscere il Signore ch’è buono. Talvolta il cuore è sotto il dominio di due padrone dalle quali è straziato in direzioni opposte il cattivo servitore, che merita d’essere schiavo di siffatte padrone.

6.6 Un individuo è talora schiavo di due padrone che sono in contrasto tra loro: l’avarizia e la prodigalità. L’avarizia dice: «Tieni in serbo», la prodigalità invece dice: «Spendi». Che cosa farai tu, soggetto a due padrone che danno ordini contrari e hanno esigenze opposte? L’una e l’altra ha un suo proprio discorso. Quando perciò ti rifiuterai di ubbidire e vorrai perseguire la tua indipendenza, poiché non potranno darti ordini, useranno con te la seduzione. Ma tu devi avere paura più delle loro carezze che dei loro ordini. Che dice l’avarizia? Dice: «Conserva i tuoi averi per te e per i tuoi figli. Se ti troverai nel bisogno, nessuno ti darà nulla. Non vivere alla giornata; provvedi alle tue necessità per l’avvenire». La prodigalità, al contrario: «Godi la vita finché ce l’hai. Tratta bene l’anima tua. Dovrai morire ma non sai quando e non sai neppure se i tuoi beni li possederà il tuo erede, al quale li lascerai. Tu imponi molte privazioni alla tua gola, ma quello, quando tu sarai morto, non porrà su di te una coppa o, se mai la porrà, sarà per ubriacarsene lui e a te non ne scenderà neppure una goccia. Tràttati perciò bene dal momento che ne hai la possibilità, adesso che la possibilità ce l’hai». Diverso era il comando dell’avarizia: «Conserva per te, pensa a te per l’avvenire». Diverso il comando della prodigalità: «Spendi, tràttati bene».

7.7 Devi sentir disgusto, tu che sei libero e chiamato alla libertà; devi sentir disgusto del giogo di schiavitù posto sul tuo collo da siffatte padrone. Riconosci il tuo Redentore, il tuo liberatore. Mettiti al servizio di lui: ciò che ti comanda è ben più facile, non ti dà ordini opposti. Oso dire anche di più: davano ordini opposti l’avarizia e la prodigalità in modo che ti era impossibile ubbidire ad ambedue. Una infatti diceva: «Conserva per te e pensa al tuo avvenire»; l’altra invece diceva: «Spendi e tratta bene l’anima tua». Se ti si presentasse il tuo Signore e Redentore, ti rivolgerebbe lo stesso discorso, ma senza contraddizioni. Se tu non vorrai ascoltarlo, sappi che alla sua casa non è necessario chi serve malvolentieri. Presta attenzione al tuo Redentore, considera quanto gli sei costato. È venuto per riscattarti, e per questo ha versato il suo sangue. Tu gli eri assai caro perché ti aveva comprato a caro prezzo. Se riconosci colui che ti ha riscattato, considera da quale schiavitù ti ha riscattato! Non parlo di tutti gli altri vizi e del superbo dominio che esercitavano su di te; poiché tu eri schiavo d’innumerevoli vizi. Parlo solo di queste due padrone, ossia l’avarizia e la prodigalità, che ti danno ordini opposti, che ti trascinano in direzioni opposte. Strappati da esse, vieni dal tuo Dio. Se prima eri servo dell’iniquità, sii ora servo della giustizia. Le stesse parole che ti dicevano esse dandoti ordini opposti, le sentirai anche dal tuo Signore senza che però ti dia ordini opposti. Egli non elimina il loro linguaggio, ma elimina il loro potere. Che ti diceva l’avarizia? «Conserva per te, pensa al tuo avvenire». Non cambia la parola eterna, il Verbo, cambia solo l’uomo. Se dunque ti aggrada, fa’ il confronto tra i consiglieri. L’uno è l’avarizia, l’altro è la giustizia.



http://www.tracce.it/default.asp?id=329&id_n=13409

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