mercoledì 14 gennaio 2009

Andreotti ha 90 anni. La politica (e non solo) gli rende omaggio


La celebrazione pubbli­ca, e solenne, dei 90 anni di Giulio An­dreotti avverrà oggi nell’au­la di Palazzo Madama, l’e­miciclo nel quale siede in qualità di senatore a vita dal 1° giugno 1991. Ma più di un’eco si leverà anche a Montecitorio, in quell’aula della Camera nella quale il 'divo Giulio' ha affrontato dibattitti e battaglie politi­che per ben 43 anni: dall’e­sordio al fianco di Alcide De Gasperi sino al tramonto della Prima Repubblica. E ri­sonanze ci saranno in tanti luoghi simbolo della capita­le, a cominciare dai palazzi governativi nei quali An­dreotti ha abitato con ine- guagliata e straordinaria sa­gacia e perseveranza: da pre­sidente del Consiglio (per sette volte), da ministro del­la Difesa (per otto volte), de­gli Esteri (per cinque volte), delle Partecipazioni statali (per tre volte) delle Finanze, del Bilancio e dell’Industria (per due volte), dei Beni Cul­turali, delle Politiche comu­nitarie e – ultimo non ulti­mo – dell’Interno (per una volta).
Echi molteplici, insomma, che si arresteranno solo sul­la soglia di un’altra e priva­tissima celebrazione – quel­la familiare – della rotonda ricorrenza. Ma c’è da crede­re che Andreotti riuscirà lo stesso a compiere quanto ie­ri ha annunciato in un’in­tervista: «Alla mia età vene­randa i compleanni si fe­steggiano meditando in si­lenzio ». O forse (e in fondo è quasi la stessa cosa) farà si­lenzio a suo modo: limitan­dosi a dire l’essenziale, ma­gari nella forma fulminante della battuta.
Ne è capace, in modo ormai proverbiale. Così come è sta­to capace – nella sua lun­ghissima vita pubblica – di affrontare con apparente imperturbabilità clamori a­mici e ostili frastuoni, ap­plausi e fischi, esaltazioni e invettive. Così come è stato capace – portando l’atroce e infamante catena delle ac­cuse di collusione mafiosa e lottando, con successo, per liberarsene – di farsi giudi­care, lui, il potente per defi­nizione, da semplice citta­dino. Un cittadino che ha continuato a chiedersi – ec­co una delle sue famose bat­tute – «perché mai la bellis­sima frase 'La Giustizia è u­guale per tutti' sia scritta al­le spalle dei magistrati». E non venga tenuta sempre davanti ai loro occhi.
Giulio Andreotti è stato una delle figure simbolo della Dc: partito di raccolta dei cattolici, perno della Re­pubblica «nata dalla Resi­stenza » e motore della straordinaria ricostruzione, modernizzazione e crescita di una nazione e di una so­cietà piegate e piagate dalla guerra. Ed è stato un uomo di governo in grado di arti­colare visioni non scontate (e, a volte, più coraggiose di quanto gli venisse ricono­sciuto) e di declinare in mo­do mediterraneo e creativo (concretamente utile alla causa della pace) la sicura a­desione dell’Italia al campo occidentale della libertà nel­l’era della guerra fredda. Og­gi, nella sua quarta età, in un tempo in cui il pluralismo delle opzioni politiche dei cattolici è una realtà, il 'di­vo Giulio' vive la sua dignità di parlamentare della Re­pubblica da rigoroso testi­mone di una fedele e saggia dedizione alle istituzioni e alla propria coscienza. Una pietra di paragone e, a volte, un segno di contraddizione che induce alla riflessione tanti attenti cittadini, molti nuovi politici e più di un commentatore, e che riesce persino a minare le certezze di chi meno lo stimò e mag­giormente ebbe ad avver­sarne politicamente (e non solo) azione e 'stile'. Certa cinematografia d’occasione e persino di successo ha continuato a dipingerlo co­me «Belzebù», e Andreotti se n’è doluto pubblicamente. Con la moderazione un po’ rassegnata di chi ha contri­buito a rendere celeberrimo l’adagio per cui «a pensar male del prossimo si fa pec­cato, ma ci si azzecca».
Il tempo è però galantuomo. E almeno a una sua celeber­rima sentenza – «il potere lo­gora chi non ce l’ha» – non ha dato seguito. Andreotti ha novant’anni e non è più al potere da un pezzo, ma non è affatto logoro. E oggi rac­coglierà sinceri e meritati auguri. (m.tar.)
Il politico che più è stato identificato con il potere testimonia un modo altro e giusto di stare nelle istituzioni Oggi festa in Senato

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