venerdì 18 settembre 2009

Niente progetti a tavolino: la lezione dell’esperienza



Q uattordici figli naturali, ventiquattro ragazzi ospitati in affido residenziale in quattro comunità familiari, 75 in affido diurno. E poi la Contrada degli artigiani, una scuo­la- bottega dove gli artigiani insegnano vecchi mestieri ai giovani: falegnameria, tappezzeria, restauro , decorazione. E ancora, un’associazione sportiva con 100 mini-atleti (calcio, a­tletica leggera, nuoto, pallavolo), un centro diurno e varie atti­vità di sostegno ai genitori in difficoltà. Cometa, l’associazione non profit che ha promosso la scuola Oliver Twist che s’inau­gura domani, è tutto questo, ma è molto di più: è un’esperien­za di comunione. All’origine di Cometa stanno due frasi. Una la pronuncia il pa­dre dei fratelli Figini (Innocente, Erasmo e Maria Grazia) poco prima di morire: «Vi lascio la mia fede. E una sola raccomanda­zione: vivere in comunione». L’altra è di don Giussani, che per anni li ha accompagnati: «Andate a vivere insieme, fate un’opera di comunione». Poi la realtà ha lanciato le sue provocazioni, e loro le hanno raccolte. La richiesta di aiuto di un sacerdote che propone a Erasmo di prendere in casa un bambino sieropositi­vo – cosa impopolare al giorno d’oggi, figuriamoci nel 1987 –, poi l’acquisto di una vecchia cascina alla periferia di Como, che diventa la casa comune dei due fratelli e delle loro famiglie, a cui presto se ne aggiungono altre due. E il luogo attorno al quale negli anni sono na­te opere di accoglienza e educazione. «Non siamo eroi né progettisti di alunché – si schermisce Innocente Figini –. È Dio che si fa vivo attraverso la realtà, noi rispondiamo. Alla fonte di tutto c’è un io cambiato dal­l’incontro con Cristo, unito al desiderio di condividere la vita con chi ha fatto la me­desima esperienza di cambiamento. Così, di incontro in incontro, è nato tutto ciò che oggi si chiama Cometa».
Lui se la ricorda come fosse oggi quella fra­se profetica che Giussani gli disse durante una conversazione: «Tra non molto diven­terà difficile, quasi impossibile comunicare qualcosa di impor­tante alla gente. Ci vorranno dei luoghi vedendo i quali il desi­derio che abita nel cuore di ogni uomo possa essere risveglia­to ». E chi avvicina l’esperienza di Cometa è contagiato dal fa­scino che ne promana. Un fascino che si esprime nelle opere e nella bellezza che le accompagna: il giardino, i fiori sui tavoli, l’arredo curato, la scelta dei colori, l’attenzione ai particolari. Si avverte la mano di Erasmo, affermato stilista di tessuti da arre­do, ma non c’è nessuna concessione all’estetismo formale. La bellezza non è un vestito, non è un’aggiunta, è il modo con cui si manifesta l’amore alla vita. È, ultimamente, un richiamo al Mi­stero presente in ogni cosa. L’esperienza di Cometa ha fatto scuola ed è diventata oggetto di studio a livello accademico. L’anno scorso per conoscerla è arrivato dagli Stati Uniti il professor Lester Salamon, direttore del Centro studi sulla società civile alla Johns Hopkins Univer­sity di Baltimora, uno dei massimi esperti di non profit a livello mondiale: «Da vent’anni giro il mondo per studiare l’argomen­to, ma devo ammettere che non ho mai visto niente di simile e che questa è una delle esperienze più belle che abbia mai co­nosciuto ». Ciò che l’ha colpito di più (e che quest’anno l’ha spin­to a portare in visita alla sede di Cometa 50 suoi collaboratori provenienti da tutto il mondo) è avere visto quanto l’esperien­za della fede vissuta in una dimensione comunitaria è capace di generare un cambiamento rilevante anche a livello sociale. Proprio quello che disse vent’anni fa Giussani ai fratelli Figini: «La vita è tortuosa e piena di prove, ma chi ha incontrato Gesù sa che con Lui ogni passo è possibile, che la comunione è la ve­ra liberazione».
Il consiglio di Giussani: «Andate a vivere insieme, fate un’opera di comunione». Poi il fiorire di opere educative e di accoglienza
DI GIORGIO PAOLUCCI - Avvenire

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