A Como una scuola professionale d’eccellenza all’insegna della sussidiarietà Nella scia di Cometa, un gruppo di famiglie che condividono la vita
P rovate a immaginare una scuola che comincia a educare già dai muri, decorati con frasi che restituiscono senso alle parole. Una scuola dove i banchi, di legno e alluminio riciclato sono pezzi di design, come le porte in carta pressata con gli oblò in vetro. Corridoi nei quali gli armadietti in legno e vernice metallizzata sono lì a raccontare un’appartenenza, gli arredi dei bagni sono degni di un grand hotel e hanno specchi incorniciati come quadri. Una scuola dove all’ingresso c’è una reception, proprio come negli alberghi, a testimoniare di un’accoglienza. Provate insomma a immaginare una scuola d’eccellenza e poi riempitela non di rampolli dell’élite, ma di ragazzi come tanti, di quelli che si trovano nelle scuole normali. Anzi, di quelli che più spesso
non si trovano a scuola, perché l’hanno abbandonata, hanno dovuto essere allontanati da contesti negativi o più semplicemente non ci sono potuti andare nel loro Paese d’origine. Ecco, adesso che avete immaginato questa scuola ideale, andatela a vedere a Como, dove verrà inaugurata ufficialmente domani mattina.
È la scuola « Oliver Twist » , incastonata nella comunità familiare Cometa, nata dall’iniziativa – ma loro direbbero dall’ « incontro » – tra Cometa appunto
(vediere articolo a fianco) e la Fondazione di partecipazione Oliver Twist, creata dal gruppo finanziario Kairos. «La fondazione – spiega la direttrice generale Anna Venturino – ha finanziato l’opera per oltre il 40%, ma soprattutto si è coinvolta fin dall’inizio nella progettazione, nella raccolta fondi, nella formazione della squadra dei collaboratori, fino a sviluppare una partnership
tra Cometa e Ark ( Absolute return for kids), organizzazione che in Inghilterra gestisce per conto del governo scuole pubbliche particolarmente problematiche». Alla realizzazione concreta hanno poi partecipato altri soggetti come la Fondazione Cariplo, la Fondazione De Agostini, la Regione Lombardia, la Provincia di Como e numerosissime realtà locali dell’industria e dell’artigianato, sviluppando al meglio l’idea di sussidiarietà. Perché l’originalità del progetto sta anzitutto nel proporre un ambito educativo a tutto tondo, che parte dalla famiglia e arriva al lavoro, passando attraverso l’accoglienza e l’istruzione. Un percorso nel quale ogni soggetto coinvolto è chiamato a svolgere il proprio compito educativo. L’altra specificità sta nel tessere legami con il territorio e con le persone, mettendo insieme ragazzi desiderosi di imparare un mestiere e artigiani pronti a trasmettere il saper fare; nel collegare la domanda delle aziende della zona con una formazione professionale d’eccellenza, promuovendo una reale alternanza tra scuola e lavoro.
«Sono tre gli indirizzi principali della scuola. Anzitutto i corsi triennali per i ragazzi dai 14 ai 17 anni per formare operatori dell’area tessile, del legno- arredo e lavoratori dell’area ristorazione – spiega Alessandro Mele, direttore generale di Cometa –. Poi c’è quello che chiamiamo Liceo del lavoro, rivolto in particolare a quei ragazzi che rischiano di abbandonare o hanno già abbandonato il percorso scolastico tradizionale. Per ciascuno studiamo un progetto formativo personale, lo accompagniamo, lo rimotiviamo, cerchiamo di fargli scoprire la bellezza di conoscere cose nuove, di imparare un mestiere » . Tutti i percorsi, infatti, prevedono periodi di stage e un numero significativo di ore di formazione diretta- mente in azienda.
È l’esperienza che ha fatto scoprire a Salvatore, oggi 19 anni, «un Salvatore che neanche io conoscevo, diverso da quello che a 14 anni si era perso, poi era stato in comunità, ma non sapeva fare niente. Dopo tre anni di scuola – racconta – lavoro da più d’un anno come addetto alla campionatura dei telai alla Rubelli di Como e posso pensare a un futuro mio, a creare una famiglia». Lo stesso orgoglio e la medesima riconoscenza che traspaiono dalle parole di Mahmoud, ragazzo musulmano approdato a Lampedusa dopo la traversata in un barcone, passato a vivere da solo a Milano, senza alcuna prospettiva, e infine arrivato a Cometa. «La prima cosa che mi ha colpito è che mangiavamo tutti insieme e che le persone s’interessavano a me, a chi ero, a come ero arrivato lì, volevano sapere cosa mi sarebbe piaciuto fare – racconta –. Qui ho imparato l’italiano, ho studiato, ho fatto l’esame di terza media e ho preso anche 'Buono'! La mia vita è cambiata. Adesso sto imparando il mestiere di restauratore: è difficile, ma che soddisfazione quando ti arriva una cosa bella e tu la fai diventare ancora più bella». E quanto proprio la bellezza delle cose dica dell’amore con cui ci si rivolge alle persone, lo testimonia lo stupore d’un ragazzino: «Una roba così la fanno solo per i figli di papà. E invece voi l’avete fatta per noi», ha detto l’altroieri quando è entrato nella nuova struttura per il primo giorno di lezioni. Guardava i banchi, la lavagna elettronica
touch screen , le sale coi mobili disegnati da Erasmo Figini, stilista- arredatore fondatore di Cometa assieme al fratello Innocente. «Per educare bisogna lasciarsi educare, ridare e ridarsi la ragione d’ogni cosa», spiega Erasmo, mentre passiamo fra aule con i computer ancora imballati e i corridoi illuminati con lampade che mutano d’intensità a seconda della luce esterna. Di fianco all’ufficio della presidenza campeggia una scritta sul muro: «È solo la comunione che tiene desto lo scopo delle decisioni». Il segreto dell’eccellenza probabilmente sta qui – nell’idea di una scuola che sia anzitutto luogo di comunione – o meglio in «Una comunione che fa scuola», come recita il titolo (provvisorio) del libro che il teologo spagnolo Josè Miguel Garcia sta scrivendo sull’esperienza di Cometa.
AVVENIRE 18/09/09 di Francesco Riccardi
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