mercoledì 17 febbraio 2016

«La bellezza imprescindibile dell'unità» di Angelo cardinale Scola

Messa per il XXXIV anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di CL e per l'XI della morte di don Giussani
Davanti a un Duomo gremito, le parole del cardinale Angelo Scola alla messa per don Giussani e per la Fraternità di CL ieri sera, 16 febbraio. Online anche il saluto finale di don Julián Carrón







1. «Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il rumore dei passi del Signore che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore» (Lettura Gn 3,7-8). All’inizio di questo tempo santo di Quaresima ilLibro della Genesi, con notevole efficacia narrativa, ci pone di fronte al nostro peccato e alla vergogna che ne deriva.
L’uomo non è più capace di guardare né l’altro, né la realtà tutta secondo la loro verità; la sua condizione di creatura finita cessa di essere apertura al dono del Creatore; il suo abitare il mondo si fa sospettoso, ostile e spesso predatorio.
In queste prime battute del tempo di Quaresima, la Chiesa non teme di metterci davanti al male che compiamo. Anzi, richiamandoci al Sacramento della Riconciliazione, vuole che ne proviamo vergogna, perché – come ci ha ricordato Papa Francesco – «colui che si confessa è bene che si vergogni del peccato: la vergogna è una grazia da chiedere, è un fattore buono, positivo, perché ci fa umili» (Papa Francesco, Il nome di Dio è misericordia, Piemme, Casale Monferrato 2016, 42). È il “pertugio” attraverso il quale Dio ricco in misericordia ci rimette in cammino. Diceva il tragico poeta e scrittore Oscar Wilde: «Ah, beati coloro il cui cuore può infrangersi e conquistare la pace del perdono (…). Come, se non per il varco d’un cuore spezzato, Cristo Signore in lui potrebbe entrare? » (Ballata del carcere di Reading).

2. Celebriamo l’Eucaristia in occasione del XXXIV anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità e nell’XI anniversario della dipartita del carissimo Servo di Dio Mons. Giussani. E questo, nell’Anno del Giubileo della Misericordia che il Papa ha voluto indire per tutta la Chiesa. L’Anno Santo costituisce un’occasione privilegiata per educarci al pensiero e ai sentimenti di Cristo, prospettiva entro la quale la nostra Chiesa ambrosiana vuol vivere la Visita Pastorale in atto. Lo è anche per la sua capacità di illuminare la comprensione del mondo odierno. Lo ripeto spesso, il narcisismo è una cifra della cultura contemporanea, cioè della mentalità comune con cui uomini e donne vivono, amano, lavorano quotidianamente. È un ripiegamento dell’io su se stesso che prescinde da ogni legame, nell’affannosa affermazione di sé. Qualcuno, di recente, mi ha fatto giustamente notare che il nostro è un narcisismo che raggiunge gli effetti dolorosi dell’autismo. Non si tratta solo del fatto che io prescindo dall’altro, ma finisco per essere incapace di rapporto con lui. Così l’uomo si condanna alla solitudine, nascondendosi come Adamo ed Eva. E in questo modo la sua esistenza, chiamata ad essere sale e luce del mondo, diventa insipida, si “sistema” sotto il moggio dell’amarezza (cfr. Vangelo Mt 3,15).

3. Eppure, perfino dentro questa amara esperienza, che rischia l’abolizione dell’umano, Gesù Risorto mostra la sua potenza di salvezza.
Qualunque sia la situazione in cui ciascuno di noi si trova, il Signore gli viene incontro e lo chiama: «Figlio mio, non dimenticare» (Seconda Lettura, Pr 3,1). “Non dimenticare”: un invito caro a Mons. Giussani. Egli non ha mai smesso di indicare la memoria come contenuto concreto e quotidiano della nostra esistenza: «La stoffa della persona è la memoria (…), [perché] ciò di cui la mia persona è fatta, è un Altro» (L. Giussani, Affezione e dimora, BUR, Milano 2001, 27).
La memoria come riconoscimento di Cristo presente nella Chiesa è la possibilità, permanentemente donata alla nostra libertà, di un rapporto quotidiano e cogente con l’origine della nostra esistenza. Non c’è strada sicura se non parte dal riconoscimento della Presenza di questa origine buona del nostro esistere. Nella memoria di Cristo c’è la fonte inesauribile della comunione e della missione, di quella comunione vissuta che è sale della terra e luce del mondo (cfr. Vangelo Mt 5,13-14).

4. In questo quadro intendo ora, come vostro Arcivescovo e unicamente in forza di questa responsabilità affidatami dalla Chiesa, offrirvi qualche spunto di riflessione che potrete rendere oggetto di dialogo, guidati dall’autorità del movimento, cui non intendo sostituirmi. Neppure lo potrei.
Due sono i fattori attraverso i quali si vive la comunione e si attua la missione di un movimento per la Chiesa e per il mondo:
a) l’obbedienza al carisma di origine, che assicura il bene dell’unità;
b) la libertà come responsabilità di aderire a Cristo secondo la forma in cui mi è venuto incontro.
Nella comunità cristiana la libertà è ultimamente sostenuta dall’autorità costituita. Un’autorità sempre tesa al servizio della memoria di Cristo, proprio a garanzia della verità dell’origine. Un’autorità che per questo “conviene” oggettivamente alla libertà e a cui essere grati poiché rende possibile il cammino personale e comunitario. Regge, sorregge e, quando necessario, corregge le nostre libertà in cammino.
Questa obbedienza, che ha il suo paradigma nella stessa obbedienza di Cristo al Padre, non sarebbe tale se non fosse espressione di una libertà veramente coinvolta in prima persona. Una libertà che non si risparmia la verifica, che non delega la propria responsabilità, ma che si espone continuamente, senza timore e senza remore, al dialogo, vincendo ogni riserva ed evitando ogni rapporto inautentico con l’autorità.
Nella vita della Fraternità ognuno è chiamato alla sequela del carisma che lo Spirito diede a don Giussani così come ci raggiunge oggi.
Consentitemi una nota. È opportuno evitare, da parte di tutti, una deleteria tentazione, sovente ripropostasi nella storia della Chiesa, degli ordini religiosi e dei diversi carismi. Nel necessario, continuo immedesimarsi all’esperienza e al pensiero del fondatore non bisogna cercare conferme per la propria interpretazione considerata, anche in buona fede, come l’unica adeguata. Questa posizione genera interminabili dialettiche e paralizzanti conflitti di interpretazione.
È l’intreccio di obbedienza e libertà a spalancare alla missione.

5. Carissimi, il dono ricevuto incontrando il carisma di don Giussani nel movimento diComunione e Liberazione, per vivere appieno la grazia del battesimo, ha come orizzonte il mondo intero. Il suo scopo esauriente è che i nostri fratelli uomini possano conoscere ed amare Gesù Cristo nella Santa Chiesa.
Vi sono grato per l’impegno personale, comunitario e sociale che vivete quotidianamente nei diversi ambiti educativi, di carità, di cultura e nel sociale. Sono riconoscente ai molti di voi che si coinvolgono in modo diretto, insieme ai fedeli della nostra comunità diocesana, nei luoghi (soprattutto zone pastorali, decanati, comunità pastorali e parrocchie) in cui la Chiesa particolare che è in Milano cerca di raggiungere, in modo capillare, il cuore del popolo ambrosiano. Vi incoraggio a continuare in questa testimonianza corale.

6. Gesù invita i discepoli a collaborare alla Sua opera di salvezza: «Voi siete il sale della terra; (…) Voi siete la luce del mondo» (Vangelo Mt 3,13-14). Gesù consegna il suo Vangelo – appena prima di queste parole Egli ha pronunciato le beatitudini – a coloro che hanno cominciato a seguirLo e che agli occhi del mondo spesso appaiono insignificanti. Gesù affida loro, personalmente e comunitariamente, la Sua missione: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Vangelo Mt 5,16).
Le immagini utilizzate dal Vangelo – il sale della terra, la luce del mondo – dicono con chiarezza che la testimonianza dei cristiani parte sempre dal soggetto che per grazia ha incontrato Gesù Cristo ed ha, per sua natura, una valenza personale, comunitaria e sociale. La testimonianza viene offerta al Padre che è nei cieli, agli angeli e ai fratelli uomini con cui si condividono tutti gli ambiti dell’esistenza. Essa non si riduce al necessario buon esempio, ma tende alla conoscenza adeguata della realtà che, per questo, al di là di tutti i limiti del testimone, contribuisce a comunicare la verità. Le forme che questa testimonianza, soprattutto nella sua dimensione pubblica, dovrà assumere saranno, di volta in volta, oggetto di ungiudizio di comunione sotto la guida ultima dell’autorità, giudizio sempre ancorato al contesto storico in cui siamo chiamati ad essere appunto sale della terra e luce del mondo.
La bellezza imprescindibile dell’unità si esprime, come ci domanda papa Francesco, nel vivere per la missione, nel vivere donando la vita, nel vivere per la gloria del Padre. Questa è la strada che il Signore ci spalanca davanti come via al compimento della persona e della comunità. Non c’è né tempo né spazio per altro, più che mai oggi.

7. Affido ciascuno di voi e tutte le vostre famiglie, in particolare tutti coloro che si trovano in difficoltà, alla materna protezione della Madonnina, «di speranza fontana vivace». Amen.



Eminenza Reverendissima,

desidero ringraziarLa di cuore a nome mio e di tutti gli amici di Comunione e Liberazione che vivono in terra ambrosiana per avere voluto presiedere questa celebrazione eucaristica nel ricordo vivo della comune paternità di don Giussani nell’11° anniversario della sua dipartita al Cielo e nel 34° (Anniversario) del riconoscimento pontificio della Fraternità.

Questa celebrazione è all’inizio del cammino quaresimale nell’Anno giubilare della Misericordia, «tempo favorevole – ci ricorda papa Francesco – per poter finalmente uscire dalla propria alienazione esistenziale grazie all’ascolto della Parola e alle opere di misericordia». Il Santo Padre ci invita a riconoscere e ad accogliere l’amore misericordioso di Cristo, perché «solo in questo amore c’è la risposta a quella sete di felicità e di amore infiniti che l’uomo si illude di poter colmare mediante gli idoli del sapere, del potere e del possedere» (Messaggio per la Quaresima 2016).

Come non essere grati per la profetica attualità dell’insegnamento e della testimonianza di don Giussani, che in tutta la storia del Movimento ci ha sempre richiamato al fatto che l’originalità della nostra presenza e del nostro contributo nella Chiesa e nella società sgorga dal riconoscimento di Cristo, come «il cuore stesso dell’esistenza, il centro affettivo della persona» (Lettera pastorale Educarsi al pensiero di Cristo, p. 41)? Nella sua Lettera pastorale Educarsi al pensiero di Cristo, vostra Eminenza ci richiama in più punti alla necessità, bene espressa da san Paolo nella Lettera ai Romani, di «non conformarci agli schemi del mondo»: «Assecondare l’incontro con Cristo, mettersi alla sua sequela, comporta una permanente conversione (metanoia), vale a dire un cambiamento di mentalità per assumere sempre di più la persona e l’esistenza di Cristo come criterio del proprio pensare ed agire» (p. 48)

Siccome non c’è incontro con Cristo se non nella Chiesa guidata da Pietro, chiediamo la grazia al Signore di una sempre più intelligente e appassionata fedeltà al carisma di don Giussani, nella sequela affettiva ed effettiva a papa Francesco, per poter continuare, pur con tutti i nostri limiti, a offrire il nostro contributo originale alla Chiesa, universale e ambrosiana, e al mondo nelle circostanze attuali, così delicate e spesso contraddittorie dell’umano, nella consapevolezza che «solo Cristo, come avvenimento presente nella vita delle persone, è in grado di liberare l’uomo dalla sua riduzione e di fargli desiderare e sperimentare quella pienezza per cui è fatto» (Corriere della Sera, 24/01/16).
Grazie Eminenza!

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