domenica 3 maggio 2015

Devastazione di Milano, l'Italia scopre che non esiste una politica di sicurezza

Pronti alla guerriglia
Come è sbagliato pensare che la tutela dell’ordine pubblico si fa soltanto su piazza, così è sbagliato ritenere una sorpresa la sottoposizione a ferro e fuoco – nel senso letterale del termine – del centro di Milano il primo giorno di Expo. Gli ultimi due anni di gestione della sicurezza nazionale sembrano aver riportato indietro di qualche lustro, cancellando risultati positivi nel frattempo conseguiti quanto ad adeguamento normativo, a incremento di professionalità delle forze di polizia, a interventi più razionali sui principali fronti critici.

Alle auto incendiate e alle banche devastate nel cuore del capoluogo lombardo si affiancano – quali “successi” dell’ultimo biennio – la ripresa della violenza collegata al calcio, l’aumento degli omicidi in territori che appaiono nuovamente abbandonati alla presenza criminale, l’incapacità di far fruttare le ricchezze ingenti sottratte alle mafie, la gestione alla giornata dell’emergenza sbarchi, le incertezze nel contrasto del terrorismo islamico, l’incremento in grande stile dello spaccio di droga, la chiusura di presidi essenziali per la prevenzione (taluni reparti della Polizia postale – quella che monitora i siti web – e della Polizia di frontiera).
Il tutto con forze di polizia la cui età media cresce per il permanente ampio blocco del turn over, le cui dotazioni diminuiscono a causa di tagli ottusi e del mancato utilizzo delle risorse disponibili, e il cui futuro deve fare i conti con gli annunci di accorpamento e di ridimensionamento: che non sono mere fantasie, visto che, tanto per cominciare, sta per essere soppresso il Corpo forestale dello Stato. Per non dire del pesante condizionamento costituito dal fantasma del G8 di Genova che continua a essere agitato – 14 anni dopo, con tutto quello che è cambiato nel frattempo! – senza che il Governo proferisca verbo, e da segnali politici ostili: la recente introduzione del reato di tortura è inutile per tutelare le possibili vittime di condotte prevaricatorie, per le quali l’ordinamento italiano ha già una gamma ampia di norme incriminatrici, ma si presta a ostacolare il lavoro dei poliziotti. Con queste norme se il Commissario Montalbano svolgesse un interrogatorio dei suoi, verrebbe subito iscritto nel registro degli indagati con una accusa infamante.
Manca un governo della sicurezza che, nel rispetto delle competenze tecniche, assuma le decisioni politiche e da un lato assicuri sostegno effettivo a chi opera – la solidarietà del giorno dopo è tanto irritante quanto inutile –, dall’altro indichi con chiarezza il punto di equilibrio. Per esempio, in materia di ordine pubblico, non lasci le scelte difficili al funzionario di polizia, ma prima di una manifestazione si prenda la responsabilità di dire che la libertà di manifestare è così ampia da far tollerare la devastazione di una città; o al contrario che essa ha – come ogni libertà – dei limiti costituiti dalla incolumità dei tutori dell’ordine e dal rispetto dei beni privati e pubblici, sì che va compressa quando tali limiti stanno per essere oltrepassati.
Ci sono decisioni che competono al Parlamento e al Governo: non sta bene che la loro omissione sia fatta pesare a chi indossa una divisa. Da anni si parla di estendere alle manifestazioni di piazza, cambiando qtuel che c’è da cambiare, le disposizioni che, finché sono state applicate con coerenza, hanno circoscritto la violenza connessa al calcio: si pensi per tutte all’arresto in flagranza differito o al divieto temporaneo di partecipare a quel tipo di eventi. Sono stati depositati disegni di legge in tal senso e l’attuale ministro dell’Interno ne ha evocato più volte l’introduzione: perché l’esecutivo non presenta una sua proposta, nel solco di una legislazione già collaudata? Perché le forze di opposizione non sfidano l’inerzia del Governo, avanzandone una propria, domandando che sia iscritta nella quota loro riservata? 
Ma è dal Governo che si attende un cambio di passo; ci sono gli strumenti per coniugare libertà di manifestare e sicurezza pubblica. Il punto di sintesi si raggiunge lavorando e facendo lavorare con intelligenza: costruendo un clima diverso per le forze dell’ordine; mettendo a loro disposizione mezzi dignitosi; coinvolgendo tutti i soggetti della sicurezza, dai servizi di informazione – chiamati a fornire le basi conoscitive per una prevenzione a monte – ai reparti specializzati, in grado di carpire informazioni e piani eversivi prima che si realizzino; valorizzando profili in grado di recitare una parte non secondaria, se responsabilizzati, come quelli della polizia locale e degli istituti di sicurezza privata. In sintesi, mostrando una vicinanza materiale e fisica che faccia percepire a chi esce di casa per tutelare tutti, e non sa se e come vi farà ritorno, che l’intera Nazione gli è veramente vicina.
Milano a ferro e fuoco
Vincenzo Luna

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