mercoledì 15 aprile 2015

Aperta una casa di Memores Domini nel nome di Rolando Rivi. «La vita è vocazione»


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Nel settantesimo anniversario del martirio del giovane ucciso dai partigiani, il vescovo Camisasca e don Carron inaugurano una “casa” per accogliere i pellegrini che si recano al santuario

«Il suo sangue, versato per amore di Cristo, renda feconda questa terra e la trasformi in un giardino di grazie per tutta la Chiesa». Sono queste le parole pronunciate da monsignor Massimo Camisasca, vescovo di Reggio-Emilia Guastalla, in occasione del settantesimo anniversario del martirio del beato Rolando Rivi, durante il quale è stata inaugurata domenica 12 aprile la casa dei Memores Domini a San Valentino di Castellarano. Alla cerimonia, cui ha partecipato una grande folla, oltre a Camisasca era presente anche don Juliàn Carròn, assistente ecclesiale dell’associazione laicale Memores Domini e successore di don Luigi Giussani alla guida del movimento di Comunione e Liberazione.
CHI ERA ROLANDO RIVI. Rolando Rivi era un giovane seminarista di 14 anni che fu ucciso dai partigiani comunisti il 13 aprile 1945. Fu prelevato dalla sua abitazione a San Valentino di Castellarano, seviziato, tortuato per tre giorni e infine ucciso con un colpo di pistola nel bosco di Palagano di Monchio. Tempi.it vi ha più volte raccontato la straordinaria vicenda di questo giovane cattolico (di cui si è tornato a parlare grazie a unlibro dello scrittore e giornalista Emilio Bonicelli) che il 5 ottobre 2013 è stato proclamato beato da papa Francesco (la Fondazione Tempi ha organizzato su di lui questo incontro). Una testimonianza di fede che, ancora oggi, purtroppo, solleva polemiche pretestuose e datate.
memores-rolando-riviI TRE MEMORES. Oggi le spoglie di Rivi si trovano nella chiesa santuario di San Valentino, e qui domenica è stata aperta la casa dei Memores Domini cui è stato affidato il compito di badare al santuario. Intervistati dal giornale diocesano La libertà, i tre memores, Angelo, Mario e Corrado, hanno spiegato che il loro compito sarà quello di «tenere aperto il luogo, accogliere i pellegrini, cercare di sviluppare l’accoglienza perché sia un’occasione per approfondire la vocazione anche di chi viene, perché tutti possano incontrare una realtà vera». A loro il vescovo Camisasca ha detto di essere dei «testimoni. Vivete la vostra vita lì. Il martirio è un dono e questo dono potrà passare attraverso non delle guide turistiche ma dei testimoni».
 Inaugurata la casa dei Memores Dominicarron
CAMISASCA   E CARRON. «Una casa di persone dedicate a Dio indica al mondo intero che vale la pena donare la vita a Gesù perché lui l’ha donata a noi» ha detto Camisasca nella sua omelia. «È innanzitutto un grande richiamo attraverso cui Dio raggiunge e provoca le nostre vite». Il vescovo ha ripercorso la vicenda di Rolando, soffermandosi sul fatto che «non ha fatto grandi ragionamenti nella sua mente da bambino. Semplicemente ha guardato le persone e i fatti che costituivano la sua vita. E così, guardando il suo parroco, don Olinto Marzocchini, ha capito che voleva diventare prete, per essere come lui. Guardando i suoi amici e le persone che aveva intorno aveva poi capito che la talare, che indossava da quando era entrato in seminario, era per tutti il segno distintivo della sua appartenenza a Gesù. Per questo l’amava. “Io sono di Gesù” e desidero che tutti lo sappiano e lo vedano. Senza tante parole. Con la gioia della mia vita. Con la fedeltà che il Signore mi ha donato di vivere».
Poi, rivolgendosi ai tre Memores ha detto loro che «guardando a Rolando imparerete ogni giorno che Dio può chiedere tutto e che tutto ha senso nell’obbedienza al Signore della nostra vita. Imparerete che la fede è veramente ciò che vince il mondo, i poteri mondani, ma imparerete anche che l’appartenenza a Cristo ha bisogno di esprimersi in segni concreti, visibili, come è questa casa che oggi abbiamo inaugurato e alla quale mi piace pensare come al corrispettivo di ciò che la talare significava per il piccolo Rolando: la visibilità di un’appartenenza a Cristo. Soprattutto Rolando vi ricorderà sempre quanto don Giussani ci ha continuamente mostrato: che la vita è vocazione».
Nel suo saluto conclusivo don Carron ha detto che «davanti al nostro possibile scetticismo sta un fatto: Rolando Rivi era talmente pieno di questa esperienza, che costituiva la sua stoffa umana fino alle viscere, che neanche la cattiveria degli uomini ha potuto separarlo da un’evidenza così indistruttibile. Non posso, non devo togliermi la veste, io non ho paura, io sono orgoglioso di portarla, non posso nascondermi, io sono del Signore».

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