sabato 25 giugno 2011

Davanti ai fatti



«Qualche volta dobbiamo chiedercelo: ma che cosa vuol dire incidenza storica? Che cosa muove l’uomo nell’intimo?».
È una domanda che Julián Carrón, responsabile di Cl, ha fatto a tutti, durante un recente incontro pubblico. In pratica, una sfida. Ma il primo modo per non prenderla sul serio è pensare che sia una domanda tagliata su misura per certi momenti. Per esempio, quando c’è una tornata elettorale. E il proprio “peso”, la capacità di smuovere e cambiare il mondo intorno - l’incidenza, appunto - viene voglia di calcolarla così, a voti e poltrone. Se hai vinto, incidi. Se perdi, conti zero.
È una riduzione micidiale. Anzitutto perché nessuna poltrona - nessun potere - colma il desiderio dell’uomo. Ma anche perché considera solo la prima metà della domanda. Come se la storia fosse altro dall’io. Fosse separata. È un dualismo subdolo, che si insinua quasi senza che ce ne accorgiamo e si traduce in un dubbio: ma quello che ha toccato me può davvero muovere anche ciò che ho intorno? L’esperienza cristiana che sta cambiando la mia vita può interessare proprio tutti? Può incidere veramente su tutto? Dubbio che lo stesso Carrón, in quell’incontro, esplicitava così: «Ma Cristo, volendo incidere sulla storia, ha sbagliato metodo creando la Chiesa invece di un partito politico? Se noi non capiamo questo, penseremo sempre che sarebbe meglio fare altro, che saremmo più incidenti facendo altro».

Il punto è che a questa domanda si può rispondere solo dall’interno di un’esperienza. Ovvero, guardando i fatti. E giudicandoli, accorgendoci della loro portata. È lì che il dualismo è sconfitto. Perché ci si accorge che la vittoria vera è l’esaltazione dell’io, la sua liberazione. Ma questo può accadere solo nella storia, non fuori. Dentro le circostanze. È lì, impegnati con la realtà, che ci accorgiamo di come una persona cambiata nell’intimo dal cristianesimo possa muovere anche ciò che ha intorno fino nell’intimo. E così, un po’ alla volta, incidere nella storia. In tempi e modi che non decidiamo noi, perché?ci pensa il Mistero. Ma incide. Come abbiamo visto accadere, per esempio, in decine di incontri avvenuti proprio in quest’ultima campagna elettorale. Una campagna faticosissima, impregnata di delusione per la politica e segnatamente per alcuni politici. Ma in cui tante volte chi era lì a dare un volantino si è scoperto più lieto e più certo di prima, e chi lo riceveva si è ritrovato imprevedibilmente accolto e sottratto alla sfiducia dilagante.

Allora, proviamo a leggere i fatti raccontati in questo numero (le elezioni, ma anche la conversione dei carcerati di Padova, le vite degli universitari) alla luce di questa domanda. A chiederci davanti a quei fatti se la fede incida o no nella vita dell’uomo - nell’intimo - fino a cambiarla. E a costruire una storia diversa dove non te l’aspetteresti: un carcere di massima sicurezza, un palcoscenico dove salgono ragazzi disabili... Forse inizieremo a capire di più il «contraccolpo nel cuore» avvertito da don Giussani davanti a uno dei “suoi” studenti che nel 1969, nei corridoi dell’Università Cattolica, gli aveva detto: «Se non troviamo le forze che fanno la storia, siamo perduti». Lui stesso, anni dopo, quel contraccolpo lo racconterà così: «Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice». E «la forza che fa la storia è un uomo che ha posto la sua dimora tra di noi, Cristo». È riconoscere questo che «introduce la nostra vita all’accento della felicità. È nell’approfondimento di queste cose che uno incomincia a (...) guardarsi nello specchio e sentire il proprio volto più consistente, il proprio io più consistente e il proprio cammino tra la gente più consistente; non dipendente dagli sguardi altrui, ma libero; non dipendente dalle reazioni altrui, ma libero; non vittima della logica di potere altrui, ma libero». Ubi fides, ibi libertas. Nell’intimo. E nella storia.
da Tracce N.6, Giugno 2011

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