mercoledì 27 maggio 2009

LA «PROSSIMITÀ» DELLA CHIESA ALL’UOMO REALE

A ccade con Gesù. Con i Santi. E con la Chiesa. Accade che gli uomini li sentano vicini. Li sentano prossimi. Co­me nei racconti dei Vangeli si vede che le persone consideravano Gesù uno che era vicino, uno che non stava solo riti­rato in preghiera o chissà dove, rapito nei suoi colloqui misteriosi con il Padre. Accadeva con Gesù. Sapevano dove tro­varlo. Era prossimo a gente di ogni tipo. Ai poveri, ai bambini, a chi era ricco ma senza gusto per la vita, a chi non sape­va farsi amare, a chi avrebbe voluto ti­rare la prima pietra, a chi non si alzava più dal letto. A chi aveva la peste. A chi non ci vedeva più. Era prossimo a chi vo­leva discutere su Dio. A chi aveva fame. Faceva diventar matti gli intellettuali del suo tempo, gli scribi, e gli ipocriti, i fa­risei. Che lo volevano 'bloccare', met­tere in una casella, assegnargli un cam­po d’azione consono al loro pensiero su Dio e sugli uomini.
Diventavano matti, dicevano che sì, lo stimavano, ma presero a odiarlo perché Lui era sentito vicino dagli uomini. Per­ché si faceva prossimo a tutti. E dopo di Lui, anche i santi sono stati e saranno prossimi alla gente. Tanti tipi di santi, per ogni tipo di situazione. Molto spes­so pagando con il sangue il fatto d’esser prossimi all’uomo contro i progetti di chi ha il potere. Leggendo le parole del cardinale Bagnasco all’assemblea dell’e­piscopato, viene davanti agli occhi la grande prossimità della Chiesa agli uo­mini di sempre, e in ogni condizione. Accadeva a Gesù, accade ai Santi, e alla Chiesa. Ma la Chiesa, dicono da un la­to strani intellettuali, dovrebbe occu­parsi di questa cosa e non di un’altra. No, rispondono altri intellettuali da un’altra parte, dovrebbe occuparsi del­l’altra e non di questa. Ma la Chiesa non fa distinzioni. Si occupa dell’uomo co­me è. Perché si occupa, per così dire, della risposta al desiderio di felicità, cioè di bene e di autentico, che c’è nella vita di tutti, fortunata o sfortunata che sia. Perciò si fa prossima alla famiglia in dif­ficoltà per la crisi come al grande im­prenditore. Perciò continua, lungo due­mila anni, la grande prossimità che Ge­sù ebbe con gente di ogni tipo e in ogni situazione. Lo fa in Italia nelle condi­zioni in cui vivono gli italiani. Nel dram­ma della crisi e della disoccupazione, nelle domande circa le evoluzioni della ricerca scientifica e nello smarrimento di fronte a una grande questione edu­cativa che mangia in petto il Paese.
Gli intellettuali - gli scribi di oggi - vor­rebbero che la Chiesa stesse entro cer­ti confini. Si scandalizzano se trovano la Chiesa prossima all’esperienza di uo­mini diversi in campi diversi della vita. Accadeva con Gesù, e accade anche og­gi. Così quando la vita di moltissimi nel nostro Paese è segnata da fatti duri o da gioie, costoro sanno che la Chiesa c’è, è vicina. Con i volti familiari di gente di fede. Di gente che è lì, sta vicina, dà u­na mano a capire, a guardare la verità e a far qualcosa di buono, sia che si trat­ti di una casa terremotata o di un ter­remoto esistenziale per decidere se il bambino va fatto nascere o no. E’ una prossimità all’uomo che non significa assistenza sociale (anche se innumere­voli sono le opere); che non significa nemmeno ricerca del consenso (non è il mestiere della Chiesa). Significa che la Chiesa ha da offrire una cosa all’uo­mo di sempre. L’incontro con Gesù. A quanti è capitato di riaprire una do­manda sulla propria fede per essersi ac­corti - per esperienza personale - che, alla fin fine, la Chiesa, cioè la gente cri­stiana, è prossima alle persone come nessuno in Italia.
La via della Chiesa italiana non è una via che passa o a destra o a sinistra, a est o a ovest dei problemi o sulla testa delle persone: è la via che porta in prossimità dell’uomo reale, alle sue croci e alle sue feste. Accadeva a Ge­sù, è scritto chiaro nei Vangeli. E da al­lora accade al proseguimento miste­rioso del Suo corpo, a quel che noi chiamiamo Chiesa.
di DAVIDE RONDONI

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