domenica 26 marzo 2017

Lettera di don Luigi Giussani alla fraternità di CL

lettera che don Luigi Giussani scrisse alla Fraternità di Comunione e Liberazione il 22 giugno 2003, di ritorno da un pellegrinaggio al santuario della Madonna di Loreto
Cari amici,
dopo il pellegrinaggio a Loreto, la personalità della Madre di Cristo ha giocato un ruolo che ora capisco quanto sia decisivo, chiarificatore per il carisma che la Chiesa ha riconosciuto come origine del nostro cammino.
Vi mando il testo di alcune mie riflessioni chiedendovi umilmente di domandare tutti i giorni allo Spirito che ci doni l’aiuto necessario: come ai primi Apostoli.
Vi assicuro che cercherò di offrire compagnia a qualsiasi interrogativo, dubbio o incertezza perché il nostro cuore rimanga fedele.
Vergine madre, figlia del tuo Figlio,
umile ed alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio.
1) L’inno alla Vergine di Dante coincide con l’esaltazione dell’essere, con l’ultima tensione da parte della coscienza dell’uomo che è alla presenza della “realtà” – che non nasce da se stessa, ma è fatta da un focus ineffabile: la realtà, infatti, è creata -.
È il dramma supremo che l’Essere domandi di essere riconosciuto dall’uomo. Questo è il dramma della libertà che deve vivere l’io: l’adesione al fatto che l’io deve essere continuamente esaltato da una rinascita del reale, da una ri-creazione che nella figura della Madonna diventa commossa dall’Infinito. La figura della Madonna è il costituirsi della personalità cristiana.
Il principio fondamentale del cristianesimo è la libertà, che è l’unica traduzione dell’infinitezza dell’uomo. E questa infinitezza si scopre nella finitezza che l’uomo sperimenta.
La libertà dell’uomo è la salvezza dell’uomo. Ora, la salvezza è il Mistero di Dio che si comunica all’uomo. La Madonna ha rispettato totalmente la libertà di Dio, ne ha salvato la libertà; ha obbedito a Dio perché ne ha rispettato la libertà: non vi ha opposto un suo metodo. Qui è la prima rivelazione di Dio.
L’Essere “si coestende” al suo comunicarsi totale, l’Essere arriva a toccare tutto ciò che lo circonda e per cui è stato fatto, ed è proprio nel suo comunicarsi totale che questo (la coestensione) avviene e si realizza, ti raggiunge. Per questo la verginità – «Vergine madre» – coincide con la natura dell’essere reale nella formula della totalità del suo svelarsi. La verginità è l’essere reale. «Vergine madre»: vergine perché eterna. «Nel ventre tuo si raccese l’amore/ per lo cui caldo nell’eterna pace…». Per lo cui caldo: ma chi è quel poeta che usa un termine così concreto? È dalla Verginità eterna che sorge la verginità della maternità. Così «Vergine madre» indica la modalità eterna con cui Dio comunica la Sua natura. Vergine viene prima di madre: vergine è secondo la natura dell’Essere, lo splendore dell’Essere; madre è lo strumento usato dall’Essere per comunicarsi.
Vergine: non esiste nulla di più perentoriamente e definitivamente suscitato da Dio come creatore di tutto – sarà bello andare a leggere i brani dell’Esodo, del Deuteronomio, del Siracide, di Isaia – della verginità. La prima quota del valore di un io, del creato, di qualunque cosa creata, l’assoluto è la verginità. La prima caratteristica in cui l’Essere si comunica è la verginità. È il concetto di purità assoluta, la cui conseguenza di vorticosità assoluta è la maternità. La verginità è materna, è madre del creato. È maternità la era Qui è la consistenza espressa e raggiunta dell’Essere: la perfezione che ha come suo punto luminoso la verginità, il calore della verginità, la ricchezza della maternità.
La Madonna è il metodo a noi necessario per una familiarità con Cristo. Lei è lo strumento che Dio ha usato per entrare nel cuore dell’uomo. E Dante è il più grande poeta della nostra stirpe: egli fa una teologia di Maria come nessuno ha mai fatto. O si sente la prima terzina di Dante crescere in cuore o essa diventa una pietra che schiaccia. Il Mistero dal quale procede, nel quale viene mantenuto e si esaurirà il creato, è la Madonna. «Vergine madre, figlia del tuo Figlio»: questo verso indica il significato totale del creato come accettabile dall’uomo, cioè offerto all’uomo. Così nel grembo di Maria è venuto a galla lo Spirito creatore, l’evidenza dello Spirito.
«Termine fisso d’eterno consiglio»: questa è la parola che definisce la natura delle cose che sono; nella sua definitività è l’espressione della potenza creativa di Dio. Quel “fisso” non rappresenta un blocco della libertà di Maria, perché il termine fisso è un suggerimento che viene dall’Eterno, che conferma l’opera di Dio. Per questo la prima parte dell’inno di Dante è l’esaltazione dell’eterno. È questo che bisogna rinfocolare nell’animo nostro e in quello dei credenti: l’amore a Cristo, a Cristo che è l’eterno consiglio. Tutto appartiene all’eterno. Termine fisso d’eterno consiglio: questo è il disegno ultimo, primo e ultimo del creato. È un eterno consiglio, è una cosa che vibra e che si chiama eternità.
Ragionando sulla lettera del Papa per il ventennale della Fraternità mi si è chiarita la questione: lo Spirito Santo è l’attuarsi provvidenziale del termine ultimo d’eterno consiglio: è il punto fisso definito della creazione dello Spirito, del genio di Dio.
“Consiglio” è percepire la dimensione infinita, inarrivabile, invincibile dello Spirito Santo. Questo rivela la ragione che giustifica il metodo dell’Incarnazione. Senza questo passaggio la Madre di Cristo non si capirebbe.
All’uomo tutto questo non può apparire se non come supremo metodo della libertà di Dio: la libertà di Dio è l’infinito potere che fissa – stabilisce – nel suo sguardo l’opera dello Spirito: Veni Creator Spiritus, mentes tuorum visita…
Queste cose qui bisogna leggerle anche con umiltà, perché Dio ti destina all’eterno, ti fa eterno, perché ti destina a capire chi tu sia e questo avviene negli spazi infiniti del tempo.

 2) La persona, il tu della persona è il luogo della garantita nobiltà generatrice, nella coscienza continua (sempre superiore a se stessa) della grande promessa, che domina tutta l’azione dello Spirito: Dio crea l’uomo e rappresenta l’invadenza del desiderio, è un desiderio senza fine come è per noi il fuoco di un dinamismo infinito rispetto a una sorgente provvisoria. Dio è la misura dell’invadenza del desiderio, essendo Dio la misura del desiderio. Solo tenendo presente Dio, uno si accorge che quello che ha addosso è una sorgente senza limite.
Questo vuole dire che lo Spirito suscita nell’uomo la parola, il disegno, che lo definisce. E questa parola coincide con un potere missionario, cioè ritorna sui campi della propria terra come provocante sfida.
3) La totalità dell’impegno della persona rende “uno”, un unicum, quello che sarebbe provvisoria luce partecipativa: ultima eterna formula del Mistero amoroso, la vertiginosa drammaticità in cui il tu precipita, dal di dentro di tutte le cose, in un abbraccio cosmico.
4) L’amore è così la formula partecipativa a quello che resterebbe un puro effimero.
Spiritus est Deus, lo Spirito è Dio, ma lo Spirito di Dio è amore: Deus charitas est (l’essenza della Trinità sono i tre che si amano). L’essenza dell’Essere è l’amore, questa è la grande rivelazione. Perciò tutta la legge morale è totalmente definita dal termine carità.
5) La carità riluce, dunque, come unica forma della moralità, che appare come estasi di speranza, inesauribile speranza. «Se’ di speranza fontana vivace».
La speranza passa come luce negli occhi e come ardenza nel cuore di quell’Essere che definisce la ricompensa dell’attesa umana: non è un premio perché l’io sia bravo, ma perché l’io vive l’estasi della speranza.
La speranza è una formula vivace, gioiosa e, nel suo impeto, nella sua purezza di contenuto, detta l’immagine di tutta l’umanità: la carità come forma della moralità.
Come quando Gesù fu di fronte al giovane ricco: «Va’, vendi tutto quello che hai e vieni con me!»; essendo quelle parole la forma della moralità, il ragazzo non aveva molta forza e non Lo seguì.
Tutto quello che accade è grazia, e tutta la grazia è in quel Tu in cui avviene l’adempimento.
6) Nel cuore dell’uomo, dalla misericordia sino al perdono e dalla ricchezza senza fondo, la gioia si addensa come luce senza confine, che assicura l’intensità della bontà creatrice.
7) La “musica” umana è il palco su cui tutto accade: e il Mistero diviene il popolo umano e il “coro” dell’Infinito. Si realizza così un’enfasi di personalità cristiana: ci si alza al mattino per andare a messa, per farsi curare, per andare a lavorare, per i figli… ci si alza per una esplosione in se stessi del fatto di Cristo!
Auguri a voi, alle vostre famiglie e alle vostre comunità.

2 commenti:

Unknown ha detto...

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Anonimo ha detto...
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