sabato 2 luglio 2016

Omelia di don Carlo Venturin Domenica VII ^ dopo Pentecoste 3 luglio 2016

7^ dopo Pentecoste – 3/7/2016
Gs 24, 1-2. 15-27  Rinnovare sempre l’Alleanza
Salmo 105 Serviremo per sempre il Signore, nostro Dio”
1Ts 1, 2-10 Fede operosa, fatica della carità, fermezza nella speranza
Gv 6, 59-69 Una Parola forte ( dura ), ma certa

MISERICORDIAE VULTUS
VERSO DOVE DIRIGERSI
 Il messaggio ripercorre i momenti di crisi di Israele prima, della Chiesa delle origini poi. Ogni momento storico personale o sociale è  sempre in tensione tra il vissuto esistenziale e quanto deciso in antecedenza. Sotto questa lente di ingrandimento su passato/futuro è possibile non demordere, essere fedeli, coerenti, decidere il percorso da seguire.
 Domenica scorsa il momento cruciale,  nel deserto, del popolo di Israele: Dio, attraverso Mosè, stabilisce “i paletti” per vivere il futuro; Gesù sul Golgota offre il rinnovo di tale PATTO con l’acqua e il sangue, per sempre, nonostante devianze e inadempienze. E’ con l’umanità di ogni tempo per sempre. Oggi l’ALLEANZA rinnovata, non più sul Monte, ma Sichem, per entrare nel regno della libertà. Giosuè, successore di Mosè, propone al popolo, radunato in assemblea, di SCEGLIERE se SERVIRE il Signore, o gli Dei: “Sceglietevi oggi chi servire”; la risposta è senza equivoci: “Noi SERVIREMO il Signore”. SERVIRE equivale a seguire e affidarsi a Qualcuno, obbedire alla sua voce, scommettendo solo su di lui. (Dieci volte il verbo SERVIRE). Chi SERVE Dio trova libertà e vita. Chi serve altri dei precipita nella alienazione della schiavitù sempre in agguato  (Oggi si parla di nuove schiavitù: “ludodipendenza. Giosuè vuole la nuova professione di fede sulle gesta compiute da Dio nell’Esodo, ma anche sul futuro, che si sta spalancando. Dio è fedele, cammina fianco a fianco. Il popolo deve schierarsi. La risposta chiesta al popolo che celebra, deve essere solenne e pubblica: “Serviremo per sempre il Signore , nostro Dio” ( Salmo ), “alleato per mille generazioni”.
 Giovanni narra la crisi della prima Chiesa (e non sarà l’ultima), che sta minacciando i discepoli. Gesù ha commentato il miracolo dei pani e dei pesci e ne dà l’interpretazione autentica. E’ consapevole del discorsoDURO”; alcuni si allontanano (“Chi può ascoltare la Parola DURA?”). Ora si rivolge agli intimi, ai Dodici, con quella domanda sferzante: “Volete andarvene anche voi?”. La risposta a nome di tutti viene da Pietro: “Da chi andremo?”,dove possiamo vivere lontani da te? Non ci sono alternative alla tua Parola di “VITA ETERNA”, “ Tu sei il Santo di Dio”. E’ la professione di fede richiesta alla Chiesa di ogni tempo e di ogni dove. Noi oggi e in ogni assemblea liturgica.
 La domanda di Gesù, che “ha il cuore APERTO", ai suoi discepoli richiede risposte, sotto forme di interrogativi:Come viviamo il culto liturgico, come vi partecipiamo (attori passivi), che cosa significa interpretare le grandi opere di Dio(se riusciamo a “vederle” nel quotidiano vivere), come renderle attuali, che senso dare alla salvezza di Dio, come intendiamo la parola liberazione dall’Egitto (condizionamenti di sottomissioni), quali sono gli idoli oggi, che significa restituire a Dio il Primato. Il Primato di Dio siamo noi: la nostra coscienza, la nostra libertà, la nostra dignità umana, il rispetto della dignità altrui, senza cedimenti e senza chiusure.
 Oggi, come sempre, Giosuè e Gesù chiedono di prendere decisioniAlcuni preferiscono andarsene, come sempre nella storia della Chiesa, vogliono un discorso adatto ai loro convincimenti. Gesù li lascia andare. Hanno compreso che seguire Gesù è faticoso, egli non realizza i loro sogni. Non è sufficiente rinunciare alle proprie cose, ai propri affetti: Egli esige tutta la vita: “Dare da mangiare la propria carne per la salvezza del mondo”I Dodici si rendono conto che ormai non è più possibile rimanere vicini al Maestro per interesse, in modo passivo, stando a vedere che cosa succederà e poi scegliere. Devono credere in Lui, “Servire il Dio vivo e vero, con l’operosità della fede, con la fatica della carità, con la fermezza della speranza” (Paolo, seconda lettura). Con Pietro e con la Chiesa i cristiani devono ripetere: “Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il santo di Dio”.
 Una testimonianza può aiutare. Uno scrittore ateo, Andrè Frossard, in DIO esiste, io l’ho incontrato”. “Entrando per caso in una chiesa di Parigi alla 5,10, per cercare un amico, sono uscito alle 5,15 in compagnia di una amicizia che non era di questa terra… Contemplando una candela che brucia a sinistra della croce, vicino al tabernacolo. Mi apparve una grande luce, piena di dolcezza, sconvolgente, capace di infrangere la pietra del mio ateismo. Sento in me una gioia straripante, l’esultanza del salvato, la gioia del naufrago raccolto in tempo… Una cosa sola mi stupiva: che la carità divina avesse trovato questo metodo inaudito ( Eucaristia ) per comunicarsi e soprattutto che avesse scelto per farlo il pane, che è l’alimento del povero”. Ciò che sembrava troppo duro è diventato nella fede un amore di infinita tenerezza.

Don Carlo

Nessun commento: