sabato 18 luglio 2009

Bentornata moratoria, seppur potata - La vita si difende e, ostinatamente, si ripropone

Le buone idee sono come la vita: sanno difendersi e si riaffacciano ostinate
Al direttore - Sono molto contento che la Camera abbia approvato la mozione per cui il governo italiano si farà promotore di una risoluzione dell’Onu “che condanni l’uso dell’aborto come strumento di controllo demografico e affermi il diritto di ogni donna a non essere costretta o indotta ad abortire, favorendo pratiche che aiutino a rimuovere le cause economiche e sociali dell’aborto”. La sua iniziativa della moratoria trova così quella prospettiva culturale, anche internazionale, che tutti ci auguravamo. E’ proprio vero che i tentativi buoni non finiscono: attraverso strade tormentate, ricompaiono, magari un po’ “potati”, ma più chiari ed efficaci. Strano anche che questa approvazione parlamentare sia praticamente contemporanea al dialogo tra il Papa e Obama e gli impegni assunti da questi per la riduzione dell’aborto.

La vita si difende e, ostinatamente, si ripropone; non è solo un fatto biologico: è un fatto misterioso, espressione insopprimibile della coscienza che l’uomo ha di sé. L’uomo, come diceva don Giussani, è “quel livello della natura in cui la natura prende coscienza di se stessa”; in cui la natura si fa domanda personale a riguardo del proprio destino. La vita non è nostra: la sentiamo, la sperimentiamo, la svolgiamo, ma non è nostra. Non ce la siamo data e, nonostante tutti i nostri sforzi, possiamo inopinatamente perderla.

La pretesa di controllare la vita, di cui l’aborto è solo un aspetto, è tanto moderna, quanto astratta e tendenzialmente violenta. Infatti, finisce sempre o nel sangue dell’aborto, come delle guerre; o nel nulla, per quanto dolcificato, della morte. Il mondo si disordina non perché l’uomo non riesca a controllarlo, ma perché pretende di controllarlo, come se lo avesse fatto lui; come se il burattino si impuntasse di essere il falegname. Per esempio, si parla di medicina personalizzata, intendendo fondamentalmente con ciò che la persona è identificata dal suo patrimonio originale di biologia e geni; in realtà, la persona non si identifica all’inizio, ma alla fine, al compimento del suo destino, che la Chiesa, nella sua millenaria saggezza, definisce “Dies natalis”. Si pretende di fare bambini geneticamente indenni, ma se poi sono tristi? Se vengono offesi? Se qualcuno gli spara, o vengono messi sotto da un camion, come è successo recentemente al figlio di un mio amico? E’ il compimento dell’uomo che definisce chi è, non i suoi geni.

Speriamo che queste idee si diffondano sempre di più, perché sono un contributo a un rapporto di realtà più adeguato, più rispettoso di sé, degli altri e delle cose. Darsi da fare per diffondere queste idee è sicuramente uno degli impegni più seri che si possano assumere. Tuttavia, come diceva Longanesi, non ci si può appoggiare troppo sulle idee o sui principi, perché si piegano. Per sostenere la vita, è necessaria la vita, che è molto più delle idee. Di che cosa è fatta la vita dell’uomo? Di biologia e basta, o – come insiste il Papa – dell’amore di Dio? E come si sente l’amore di Dio? Nell’amicizia degli uomini che amano il nostro destino, che riconoscono la sacralità di tutta la nostra vita, a tal punto da dedicarci la loro. Allora, oltre al messaggio anti aborto e pro vita, è urgente portare anche un altro messaggio, di speranza e – diciamolo – letteralmente di salvezza. Questo altro messaggio, che sta a capo di tutti i messaggi, lo dico laicamente, per esperienza, è che Cristo è venuto e si rende presente tra di noi.

di Giancarlo Cesana

© 2009 - FOGLIO QUOTIDIANO

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