IL NOSTRO AL DI LA’
❶ La Chiesa,
fin dalle origini, ha celebrato la memoria dei defunti, offrendo per loro preghiere di suffragio,
soprattutto nell’Eucaristia. La data del 2 novembre è fissata attorno all’anno
mille, nel monastero di Cluny, consuetudine che poi si diffuse in occidente. La
contiguità con il 1° novembre sottolinea la relazione che esiste tra la
solennità dei Santi e la commemorazione dei defunti, fondata sull’unità dei
morti in Cristo e nella comunione dei Santi, che così sono riuniti in un’unica
festa distribuita in due giorni.
❷ Può
sembrare un giorno triste, perché la
memoria dei trapassati porta nomi e persone care, che hanno segnato la nostra
vita. E’ anche giorno di fiducia nel
Signore risorto, nel quale vivono in pienezza quanti ci hanno preceduto nel
segno della fede. Oggi è il giorno della preghiera per loro, la quale tiene
uniti oltre i confini della morte.
❸ La Parola
di Dio oggi prevede tre formulari per
poter entrare nel mistero della morte fisica, ma nell’ambito di Cristo
risorto. Ogni Lettura offre un aspetto
del mistero, sta a ciascuno indagare, assimilare il messaggio nei vari aspetti,
partecipando all’Eucaristia.
❹ La morte
viene percepita e vissuta su versanti diversi: come SCACCO personale
inevitabile; come EVENTO che smaschera
i fatti della vita (tutto viene a galla con il tempo ); come ATTO in cui la persona misura fino in
fondo la sua dignità; come ANGOSCIA
notturna che riempie il vissuto di tanti malati; come VOCE quotidiana che azzera le diversità (la morte raffigurata con
la falce in mano e rende tutto piano ); come PAROLA eterna che interpella la ragione (perché la nascita, perché
vivere, perché soffrire, perché le ingiustizie, perché le guerre, perché le
lotte fratricide, perché l’accumulo di ricchezze a scapito di altri, perché la
morte? ). Occorre vederla come atto di fede decisivo nella liberazione che Dio
nasconde per tre giorni nei tratti strazianti di Cristo sul Golgota. Di fronte
alle persone defunte ci si potrebbe chiedere: come hanno visto la morte? Come
l’hanno messa in relazione con la vita?
❺ Le risposte
sono diverse, secondo gli stili di
vita, i gesti, gli atti, la solidarietà o meno con gli altri. Oggi, come sempre,
si afferma che è impossibile parlare della morte, perché le parole che parlano
di morte vengono dalla vita, perché la morte non ha parole: ogni discorso sulla
morte diventa un illecito sulla vita. Per appropriarsi della vita si deve
congiurare contro la morte. La nostra società vive questa contraddizione.
❻ Chi
professa la fede cristiana,
sull’esempio e sulla Parola di Cristo, afferma che la morte è il limite umano,
ma Dio è il limite della morte. La morte così, anche se continua ad accadere, è
già alle spalle. Dio ha l’ultima parola, definitiva. San Paolo lo afferma con
sicurezza: “Dov’è , morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione …
Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro
Gesù Cristo”. Giovanni parla di vita eterna, cioè vita pienamente realizzata
per sempre: “Ha la vita eterna chi ascolta la mia Parola e crede a Colui che mi
ha mandato” (5, 21-29). Chi professa la vita cristiana crede alla Parola di
Gesù: “… udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per la
risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna”
(5, 29).
❼ Tutte le
nostre consolazioni, sicurezza, speranza in seno alla morte sono nell’esistenza
di Dio, che ha abitato in Cristo il
terreno impraticabile della morte. Come il Signore Gesù, la persona saprebbe attraversare
il luogo della maledizione (Adamo ed Eva), il luogo della morte, da vincente,
da “signore” sulla morte.
❽ In modo
paradossale si può affermare che la persona credente non ha alcun al di là, né ha bisogno di averlo, perché Dio è il suo al di là. Queste osservazioni racchiudono il pensiero
di Paolo, quando afferma che non conta né vivere, né morire, ma vivere e morire
nel Signore: se tu muori nel Signore, vivi; se non vivi nel Signore, è come
fossi già morto. La meditazione sulla morte, sui nostri morti, diventa un
invito a riflettere sul come stiamo vivendo: nel nome del Signore, o secondo
altre logiche?
❾ La giornata
di oggi è un canto di speranza: la
luce è più forte di qualsiasi tenebra, non saranno il buio e il freddo della
morte ad impadronirsi della nostra fragile esistenza. Oggi è anche un canto di gratitudine: per tutto il
bene che si è ricevuto da quelli che non sono più tra noi, per l’amore donato,
per la stima e gli incoraggiamenti, che hanno consentito di superare ogni
prova, per il sostegno e la fiducia donati. Quello di oggi è un canto di fiducia: qualunque cosa
accada, si è sicuri di essere in buone mani e di poter contare, in ogni
momento, sulla misericordia del Padre. Quello di oggi è un canto percorso da una forza e uno slancio nuovi: verrà presto il
giorno in cui tutti saranno radunati dalla bontà misericordiosa del Padre e
insieme (“la moltitudine immensa” di ieri) partecipi della gloria di Cristo e
dei Santi.
Don Carlo
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