La celebrazione di carattere inter-rituale di oggi pomeriggio nella cattedrale dello Spirito Santo a Istanbul ha aperto la pagina cristiana del viaggio di Francesco in Turchia. In chiesa, ad assistere alla Messa, i fedeli della piccola comunità cattolica turca e i rappresentanti delle Chiese cristiane. Tra loro, il Patriarca ortodosso ecumenico Bartolomeo I, con il quale il Papa nel tardo pomeriggio, dopo la preghiera ecumenica al “Phanar”, si ritroverà per un incontro privato. Ai presenti alla celebrazione, il Papa ha chiesto di difendere la ricchezza dell’unità.
I credenti vivano nella pienezza dell’unità. E’ il popolo dei cattolici di Turchia quello che accoglie il messaggio dell’omelia di Francesco in cattedrale dello Spirito Santo a Istanbul. Ci sono i fedeli dei quattro riti e a loro il Papa spiega la ricchezza donata dai differenti carismi, suscitati dallo Spirito Santo, anima della Chiesa che soprattutto “crea l’unità tra i credenti: di molti fa un corpo solo, il corpo di Cristo. Tutta la vita e la missione della Chiesa dipendono dallo Spirito Santo”:
“Quando noi preghiamo, è perché lo Spirito Santo suscita la preghiera nel cuore. Quando spezziamo il cerchio del nostro egoismo, usciamo da noi stessi e ci accostiamo agli altri per incontrarli, ascoltarli, aiutarli, è lo Spirito di Dio che ci ha spinti. Quando scopriamo in noi una sconosciuta capacità di perdonare, di amare chi non ci vuole bene, è lo Spirito che ci ha afferrati. Quando andiamo oltre le parole di convenienza e ci rivolgiamo ai fratelli con quella tenerezza che riscalda il cuore, siamo stati certamente toccati dallo Spirito Santo”.
I differenti carismi nella Chiesa non sono disordine come potrebbe sembrare, quanto “un’immensa ricchezza, perché lo Spirito Santo è lo Spirito di unità, che non significa uniformità”:
“Solo lo Spirito Santo può suscitare la diversità, la molteplicità e, nello stesso tempo, operare l’unità. Quando siamo noi a voler fare la diversità e ci chiudiamo nei nostri particolarismi ed esclusivismi, portiamo la divisione; e quando siamo noi a voler fare l’unità secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l’uniformità e l’omologazione. Se invece ci lasciamo guidare dallo Spirito, la ricchezza, la varietà, la diversità non diventano mai conflitto, perché Egli ci spinge a vivere la varietà nella comunione della Chiesa”.
Lo Spirito Santo armonizza la moltitudine di carismi, fa l’unità della Chiesa, nella fede, nella carità, nella coesione interiore. “La Chiesa e le Chiese sono chiamate a lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, ponendosi in un atteggiamento di apertura, di docilità e di obbedienza”. Il rischio è la tentazione di fare resistenza allo Spirito Santo, “perché scombussola, perché smuove, fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti”, ed è “più facile e comodo adagiarsi nelle proprie posizioni statiche e immutate”:
“In realtà, la Chiesa si mostra fedele allo Spirito Santo nella misura in cui non ha la pretesa di regolarlo e di addomesticarlo. E la Chiesa si mostra fedele allo Spirito Santo anche quando lascia da parte la tentazione di guardare sé stessa. E noi cristiani diventiamo autentici discepoli missionari, capaci di interpellare le coscienze, se abbandoniamo uno stile difensivo per lasciarci condurre dallo Spirito. Egli è freschezza, fantasia, novità”.
Arroccarsi eccessivamente sulle proprie idee, sulle proprie forze, scivolando così nel pelagianesimo, adottare un atteggiamento di ambizione e di vanità, “questi meccanismi difensivi” impediscono di comprendere gli altri e di aprirci al dialogo con loro. La Chiesa riceve in consegna il fuoco dello Spirito Santo che incendia il cuore, è investita dal vento dello Spirito che abilita ad un servizio di amore, un linguaggio che ciascuno è in grado di comprendere:
“Nel nostro cammino di fede e di vita fraterna, più ci lasceremo guidare con umiltà dallo Spirito del Signore, più supereremo le incomprensioni, le divisioni e le controversie e saremo segno credibile di unità e di pace. Segno credibile che il nostro Signore è risorto, è vivo”.
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