Nel tempo di Avvento la figura del Battista appare sulla scena gridando l’urgenza di preparare una via. Egli grida dal deserto, secondo l’oracolo di Isaia, ma grida anche nel deserto, secondo una possibile traduzione del testo evangelico. E forse questa seconda versione ben si addice ai tempi nostri dove la vita religiosa (e il monachesimo in particolare di cui il Battista è simbolo e patrono) grida nel deserto di un mondo che del Messia non sa che farsene.
In questo Avvento, che segna l’inizio di un anno dedicato alla vitaconsacrata, mi piace rievocare una tela di Hieronymus Bosch. Una tela che ci offre un Battista del tutto diverso dall’iconografia tradizionale. Non l’ascetico consumatore di locuste che veste pelo di cammello, ma il filosofo “in carne”, mollemente adagiato sul terreno mentre declina le virtù di un agnello che sta davanti a lui.
Il paesaggio è paradisiaco eppure la minaccia incombe. L’elementoche nasconde parzialmente il profeta è una pianta. La radiografia del dipinto ha dimostrato che qui Bosch aveva inizialmente collocato il donatore, in ginocchio profondamente devoto al suo patrono. Non sappiamo il perché di questo repentino cambio d’idea, sappiamo però che la sostituzione non fu casuale. Bosch, nella sua bravura e nel suo nutrito repertorio, avrebbe potuto scegliere una infinita gamma di piante e invece no: egli sceglie proprio una pianta carnivora.
Nell’immaginario dell’artista la pianta carnivora è simbolo di quelle passioni umane voraci edevastatrici che corrompono fede e costumi. Possiamo a ben ragione vedere in essa la nostra attuale società dove il deserto culturale appare come la conseguenza normale di una vita spesa gozzovigliando e divorando tutto il divorabile. È strano, però, come un uomo del XV secolo, qual è Bosch, abbia opposto a questa voracità epicurea non un modello ascetico, ma un modello filosofico. Il motivo si trova nascosto nella committenza dell’opera che, sia pure incerta, pare essere riferita alla Confraternita di Nostra Signora, una corporazione che si occupava della difesa della vera fede contro le sette emergenti, specie quelle di stampo esoterico. Così sorprende la modernità dell’invito che scaturisce dall’opera di Bosch: di fronte a una cultura dominata dall’egoismo e dal culto del corpo, occorre un’altra cultura, dominata piuttosto dalla passione per la storia letta alla luce della verità della fede e della verità cristiana.
La pianta carnivora sembra inghiottire tutto persino la roccia sulla quale si appoggia il Battista,eppure nella sua ingordigia non s’avvede che dietro la roccia c’è un Agnello accovacciato, come in attesa della sua ora, e che il frutto della pianta sta per essere divorato da un picchio dalle sfumature verdi. Il picchio, come molti altri animali, ha un duplice valore simbolico di male e di bene. Nel male il picchio è segno dell’eresia che svuota i contenuti della fede con insistenza, ma nel bene, e specie quando ha sfumature verdi, simbolo di rinascita, il volatile è segno di Cristo stesso che ricerca pazientemente la presenza del Maligno per sradicarla.
L’agnello che sta dietro la roccia è segno, invece, della mitezza che vince sulla forza. Se la pietra che sta per essere divorata è la Chiesa e, nello specifico, la roccia di Pietro, cioè il Papato, Bosch avverte con discrezione che essa è fondata non sul volere di uomini, ma sul volere di Dio e sulla carta vincente del sacrificio.
L’agnello sacrificale indica, infatti che proprio mentre l’uccisore esulta per il raggiungimento della preda, si celebra la vittoria finale. Proprio nel momento della crocifissione e perciò stesso della sconfitta, Cristo celebra la vittoria sul male e sulla morte. Per questo mentre la pianta carnivora è nel suo massimo rigoglio un picchio, la verità di Cristo difesa dal Battista, la divora. Che la vita religiosa possa in questo anno ritrovare il suo vigore missionario, che possa ritrovare la sua forza di attrazione proprio nella difesa della verità della fede e nella diffusione di una cultura capace di minare dall’interno le moderne filosofie anticattoliche e antiumane.
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