«E non mi si partia dinanzi al volto,/ anzi ‘mpediva tanto il mio cammino,/ ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto». (Inferno, canto I)
Che pasticcio Bridget Jones! L’avranno detto in molti dopo aver visto l’attrice Renée Zellweger comparire in pubblico con un volto completamente diverso. Non è più lei; ora è un’anonima Barbie bionda, occhi azzurri, simile allo stereotipo femminile che esce dalle cliniche di bellezza. Ma Renée ha dichiarato che la metamorfosi dipende solo da un suo cambiamento intimo: è più serena e felice, e tutto questo si riflette nei lineamenti. Se è così, care amiche, siamo fortunate perché vuol dire che l’elitaria chirurgia estetica ha una rivale abbordabile per tutte e si chiama: serenità. Niente bisturi e punture, solo tisane e gioia di vivere.
Curiosamente il sito su cui ho letto di Miss Zellweger riportava anche, a lato delle foto con il suo prima e dopo, un trafiletto dedicato al tema del burqua, corredato di foto di figure femminili nascoste dietro veli blu. Donne indistinguibili e irriconoscibili; come Renée, in fondo, che è diventata indistinguibile e irriconoscibile. Allora mi sono chiesta: che esista anche il burqua della vanità? Noi, giustamente, condanniamo i regimi che impongono alle donne di presentarsi in pubblico completamente coperte, e la definiamo quasi una tortura. Poi, in altri contesti si loda tutto ciò che può far chirurgicamente sparire ogni segno del tempo, facendo al contempo sparire ogni traccia dell’unicità irripetibile dei volti. E non è forse anche questo un modo di nascondere il viso, usando il manto lussuoso della vanità? Ci sono regimi repressivi che impongono la schiavitù costringendo le donne a non mostrare il proprio viso; e ci sono altri regimi libertari e consumistici che impongono tutt’altra specie di schiavitù, promettendo a ogni donna il volto che desidera.
È vero, la mattina davanti allo specchio nessuno di noi si sente dell’umore di Narciso, che s’innamorò di sé. Piuttosto ci scappa un: «Oddio, e tu chi sei?». Dopo di che, noi signore, diamo fondo alle nostre risorse, sperando nei miracoli: la crema illuminante, il mascara per-uno-sguardo-travolgente, il rossetto a lunga durata. E va bene, perché ognuno ha un ideale amabile di sé. Ma qualcosa di più esaltante ci aspetta fuori dalla porta di casa, ed è un make-up artist che ha un modo tutto suo di illuminarci e travolgerci, con segni a lunga durata: lasciarci levigare e segnare dalla vita reale è una scommessa che richiede umiltà e sconsideratezza, perché significa aver voglia di togliersi i veli… di scoprici, via via che si cammina.
Perciò, che peccato Bridget Jones! – direbbe Dante, che all’inizio del suo viaggio fa rimare volto (viso) con vòlto (girato). Il peccato, rappresentato dalla lonza, gli sta davanti al viso e lo spinge a voltarsi indietro per paura. Banalizzando, si può dire che è un vero peccato quando noi facciamo un volta faccia al nostro volto. Perdiamo qualcosa quando retrocediamo nascondendo il viso dietro ogni sorta di maschera; perdiamo senz’altro quella risata ironica e commossa che potremo fare alla fine della storia, allorché constateremo che il nostro volto è il racconto fedele di tutto ciò che abbiamo incontrato. Se non proprio belli, ci scopriremo attraenti; mi ci gioco la faccia.
Annalisa Teggi.
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