Il Bundestag di Berlino ha commemorato stamani il 25.mo del crollo del Muro di Berlino. Quell’avvenimento – ha detto il presidente del parlamento tedesco, Norbert Lammert – “fu la conseguenza di una rivoluzione pacifica, senza precedenti non solo nella storia tedesca''. Per una riflessione su questo evento e sul ruolo che ebbe all’epoca Giovanni Paolo II,Alessandro Gisotti ha intervistato lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio:
R. - Giovanni Paolo II diceva che “la storia è piena di sorprese” e lo stesso cancelliere Kohl che è stato uno dei grandi attori della riunificazione, non avrebbe mai sospettato - anche pochi mesi prima - che il Muro sarebbe caduto e caduto in questo modo. Secondo me, la grande lezione è che la storia è piena di sorprese e che gli uomini e le donne e i popoli debbano perseguire un disegno, un disegno di unità, come hanno perseguito i tedeschi, come ha perseguito Giovanni Paolo II e non accettare i muri o addirittura sentirsi esaltati e protetti dalla rinascita dei muri.
D. - Qualcuno ha scritto che il Muro di Berlino è iniziato a sgretolarsi il 16 ottobre del 1978, ovvero con l’elezione proprio di Giovanni Paolo II. Lei cosa pensa al riguardo?
R. - Io credo che il ruolo di Giovanni Paolo II sia stato un ruolo di grande importanza. Non va sottovaluto! Ed è stato un ruolo che ha agito sulla geopolitica dello spirito, sulle correnti del profondo. Ha insegnato ai popoli dell’Est a non aver paura. Del resto già La Pira diceva che la Polonia era il primo anello di quel mondo sovietico che si sarebbe incrinato. E che già le mura - lo scriveva negli anni Cinquanta - erano cadute al suono delle trombe di Gerico.
D. - Lei ha avuto modo più volte di parlare proprio con Karol Wojtyla degli eventi straordinaria dell’89, la caduta del Muro e poi ovviamente l’incontro in Vaticano con Gorbaciov. Cosa la colpiva, cosa la colpisce ancora ricordando quelle parole del Papa?
R. - La passione del Papa per l’Oriente, di cui aveva grande rispetto, l’Oriente russo soprattutto: “una Chiesa di martiri”, così la definiva. Ma anche vorrei dire che quest’uomo, che è stato insieme polacco e universale, era un uomo che aveva una visione. Perché credo che il nostro problema di oggi sia proprio quello della mancanza di visioni.
D. - Il Muro di Berlino è caduto, purtroppo però tanti muri sono ancora in piedi: Francesco, come Giovanni Paolo II, esorta a costruire ponti e non muri. Questa sua cultura dell’incontro, che risuona continuamente…
R. - Io credo che i muri risorgano e sono i muri di un nuovo clima quasi da Guerra Fredda. Io vengo da Mosca, dove ho avuto un incontro molto lungo e significativo con il Patriarca, con il ministro degli Esteri russo: i muri risorgono! Noi dobbiamo stare molto attenti, perché i muri risorgono, i muri dividono i popoli, i muri fanno soffrire la gente. I muri durano e si trasmettono di generazione in generazione. Io credo che il discorso di Francesco sulla cultura dell’incontro sia aprire delle falle in questi muri o evitare che crescano.
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