Presiedendo il convegno in preparazione della Marcia “Andemm al Domm”, il cardinale Scola, in Cattolica ha richiamato il senso di una scuola che sia davvero pubblica, libera e utile per tutti. Una sfida affascinante l’ha definita
«Il titolo della manifestazione e del Convegno è davvero significativo, “Liberi di educare alla libertà. Una scuola libera è davvero pubblica”».
Dice così il vicario episcopale per la Pastorale Scolastica, il vescovo monsignor Pierantonio Tremolada, aprendo appunto l’Assise che, in preparazione alla Marcia “Andemm al Domm” 2015, si svolge in “Cattolica”, con l’introduzione di don Giambattista Rota, responsabile del Servizio di Pastorale scolastica e Irc.
«Si intuisce quale sia la direzione nella quale intendiamo muoverci. Il desiderio che ci anima parte dalla convinzione dell’importanza della scuola in quanto tale, dal bene prezioso che è l’istruzione posta nell’orizzonte più ampio dell’educazione, dalla convinzione che ogni cittadino abbia diritto di organizzarsi per dare il proprio contributo all’edificazione di un sistema scolastico efficace ed efficiente e che ogni famiglia abbia il diritto di scegliere. È questo che intendiamo quando parliamo di scuola libera. Nessuna rivendicazione confessionale e questa prospettiva non ha presente solo le scuole cattoliche», aggiunge Tremolada.
«Vogliamo essere liberi di educare alla libertà, perché l’educazione è ovviamente un affare di libertà e lo toccano con mano soprattutto i genitori», spiega subito il cardinale Scola che presiede il Seminario.
«La difficoltà dell’uomo contemporaneo europeo è proprio l'incapacità di afferrare la realtà nel suo dinamismo di senso. C’è un’involontaria tendenza a mancare la realtà e a pretendere di poterla non solo modificare, ma addirittura di riscriverla e riformularla. In questo contesto, la libertà dell’educazione è necessaria proprio perché l’io possa poggiare i piedi su un terreno solido, ma educare alla libertà non può che essere fatto da uomini liberi» e da cittadini coscienti, suggerisce l'Arcivescovo, ponendo la questione che definisce fondamentale.
«Mi pare che nelle politiche scolastiche abbiamo fatto un piccolo passo avanti, anni fa, quando il concetto di scuola paritaria ha accolto il valore pubblico della scuola, mentre il passaggio che ora si deve affrontare è il dire con chiarezza che l’espressione scuola paritaria non ci basta e che occorre andare più a fondo».
Da un primo punto che, come è ovvio, assicura alla persona la libertà di professare la fede e di educare con alcuni principi ad essa ispirati, il secondo punto, nelle parole di Scola, diventa, così, il cardine su cui muove l’intero ragionamento proposto ai partecipanti all’incontro che si svolge, significativamente, in Aula Magna. «Esiste una natura pubblica della scuola paritaria che, per questo, vogliamo chiamare libera. Dobbiamo superare una modalità ideologica di proporre la scuola libera, questo non è un tempo di battaglie e continuare ad insistere nell’affermazione, pur perfetta dal punto di vista di principio della libertà della scuola cattolica che non toglie nulla a nessuno, in questa fase storica finisce per essere ulteriormente esposta al pregiudizio di cui stiamo stati vittima finora».
Da qui la proposta: «far rientrare la scuola confessionale nell’idea di scuola libera e far comprendere che essa favorisce una scuola migliore per tutti. Non caso nella quasi totalità dei Paesi europei si fa così».
Infine il terzo e conseguente passaggio espresso nella prudente soddisfazione per le detrazioni fiscali che dovrebbero arrivare a sgravare le famiglie che scelgono le scuole paritarie: «Abbiamo sempre detto che una parità non è veramente tale se non arriva all’aspetto finanziario, ma il problema è più profondo: è quello di un pluralismo all’interno della scuola unica di Stato, per cui mi sembra arrivato il momento di volere un pluralismo di scuole. Ad esempio, la possibilità di fare una proposta che parta da una visone con un’identità precisa come quella cristiana – che se ben interpretata è universale e aperta alle altre visioni del mondo – è un vantaggio per tutti».
Una visione delle cose che non può che dirsi «affascinante», come, infatti, la chiama il Cardinale, «che libera la scuola di ispirazione confessionale da una presunta chiusura».
«Vogliamo una scuola di qualità e un pluralismo di scuole, convinti che fare una proposta a 360°i promuove la scuola come fatto normale di comunità, capace di prolungare lo stile e l’atmosfera che un ragazzo respira a casa propria, dilatando lo spazio dell’educando».
Un sogno? No, un domani concreto per cui impegnarsi insieme perché, come sottolinea nel suo intervento Anna Maria Poggi, docente di Diritto Costituzionale all'Università di Torino, «con la Grecia siamo l’unico Paese in Europa che non riesce a uscire dal pregiudizio ideologico. Una cosa è il diritto allo studio, altro è una scuola libera in un sistema dove le famiglie possono scegliere. Il valore aggiunto che questa scuola porta nel sistema, non è solo economico, è il paragone con il sistema statale. La presenza delle scuole libere è precondizione per una possibilità di scelta democratica».
La domanda è, semmai, chi abbia paura di una scuola veramente libera in grado di unire il principio dello sviluppo della personalità dell'uomo, la libera scelta dei genitori e il diritto all’istruzione con efficienza e efficacia. Unione che, evidentemente, «arricchisce il paradigma del pubblico».
Se rimaniamo ancora nel “falso dilemma” tra pubblico e privato, nel “sistema ingessato”, si ha l'impressione che ad aver paura sia lo Stato, «appunto perché la scuola statale ha in parte fallito il suo compito, non essendo inclusiva ed efficiente. La sfida, paradossale, in un momento di crisi come l’attuale è proprio questa: insistere su una scuola che migliori il panorama dell’offerta formativa per una libertà rispettosa di ciascuno. Per il bene di tutti come hanno già, da oltre un secolo, capito nella laicissima Francia, dove esiste compiuta parità di scelta, come descrive il diacono permanete Philippe Miton, membro dell'Équipe di Animazione Pastorale di Orléans.
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