Pochi minuti di un telegiornale, l’altra sera. Dapprima il dolore terribile, aspro, inconsolabile degli amici e dei parenti di coloro che sono stati uccisi a Tunisi, colpevoli soltanto di essersi giustamente concessi una piccola vacanza dopo anni e anni di lavoro. Un dolore che gridava a Dio più attraverso il silenzio che non con le parole. Uno sconcerto totale, una sensazione di essere abbandonati anche in casa propria.
Fotogramma successivo: la fotografia del ragazzo di 15 anni che è stato ammazzato da un “pirata” della strada, come si dice benevolmente: lo ha ammazzato – con la madre in gravissime condizioni - provocando un contorcimento di lamiere di 5 macchine. Dopo 24 ore si è finalmente consegnato, ma mancando finora il reato di omicidio stradale che è stato invocato a gran voce dalla gente perbene e che è stato promesso dai politici non perbene, tutto si ridurrà a una condanna di qualche mese di detenzione, e probabilmente lui, come i suoi emuli del passato non metterà neanche piede nelle patrie galere.
Sullo sfondo c’è il disastro di una società che vive minacciata quotidianamente e che non sa a chi guardare perché possa difenderla. Gli italiani dovranno guardare bene la fotografia di quel galantuomo ammazzato a Tunisi, la cui faccia buona, benevola e onesta è quella della stragrande maggioranza dei cittadini italiani, e su cui campeggiava una scritta sanguinosa: «Abbiamo schiacciato un crociato».
Gli italiani sono di fronte a queste cose, non sanno più cosa fare e cosa dire. Certo una cosa che non convince nessuno è questa valanga di retorica che da tutte le parti - politiche, culturali, ideologiche, religiose - si riversa su questo corpo. Non trova la via del cuore, e se qualche volta trova la via del cuore non trova la via dell’intelligenza e della ragione. E un popolo vive di intelligenza e di ragione.
Come ci insegna la testimonianza dei pastori nel passato grande della Chiesa cattolica, non ci rimane altro che affidare di nuovo, sempre di nuovo, la vita al Signore Gesù Cristo, perché la salvezza dell’uomo oggi come sempre è nel riconoscimento che Egli è presente. Abita in mezzo a noi nel suo popolo; e se Lo seguiamo, nel suo popolo avviene la trasformazione dell’intelligenza e del cuore.
Ma subito dopo il riconoscimento di Cristo, il nostro popolo da secoli ha pregato Sua Madre perché Sua Madre è l’unica che può aiutare Chiesa e società a non essere travolta dalla valanga del male che in certi momenti sembra indomabile.
* Arcivescovo di Ferrara-Comacchio
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