martedì 3 marzo 2015

Pio XII, un film per rendere giustizia alla verità

Papa Pio XII


Ancora polemiche su Pio XII e sul suo ruolo nel salvare la vita a oltre 800mila ebrei? Sì, l'uscita del film-inchiesta Sfumature di Verità, ha di nuovo sollevato lo stesso polverone di mezzo secolo fa, quando la pièce teatrale Il Vicario accusò Papa Pacelli di essere stato il "pontefice di Hitler". Il film rende giustizia alla sua figura storica. Vittorio Messori ci spiega da dove e perché nacquero così tanti pregiudizi ideologici contro di lui. Pio XII non fu lo "Schindler in Vaticano". E' un Santo, che prima o poi la Chiesa si deciderà a riconoscere.

Sfumature di Verità su un Papa incompreso
di Marta PetrosilloChristopher Lambert
«Rendere giustizia al personaggio più incompreso del XX secolo: Pio XII». Così la regista Liana Marabini ha spiegato l’intento del film Sfumature di verità (Shades of Truth), da lei scritto e diretto, presentato questa mattina a Roma in occasione dell’anniversario della nascita e dell’elezione di Pacelli.
La pellicola intende confutare le accuse rivolte a Pio XII, per dimostrare come l’azione diplomatica dell’allora vescovo di Roma fu determinante nel salvare centinaia di miglia di ebrei dall’olocausto.
Pio XII non fu dunque il “Papa di Hitler”, ma lo “Schindler del Vaticano”, grazie al quale oltre 800 mila ebrei si sono salvati dalla deportazione. Ad attestarlo oltre 100 mila pagine di documenti e testimonianze inedite che la Marabini ha studiato per cinque anni prima di scrivere il soggetto del suo film.
A scoprire assieme allo spettatore la verità su Pio XII è il giornalista ebreo italo-americano David Milano – l’attore David Wall – la cui inchiesta sul controverso pontefice, lo porterà da New York a Roma, Lisbona, Berlino e in Israele. Fermamente convinto della colpevolezza di Pacelli, Milano finirà con lo scoprire che i suoi stessi genitori erano stati salvati dal “Pastor Angelicus”. Lo aiuteranno in questo suo percorso un amico sacerdote, Roberto Savinelli (Gedeon Burkhard); un cardinale che lavora alla causa per la beatificazione di Pio XII, Ennio Salvemini (Christopher Lambert); un ex agente del Mossad, riconoscente verso Pacelli per avere salvato dalla deportazione la madre, Aaron Azulai (Giancarlo Giannini); una monaca di clausura, madre Maria Angelica (Marie-Christine Barrault), che aveva conosciuto la segretaria di Pio XII, Pascalina Lehnert; ed Eduardo Soares (Remo Girone), impiegato presso l’ambasciata portoghese a Roma durante la Guerra, che su richiesta di Pacelli aveva concesso dei visti per il Portogallo agli ebrei romani per farli sfuggire alla deportazione.
Sebbene nell’insieme la pellicola non approfondisca con debita attenzione l’argomentazione della tesi - indugiando eccessivamente sulla vicenda amorosa del protagonista – non manca di spunti interessanti. Innanzitutto è chiara l’interpretazione delle critiche a Pacelli come un attacco alla Chiesa cattolica. Lo affermano sia il cardinale Salvemini - «Le accuse non sono contro Pio XII, ma contro la Chiesa» - che don Savinelli, per il quale specialmente i comunisti hanno usato Pacelli per colpire la Chiesa.
Le accuse a Pio XII si sono diffuse maggiormente negli anni Sessanta e dunque diversi anni dopo l’Olocausto, soprattutto dopo la messa in scena della pièce teatrale Il Vicario che incolpava il pontefice di cosciente complicità con il Nazismo nello sterminio degli ebrei. L’imputazione non teneva conto di importanti testimonianze come quella che al nostro David Milano raccoglie in Israele, ovvero la storia di Israel Zoll, rabbino-capo di Roma durante l’occupazione nazista, che al termine della guerra si fa battezzare e prende il nome di Eugenio Zolli, per riconoscenza verso Pacelli. 
Nel suo viaggio, il protagonista verrà a conoscenza delle tante finte insegne della Santa Sede che il Papa aveva richiesto al suo fabbro e aveva poi fatto affiggere davanti ai palazzi in cui erano nascoste famiglie di ebrei, nonché delle centinaia di visti per il Portogallo che Pacelli fece apporre sui passaporti degli ebrei, inclusi gli stessi genitori di Milano.
La tesi difensiva maggiormente incisiva è quella di madre Maria Angelica, che il giornalista incontra a Berlino. La religiosa racconta come la sua vocazione sia stata ispirata proprio dall’estremo rigore morale di Pio XII e difende il silenzio da molti imputato al Papa, elogiando le capacità diplomatiche dell’ex nunzio. «Se avesse parlato vi sarebbe stata una strage. Avrebbero ucciso sia ebrei che cattolici», afferma la religiosa facendo riferimento a quanto accaduto in Olanda nel 1942. In seguito alla denuncia delle deportazioni da parte dei vescovi, i nazisti reagirono arrestando tutti gli ebrei convertiti al cattolicesimo, inclusa la filosofa Edith Stein, morta ad Auschwitz il 9 agosto di quell’anno.
Il film non risparmia frecciate anche alla comunità ebraica attraverso le parole del cardinal Salvemini che ringrazia il rabbino Halley, autore di un libro di difesa di Pio XII, sottolineando le «molte critiche che avrai ricevuto dalla tua comunità». Anche Sara, la fidanzata del protagonista, dichiara che «noi ebrei, proprio perché abbiamo sofferto tanto non dobbiamo commettere ingiustizie». Affermazioni che certamente non contribuiranno a spegnere le polemiche sorte in seno alla comunità ebraica, specie a causa della locandina del film che raffigura Pio XII – come in uno dei sogni del protagonista – con una stella di David cucita sulla veste talare.
Infine non manca una tirata d’orecchie allo stesso Vaticano, per una causa di beatificazione che fatica a procedere. Significative le affermazioni del cardinal Salvemini che avverte come, «per paura o vigliaccheria», alla morte del postulatore, il gesuita padre Peter Gumpel, il processo possa «finire in un cassetto». In un’altra scena, parlando proprio con Gumpel, il porporato non nasconde il suo disappunto: «Nel 2009, dopo il riconoscimento delle virtù eroiche di Pacelli da parte di Benedetto XVI, pensavamo che la causa avrebbe proseguito il suo percorso». 
Messori: Pio XII non fu uno "Schindler", è un Santo
di Stefano MagniPio XII a San Lorenzo, 1943
Pio XII, uno “Schindler in Vaticano”? L’uscita del nuovo film-inchiesta Sfumature di Verità, tutto costruito attorno al ruolo di Papa Pacelli nel salvataggio di 800mila ebrei dallo sterminio nazista, ha riacceso una vecchia e mai tramontata polemica storica. Nella locandina, Pio XII viene ritratto con la stella gialla (quella dei deportati ebrei) al petto. Intervistato dal Corriere della Sera, Marcello Pezzetti, direttore scientifico della Fondazione Museo della Shoah, reagisce male alla tesi della pellicola: “Ma come si fa a sostenere che Pio XII salvò 800 mila ebrei? Non è nemmeno una interpretazione, è semplicemente una tesi di stampo ideologico, è completamente un’altra cosa. Insomma, non è nemmeno scandaloso. È fuori luogo”. E nelle sue parole riecheggia lo stereotipo sul “Papa di Hitler” che “non condannò il nazismo” e rimase silente di fronte all’Olocausto. La tesi di Pezzetti e tanti altri storici progressisti, è però contrastata da quella di un altro storico e diplomatico israeliano, riportato sullo stesso articolo del Corriere, Pinchas Lapide: fu lui a calcolare per primo la stima degli ebrei salvati dalla Chiesa durante la Seconda Guerra Mondiale.
Su questo dibattito “sempre verde”La Nuova Bussola Quotidiana ha intervistato lo storico Vittorio Messori, che si definisce subito: “stanco, più che arrabbiato. C’è da sbadigliare, più che da indignarsi. Le cose che ora dirò a lei, le ho già dette e ripetute per una trentina d’anni. E già negli anni 80 suonavano vecchie e stantie. Perché ormai è tutto chiaro, non so chi e perché possa continuare a rinnovare certe accuse contro Pio XII. Che, per altro, sono accuse recenti”.
Come è nato lo stereotipo del “Papa di Hitler”?
Fino a quando non apparve la pièce teatrale Il Vicario, nel 1963, era unanime l’ammirazione e la gratitudine del mondo ebraico per Pio XII. Fu dunque una campagna di denigrazione creata a tavolino. Ed è ormai provato che Il Vicario venne finanziato dai servizi segreti dell’Unione Sovietica, nell'ambito della sua lotta anticlericale. Fra i documenti che conservo, ho il manifesto che venne pubblicato nel maggio del 1945 dagli ebrei torinesi, appena usciti dalla clandestinità. Ringraziavano di vivo cuore l’arcivescovo Fossati e tutto il mondo cattolico. Se qualcuno di noi si è salvato, lo si deve all’intervento caritatevole della Chiesa: questo era il messaggio che la comunità ebraica esprimeva. E dappertutto, non solo a Torino, si ritrova questo senso di gratitudine degli ebrei nei confronti della Chiesa. Al monastero delle Tre Fontane a Roma, su un muro si vede una lapide fatta incidere da una famiglia di ebrei romani che ringraziano i monaci trappisti di averli salvati dallo sterminio. Quando Pio XII morì, tutte le comunità ebraiche nel mondo e le autorità di Israele onorarono la memoria di quel grande pontefice. Il Vaticano era invaso dai messaggi di cordoglio provenienti da tutto l’ebraismo mondiale. Pio XII divenne una “bestia nera” all’improvviso, come se si fossero scoperti chissà quali segreti sul suo conto. Ed è possibile datare il momento in cui si verificò questo ribaltamento di fronte. E per questo non si tratta di un cambiamento di opinione che possa essere preso sul serio.
Un’altra polemica riguarda “il silenzio” di Papa Pacelli sul regime nazista…
E’ stato più volte dimostrato che il presunto silenzio di Pio XII fosse l’unico modo per non peggiorare ulteriormente il dramma. E’ stato mille volte ricordato l’esempio olandese: la Conferenza Episcopale inviò una lettera ai cattolici, condannando la deportazione degli ebrei. Il giorno successivo furono rastrellati e inviati nei campi di concentramento anche quegli ebrei che si erano convertiti al cattolicesimo, che fino ad allora erano stati risparmiati. L’uscita dei vescovi olandesi, sicuramente coraggiosa, ma inopportuna per la sua tempistica, provocò la morte di migliaia di altri ebrei, già battezzati, che avrebbero potuto evitare la deportazione.
Anche da Berlino il vescovo Von Preysing inviò 10 lettere a Papa Pacelli, in 6 mesi del 1943, al culmine delle deportazioni, chiedendogli di intervenire contro la persecuzione. Il Papa non rispose. Come si spiega?
L’atteggiamento di Pio XII fu simile a quello di Giovanni XXIII e a quello del Papa attuale, Francesco. Giovanni XXIII, poiché teneva che il Concilio Vaticano II, appena convocato, fosse ecumenico, scese a patti con i sovietici. Quello che restava della Chiesa ortodossa russa, allora, era solo un fantasma. Basti pensare che, in una sola notte, erano stati annegati 20mila pope: quelli che sopravvivevano erano funzionari del Kgb travestiti da archimandriti e vescovi locali. Papa Roncalli, malgrado tutto, venne a patti proprio con quei servizi segreti sovietici, nel nome dell’ecumenismo. E non è una tesi da dietrologo, è ormai accertato, comprovato da documenti emersi dagli archivi dopo la fine dell’Urss. I patti erano chiari: vescovi sovietici avrebbero partecipato al Concilio, ma in quest’ultimo non si sarebbe, non solo condannato, ma neppure nominato il comunismo. Il risultato fu questo: in tutti i documenti del Concilio Vaticano II, il comunismo non è mai menzionato, non una sola volta. Questo perché? Per lo stesso motivo per cui Pio XII mantenne un atteggiamento riservato sul nazismo. In caso di condanna, la tragedia sarebbe stata ancora peggiore, per i credenti sotto il tallone del regime. L’attuale papa, Francesco, è accusato da molti di essere altrettanto blando nelle sue dichiarazioni sulle atrocità dell’islamismo. Papa Bergoglio fa lo stesso ragionamento di Roncalli e Pacelli: ogni esplicita condanna della barbarie islamista, comporterebbe vendette e tante sofferenze in più per i cristiani locali. Pio XII fece la scelta più corretta e il caso olandese è lì a dimostrarlo: una condanna esplicita avrebbe ulteriormente aggravato la situazione dei credenti. Cosa restava da fare? Fingere di niente a livello teorico, ma darsi da fare a livello pratico. E infatti tutte le sedi religiose di Roma (e non solo Roma) traboccavano di ebrei. E’ la strategia di chi è realista, di chi non vuole ergersi ad eroe mettendo a rischio le vite degli altri.
Lo storico e ambasciatore israeliano Sergio Minerbi, pur non negando il salvataggio di tanti ebrei da parte dei cattolici, ritiene però che non vi siano prove sul fatto che l’ordine di salvarli partisse da Pio XII. Il Papa intervenne in prima persona?
Nella Chiesa monolitica degli anni ’40 (e non abbiamo neanche idea, oggi, di quanto lo fosse) in cui i vescovi non facevano nulla senza l’input, l’assenso o almeno il tacito consenso del Papa, è impensabile che una gigantesca operazione di salvataggio, in tutta Europa, sia avvenuta senza che il Vaticano ne sapesse nulla. Un vescovo non avrebbe mai neppure pensato di nascondere migliaia di ebrei nella propria diocesi, senza prima avvertire Roma, o per lo meno senza sapere con certezza di avere un tacito assenso da parte del Papa. Sarebbe assurdo. Solo chi non conosce la Chiesa di Pacelli può pensare che il Papa non c’entrasse nulla con il salvataggio di quasi un milione di ebrei in tutto il continente. Quanto all’assenza di prove: in tempi di crisi, la Chiesa torna alla tradizione orale, niente di scritto, tutto è comunicato a voce. E poi, per ragioni cronologiche, buona parte dei documenti del periodo della Seconda Guerra Mondiale non possono ancora essere consultati. E non è da escludere che si possa trovare anche un ordine scritto di Pio XII. Però è un ordine che, quasi sicuramente, non fu mai messo per iscritto, ma trasmesso oralmente. Esattamente per lo stesso motivo per cui non credo che, in questi mesi, Papa Bergoglio stia mandando una circolare ai vescovi in cui chiede loro di essere teneri con l’islamismo.
Marcello Pezzetti, sul Corriere della Sera, torna a parlare di “Papa pre-conciliare” e dunque “vissuto nella stagione delle accuse ai perfidi giudei”. Ancora il pregiudizio sul cattolicesimo quale “precursore” dello sterminio nazista?
Anche qui è stato precisato tantissime volte, nell’ultimo mezzo secolo, che l’anti-giudaismo cristiano (non solo cattolico: anche Lutero e Calvino furono durissimi) non ha nulla a che vedere con l’antisemitismo moderno. La stessa voce “antisemitismo” ha origine alla fine dell’Ottocento. E’ stata inventata dai vari Lombroso e dalla scienza positivista: in quanto ebreo sei marchiato nella carne, qualunque cosa tu faccia o pensi, in un sistema di pensiero per cui l’umanità è divisa in razze superiori e inferiori. L’anti-giudaismo cristiano è unicamente religioso. L’ebreo che si convertiva, non solo era accolto a braccia aperte, ma era trattato come un beniamino, come colui che aveva riconosciuto che il Messia era venuto. Anche le persecuzioni anti-giudaiche sono state sempre effettuate per motivi religiosi, non razziali. L’antisemitismo nazista, invece, nasce da una scienza anti-cristiana ed è razzismo puro, frutto dell’Ottocento positivista. Sotto il nazismo non era possibile neppure alcuna “conversione”, un ebreo avrebbe anche potuto chiedere la tessera del partito e partecipare disciplinatamente a tutti i raduni, ma non sarebbe ugualmente stato risparmiato.
Era poi pronta un’enciclica contro il nazismo?
Anche questo è un fantasma della storia. La sola enciclica in lingua tedesca la Mit brennender Sorge (“Con viva preoccupazione”), di Pio XI, del 1937, non era affatto un’apologia del nazismo. Il Reich, infatti, impedì rigorosamente la sua diffusione e ne fece sequestrare tutte le copie. Quando Hitler venne in visita a Roma, il Papa si trasferì a Castel Gandolfo, anticipando il suo soggiorno estivo di ben due mesi. Hitler teneva molto a visitare i Musei Vaticani, da pittore mancato quale era. Ma il Papa, oltre ad andarsene a Castel Gandolfo, fece chiudere i Musei con il pretesto ufficiale di “lavori in corso”, il giorno prima dell’arrivo di Hitler. Invece di predicare contro di lui da Piazza San Pietro, scelse di non riceverlo.
Oggi si definisce Pio XII uno “Schindler in Vaticano”. E’ d’accordo?
No, perché Schindler non era affatto un eroe senza macchia come oggi viene ricordato. Io lascerei perdere quel paragone. Le faccio una piccola confidenza. Ogni sera, prima di addormentarmi, dialogo con alcuni Santi che sento più vicini. E non manca mai San Pio XII e una richiesta di intercessione da parte sua. Perché non solo sono convinto che sia in Paradiso, ma anche in posizione eminente. Personalmente sono un gran devoto di Pio XII, come fosse già Santo. D’altro canto condivide la sorte di un altro Pio, un altro grande diffamato: Pio IX. Fino a poco tempo fa pareva impossibile la beatificazione di Pio IX, mentre invece ci siamo arrivati. Verrà anche il giorno della beatificazione e poi quello della canonizzazione di Papa Pacelli.

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