- Monsignor Lorenzo Albacete.
La vita, le parole e gli ultimi sorrisi del sacerdote di New York, nel ricordo di chi lo ha accompagnato per tanti anni. Fino a quell'ultimo respiro: «Vedi, Gesù viene sempre. Vuole essere con noi»
La vita si compie come e quando decide chi ce la dona. Lorenzo lo sapeva bene. «I lived a beautiful life. I always followed Christ. I will live as long as Christ wants me to live».Bisbigliato con voce debole ed il cuore certo. Bisbigliato ai medici che lo interrogavano sull’utilizzo di respiratore, ventilazione forzata, processo di resuscitazione.
Queste cose non lo interessavano. «Ho vissuto una vita bellissima», ha risposto loro monsignor Albacete. «Ho sempre seguito Cristo. Vivrò finché Cristo vorrà farmi vivere». E Cristo si è ripreso il nostro amico, conducendolo sull’altra sponda del fiume, all’altra riva. Se l’è preso nel sonno, in pace, dopo giornate di alti e bassi, di fatica, dolore, affanni. «Ma don Giuss avrà sofferto cosi?», ci hai chiesto ad un certo punto. Anche lì, mentre non ce la facevi più, la pena tua si ancorava a quello che il tuo cuore amava: Gesù, la sua Chiesa, don Giussani.
In punto di morte come in tutta la vita precedente. Nei momenti di lucidità, quando riuscivi a parlare, quelle poche parole andavano dritte lì. Come quando è venuto a trovarti il cardinale Sean O’Malley. L’hai accolto dicendo: «Me ne sto andando. Avrei voluto stare più a lungo, ma sono qui». E poi vi siete messi a parlare, pregare e persino cantare in spagnolo. Dio solo sa come.
Come quando hai chiesto quale fosse la preoccupazione di Carrón, e dopo aver sentito dell’ultimo editoriale di Tracce annuivi, insistendo che il punto cruciale è l’incarnazione di Cristo. E come quando un’amica ha condiviso con te un verso del Vangelo di Giovanni: «Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me». Ti sei commosso, e hai chiesto che ti cantasse Al mattino.
E nei momenti di paura, perché ci hai confessato anche quelli, ti bastava guardare il volto degli amici per tornare sereno e persino giocoso come sei sempre stato. «Andiamo a casa e ordiniamo due pizze grandi…». Gli amici. Sempre accompagnato da amici che continuavano ad arrivare da ogni angolo del Paese e dalla tua amatissima Puerto Rico. Venuti per essere con te, venuti a ringraziarti anche solo con la loro presenza, che è il regalo più bello. Ma quanti amici avevi Lorenzo?
Di frutti, la vita di monsignor Albacete ne ha portati tanti. Lo scienziato, il teologo, lo scrittore, l’opinionista… In un modo o nell'altro la sua presenza ha toccato e segnato migliaia di vite. Per anni ho avuto la grazia di seguirlo in giro per questo Paese. Si andava dove don Giussani era in qualche misterioso modo già arrivato. E ovunque andassimo, dalla Florida all’Oregon, ogni sera a chiederci che cosa ci avrebbe detto il Giuss se fosse stato con noi in quell’angolo di mondo.
Una vita bellissima. Una vita bellissima che ha reso più bella la vita di tutti quelli che ti hanno incontrato, compresi i medici e le infermiere del reparto di terapia intensiva dove hai trascorso i tuoi ultimi giorni. Tutti a chiedersi chi fossi tu e chi fossimo noi. Come quelli del Portico di Salomone. Una presenza. L’unica cosa che conta.
Fino a quell’Amen finale. «Amen», così sia. L’hai detto, con il fiato che ti restava, ed hai detto anche a quel giovane universitario che era con te di scriverlo. «Amen. Vedi, Gesù viene sempre. Vuole essere con noi».
Per un po’ non ti vedremo. Non verrai neanche al prossimo New York Encounter dove, come sempre, ti avremmo affidato il compito di lanciare il tema. Queste sono le cose che nessuno sa fare come te. Ma noi siamo lieti perché la tua vita si è compiuta, in pace e letizia. E sappiamo che ci aiuterai più di prima.
Maurizio, New York (Stati Uniti)
Queste cose non lo interessavano. «Ho vissuto una vita bellissima», ha risposto loro monsignor Albacete. «Ho sempre seguito Cristo. Vivrò finché Cristo vorrà farmi vivere». E Cristo si è ripreso il nostro amico, conducendolo sull’altra sponda del fiume, all’altra riva. Se l’è preso nel sonno, in pace, dopo giornate di alti e bassi, di fatica, dolore, affanni. «Ma don Giuss avrà sofferto cosi?», ci hai chiesto ad un certo punto. Anche lì, mentre non ce la facevi più, la pena tua si ancorava a quello che il tuo cuore amava: Gesù, la sua Chiesa, don Giussani.
In punto di morte come in tutta la vita precedente. Nei momenti di lucidità, quando riuscivi a parlare, quelle poche parole andavano dritte lì. Come quando è venuto a trovarti il cardinale Sean O’Malley. L’hai accolto dicendo: «Me ne sto andando. Avrei voluto stare più a lungo, ma sono qui». E poi vi siete messi a parlare, pregare e persino cantare in spagnolo. Dio solo sa come.
Come quando hai chiesto quale fosse la preoccupazione di Carrón, e dopo aver sentito dell’ultimo editoriale di Tracce annuivi, insistendo che il punto cruciale è l’incarnazione di Cristo. E come quando un’amica ha condiviso con te un verso del Vangelo di Giovanni: «Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me». Ti sei commosso, e hai chiesto che ti cantasse Al mattino.
E nei momenti di paura, perché ci hai confessato anche quelli, ti bastava guardare il volto degli amici per tornare sereno e persino giocoso come sei sempre stato. «Andiamo a casa e ordiniamo due pizze grandi…». Gli amici. Sempre accompagnato da amici che continuavano ad arrivare da ogni angolo del Paese e dalla tua amatissima Puerto Rico. Venuti per essere con te, venuti a ringraziarti anche solo con la loro presenza, che è il regalo più bello. Ma quanti amici avevi Lorenzo?
Di frutti, la vita di monsignor Albacete ne ha portati tanti. Lo scienziato, il teologo, lo scrittore, l’opinionista… In un modo o nell'altro la sua presenza ha toccato e segnato migliaia di vite. Per anni ho avuto la grazia di seguirlo in giro per questo Paese. Si andava dove don Giussani era in qualche misterioso modo già arrivato. E ovunque andassimo, dalla Florida all’Oregon, ogni sera a chiederci che cosa ci avrebbe detto il Giuss se fosse stato con noi in quell’angolo di mondo.
Una vita bellissima. Una vita bellissima che ha reso più bella la vita di tutti quelli che ti hanno incontrato, compresi i medici e le infermiere del reparto di terapia intensiva dove hai trascorso i tuoi ultimi giorni. Tutti a chiedersi chi fossi tu e chi fossimo noi. Come quelli del Portico di Salomone. Una presenza. L’unica cosa che conta.
Fino a quell’Amen finale. «Amen», così sia. L’hai detto, con il fiato che ti restava, ed hai detto anche a quel giovane universitario che era con te di scriverlo. «Amen. Vedi, Gesù viene sempre. Vuole essere con noi».
Per un po’ non ti vedremo. Non verrai neanche al prossimo New York Encounter dove, come sempre, ti avremmo affidato il compito di lanciare il tema. Queste sono le cose che nessuno sa fare come te. Ma noi siamo lieti perché la tua vita si è compiuta, in pace e letizia. E sappiamo che ci aiuterai più di prima.
Maurizio, New York (Stati Uniti)
Nessun commento:
Posta un commento